Metal Gear Solid 2 ha trasformato Kojima nel re dei troll
Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty ha da poco compiuto vent’anni. Un evento che abbiamo deciso di celebrare compiendo uno scavo a ritroso nel tempo. Un’azione volta a far emergere alcuni degli aspetti più peculiari e meno battuti fra i molteplici che hanno caratterizzano l’opera in questione fin dal suo esordio. Proprio per questo, per entrare più nello specifico, andremo a raccontare i motivi che hanno permesso a Hideo Kojima di ottenere il lasciapassare per la corona di Re dei Troll — titolo che, ci teniamo a ribadirlo, detiene tutt’ora — e le implicazioni relative all’introduzione di un personaggio come Raiden e dei motivi dietro alla sua esistenza e al suo sostituirsi a un’icona qual era (e qual è) Solid Snake, il protagonista di Metal Gear Solid 1 che tutti ricordiamo (e che tutti ri-volevamo).
Metal Gear Solid 2: creare hype e aumentare le aspettative fino alle stelle
Siamo all’E3 del 2000 e Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty viene mostrato per la prima volta attraverso un memorabile filmato, che lascia presagire grandissime cose: il salto tecnico-grafico appare enorme: gli ambienti sono dettagliatissimi, la riproduzione delle pioggia sconvolgente e finalmente i volti hanno un’espressione intellegibile; ma sorprendenti sono anche le novità legate al gameplay e all’interattività ambientale. A chiudere il cerchio il ritorno sulla scena del carismatico e attesissimo Solid Snake: applausi a scena aperta e demone dell’hype che inizia a muovere i primi passi. Sono trascorsi appena due anni dalla pubblicazione di Metal Gear Solid 1; un videogioco che ha ispessito gli strumenti della grammatica videoludica, dato alla luce un affascinante e ingarbugliato immaginario fantapolitico e, a modo suo, cambiato per sempre l’industria.
Hideo Kojima, padre-padrone di questa creatura, ne è perfettamente consapevole e non vede l’ora di giocare con l’orizzonte d’attesa dei fan e stravolgere ogni certezza.
La campagna marketing del gioco, nel frattempo, prosegue inesorabile stile rullo compressore. Prima con la straordinaria intuizione di allegare una breve demo a un nuovo action game ad ambientazione sci-fi (ovvero Zone of the Enders, validissimo titolo che deve, però, parte della sua fortuna proprio a questa felice condizione straordinaria) e fornire così ai giocatori un succulente antipasto da spolpare e da utilizzare come base precaria su cui costruire le più incredibile e folli teorie. E poi, trascorso un anno, grazie alla presenza alla nuova edizione dell’E3, tenutasi fra il 17 e il 19 maggio del 2001 al Convetion Center di Los Angeles. Il palco perfetto da cui presentare in anteprima un nuovo trailer, nel quale rivelare informazioni aggiuntive sulla storia (come Vamp, per esempio, uno dei villain originali che incontreremo nel gioco) ed esibire un classico Solid Snake intento a intrufolarsi, nascondersi e sparare: insomma, tutto ciò che ci saremmo aspettati dal seguito diretto di Metal Gear Solid.
L’operazione Metal Gear Solid 2 come manifesto troll stava dando i suoi frutti.
Nel mentre, superati alcuni problemi di sviluppo e scongiurato un possibile posticipo dell’ultimo minuto, è giunto il momento per Kojima e il suo team di festeggiare l’uscita di questo, attesissimo, secondo capitolo. È il mese di novembre (nel territorio europeo sarebbe arrivato qualche mese più tardi) e le recensioni descrivono il titolo come un capolavoro e invitano a provarlo senza riserve di sorta, nonostante inizino a diffondersi strane, confuse, voci: da una parte le informazioni relative alla trama sono coperte da NDA o vengono volutamente taciute dai giornalisti specializzati; dall’altra, agli albori di internet, la diffusione di notizie è limitata ed è ancora possibile smarcare eventuali spoiler senza troppa difficoltà.
Ma, inevitabile come un’alba, il mistero è presto svelato: l’inizio di Metal Gear Solid 2, quello mostrato nelle precedenti demo, che ci vede vestire i panni di Solid Snake e svolgere una missione di infiltrazione su una nave militare per scoprire la verità dietro a un nuovo prototipo di Metal Gear — nome in codice Metal Gear Ray —, è in realtà una porzione limitatissima del gioco. Ovvero, una breve sequenza introduttiva che, una volta terminata e visto Revolver Ocelot prendere il possesso del Ray e affondare la nave, funge da prologo alla vera storia. Un’altra. Ben più corposa e ampia. Che inizia con un certo Snake, a cui viene poi cambiato il nome in Raiden e che, tolta la maschera (in senso letterale e metaforico), si rivela per quello che è: il nuovo personaggio protagonista che impersoneremo da lì in avanti. Solid Snake non c’è più, è scomparso e dato per molto. E se all’inizio in molti hanno ipotizzato che potesse trattarsi di un breve scherzo di Kojima, hanno dovuto ben presto fare i patti con questo enorme colpo di scena.
Hideo Kojima, in breve, ha trollato tutti quanti arrogandosi il diritto di sedere sul trono del re dei troll: tutta la campagna commerciale di Metal Gear Solid 2, infatti, si è basata su informazioni parziali e limitate; volutamente opache e svianti. Quello che sembrava porsi come una sintesi anticipatoria di ciò che avremmo trovato nella sua forma distesa e definitiva, ha manifestato in una sadica e grottesca spietatezza la sua natura. Quella di inganno eterno, irrevocabile e per molti — ancora oggi — imperdonabile.
Metal Gear Solid 2: i motivi dietro alla creazione di Raiden
Come riporta Kotaku, all’interno del design document del gioco, scopriamo che uno degli obiettivi che gli sviluppatori (e il publisher presumiamo) si erano prefissati prima e durante lo sviluppo, è stato quello di attirare nuovi giocatori e, nello specifico, giocatrici. Specificando che “faremo in modo che il giocatore controlli un personaggio diverso da Snake, in modo che possa godersi la storia del gioco anche se non ha giocato al gioco precedente. Saranno in grado di entrare in empatia con questo personaggio indipendentemente dal fatto che siano nuovi nella serie. Con Raiden (qualcuno che piace alle donne), invece di Snake, come protagonista, avremo un personaggio in cui le donne possono entrare più facilmente in empatia”; ponendosi, in effetti, in perfetta antitesi con l’immagine più fredda e severa incarnata da un duro e spesso cinico come lo era/è Solid Snake. Insomma, sembrava essersi posta la necessità di dover offrire, per questioni di target e di posizionamento, un protagonista maggiormente inclusivo in termini di identificazioni e di assenza di pre-conoscenze necessarie alla caratterizzazione.
All’interno dello speciale-dietro le quinte “The Final Hours of Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty” redatto da Geoff Keighley nel 2012 per Gamespot, Kojima e altri membri del suo team, aggiungono ulteriori dettagli utili alla ricostruzione della genesi di Raiden: “Quando stavo pensando a questo gioco e ai personaggi, ho pensato alla serie di Sherlock Holmes: quei libri sono scritti in prima persona, ma il narratore non è Sherlock Holmes; è Watson. Pensavo davvero che sarei stato in grado di raccontare meglio la storia di Snake grazie alla terza persona con questo nuovo personaggio nel ruolo del narratore per la maggior parte del gioco. Non fraintendetemi. Solid Snake è ancora il personaggio principale di Metal Gear Solid 2, anche se questa volta non è il narratore principale”.
Scopriamo anche quanto può essere profondo l’amore di Kojima per il CODEC e il suo utilizzo come strumento diegetico privilegiato del suo mo(n)do di intendere la narrazione: dopo Metal Gear Solid 1, infatti, Solid Snake è un veterano che non necessita più del supporto costante di Otacon tramite CODEC; motivo per cui si è reso necessario, secondo Kojima, l’introduzione di un soldato inesperto che avesse nuovamente bisogno del CODEC, in modo da rendere coerente e funzionale la sua riproposizione come uno strumento per educare i nuovi giocatori (e Raiden) su come interagire con il gioco.
Sempre grazie al lavoro di Keighley, scopriamo che una delle fonte di ispirazioni dietro a questo cambio/ribaltamento è dato da Terminator 2: “Amo molto Terminator 2. Quel film è stato fantastico perché all’inizio del film non avresti mai potuto sapere che Arnold Schwarzenegger fosse il cyborg buono. Quando appare per la prima volta pensi che sia il cattivo come nel primo film, ma poi si scopre che invece è il buono. Ricordo di essere stato così sorpreso da quello stravolgimento.”
Invece, per quanto riguarda la preoccupazione per eventuali rimostranze e rifiuti da parte dei giocatori nello scoprire il “segreto” dietro a Raiden, e la conseguente impossibilità di utilizzare Solid Snake per la maggior parte della partita, Kojima risponde con fermezza, convinto non solo delle sue scelte ma anche del proprio potere in quanto autore. Sicché, lo leggiamo affermare, che “avevo paura che la gente potesse non essere contenta del nuovo personaggio? Non proprio. In un sequel devi soddisfare le aspettative delle persone, ma devi anche andare contro di loro e ingannarli, credo. Questo è il mio Metal Gear e posso distruggerlo se voglio”.
A conti fatti, tali occorrenze si sono poi effettivamente verificate, nella forma del rifiuto, dell’odio e della rabbia per un inganno perpetrato in Metal Gear Solid 2 che emana esalazioni da troll. Manifestazioni di una portata così ampia — anche se Kojima afferma che in Giappone rimane un personaggio piuttosto amato —, che lo hanno portano a scherzarci sopra negli anni a venire, con quel gusto un po’ surreale e un po’ kitsch che lo ha sempre contraddistinto. Come, ad esempio, con l’inside-joke del maggiore Raikov o della maschera indossabile identici a Raiden, entrambi presenti in Metal Gear Solid 3; o come nel quarto capitolo, dove Raiden si è trasformato in un ninja cibernetico più forte anche di Snake.
Per concludere, possiamo affermare che l’esistenza di Raiden è una bugia. È una trappola fondativa che non solo ha generato l’immagine di Hideo Kojima come troll (aurea che di certo si è divertito alacremente ad alimentare, come il caso Phantom Pain insegna), ma lo ha anche dotato di straordinari armi comunicative destinate a confondere e polverizzare le certezze che ogni fan sfegatato della serie si sarebbe aspettato di trovare all’interno di Metal Gear Solid 2 prima e di tutti gli altri suoi lavori dopo. Una fenomenale operazione di marketing, che acquista un sapore metanarrativo e metaludico, e riesce a trascendere le motivazioni commerciale di sovrasegmentazione del proprio audience potenziale, per aprirsi a un processo di mutua interconnessione e di reciproca ciclicità. Ogni storia, allora, sembrerebbe non essere altro che il ripetersi dello stesso medesimo tranello. Come se fosse, ogni volta, la prima volta. Il primo atto. Il primo start. E, contemporaneamente, qualcosa di diverso e straniante.
Il videogioco, allora, sembra possedere il seme magico dell’imprevisto sempre possibile; il quale restituisce sensazioni di stordente meraviglia, teso com’è a solidificare in concetti e memorie una materia liquida come i pensieri vissuti, virtuali o reali che siano.