Marilyn ha gli occhi neri di Simone Godano esplora le difficoltà del prossimo
ensano di avere ragione solo perché sono di più, quelli normali”.
Si potrebbe racchiudere semplicemente così il senso di Marilyn ha gli occhi neri, il nuovo film di Simone Godano – il Silver Linings Playbook italiano, come l’ha definito il regista – arrivato a fine gennaio su Netflix e su Sky. Ma c’è molto altro nello script della bravissima Giulia Steigerwalt, una di quelle che ha scelto la strada giusta. Era una buona attrice, ma ha scoperto nella scrittura il suo vero talento e ha intrapreso ormai da anni questo nuovo percorso, con successo.
Stefano Accorsi e Miriam Leone sono Diego e Clara, il volto e l’anima di questo film che esplora il disagio mentale in modo empatico, potente, sopra le righe, ma soprattutto non banale.
Molti hanno provato a riflettere su questi temi, tuttavia non è facile portare sulla scena un racconto in grado di arrivare al cuore degli spettatori, senza farci sentire quel distacco che spesso crediamo ci sia tra “noi” e “loro”.
Ma loro chi? Potremmo dire, prendendo in prestito il titolo del film di Francesco Miccichè e Fabio Bonifacci. Chi è veramente normale? Non è populismo, né convenzionalità, tantomeno nessuno – Godano e Steigerwalt in primis – vuol negare le difficoltà che purtroppo hanno alcune persone, tuttavia visto da vicino nessuno è normale, sosteneva Franco Basaglia (padre della legge 180, che chiuse per sempre i manicomi).
Una citazione sempre attuale, e che in modo particolare è applicabile ai protagonisti di Marilyn ha gli occhi neri. Il lavoro fatto dagli autori di questo film è stato certosino; hanno passato tantissimo tempo nei centri diurni, nelle comunità per persone affette da disturbi mentali, cogliendone le loro ossessioni, i loro tic, la loro routine. Senza contare poi quanto bene abbia fatto a queste persone l’incursione di un regista e di una sceneggiatrice nel loro mondo, nella loro quotidianità, chiedendo sostanzialmente il loro aiuto per raccontare una storia. In un’intervista ad Hot Corn il regista Godano aveva raccontato l’entusiasmo delle persone all’interno di questi centri diurni, la loro eccitazione e loro emozioni che spesso sono portate agli estremi. Riuscire a trasferirlo sullo schermo non era una sfida semplice ma, lo ribadiamo, in questo Marilyn ha gli occhi neri ha fatto centro.
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La scelta di un racconto fuori dai canoni di genere, né drama né commedia, con toni drammatici ma mai pietistici, sentimentali ma senza esagerare, ha infine contribuito a rendere il tutto credibile.
Così come hanno contribuito a ciò gli attori, in particolare i due protagonisti.
Eccezionale il personaggio di Miriam Leone, sopra le righe quel tanto che basta, a cavallo tra un apparente stato di razionalità, capace di sconfinare in genialità, e una impellente necessità di distruggere quanto di buono sa costruire. Fare e poi disfare, sembra il motto di Clara, alla perenne ricerca dell’infelicità, come se pensasse di non meritare altro.
A completarla serve la presenza e la pazienza di Diego, straordinariamente interpretato da Stefano Accorsi, per il quale era richiesto un lavoro delicatissimo, alle prese con un personaggio pieno di tic e con continui balbettii senza però risultare irrispettoso o macchiettistico. Ci riesce, e anche grazie a un look arruffone e disordinato, in antitesi con l’immagine curata di Clara.
Lei, apparente emblema della perfezione, che sa ingannare persino l’ex moglie di Diego, è l’artefice del Monroe, di quel posto magico, messo in piedi inventando di sana pianta recensioni a 5 stelle su Internet, perché dietro uno schermo in fondo puoi essere ciò che vuoi. La vita vera invece funziona diversamente, e non puoi indossare una maschera per far finta che vada tutto bene.
Quando soffri, puoi fingere per un po’, ma prima o poi il castello di carte ti crolla addosso.
E per le persone “la sofferenza degli altri è spaventosa. Ma non sappiamo nemmeno perché“, afferma la voce fuori campo di Clara. È tutto qui, in fondo, il succo del film di Godano, la difficoltà che troppo spesso abbiamo nell’approcciarci ai problemi altrui. Miriam Leone ha gli occhi verdi, la sua Marilyn ha gli occhi neri, ma potrebbe averli azzurri o di qualsiasi altro colore: il problema è che spesso negli occhi degli altri evitiamo di guardare.