Tutto o niente: gli estremi opposti della componente romantica nei manga
e si parla di amore negli anime e manga, una categoria salta subito alla mente: lo shōjo. Questo target letterario, prettamente indirizzato ad un giovane pubblico femminile, è noto proprio per storie di carattere romantico, che ha dato i natali ad alcune tra le storie d’amore più apprezzate di sempre. In questi manga vi sono anche vari approcci alla sfera della sessualità. Tutto il contrario dello shōnen, invece, destinato a giovani ragazzi: il sottogenere più famoso gira intorno alla componente battle e action. È comunque straniante notare, in quest’ultimo caso, che nonostante la profondità emotiva di alcune serie e dei rispettivi personaggi e la presenza massiccia di discorsi su sogni e sentimenti, pochissimo spazio sia riservato al tema dell’amore sia romantico che carnale.
Cosa interessa al target demografico di shōnen e shōjo manga?
Partiamo da un punto fondamentale: una storia d’amore non dev’essere forzata e, soprattutto, non per forza deve esserci. Se però si decide di introdurre una relazione romantica nella propria storia è bene notare che, per essere bello, anche e soprattutto per essere consumato, un rapporto si deve basare su qualcosa di verosimile. Molte volte un personaggio finirà con un altro solo perché lo vuole la trama, per ottenere un classico happy ending. Di questa forzatura peccano spesso gli shōnen, che lasciano pochissimo spazio per i sentimenti romantici durante lo svolgimento della trama, volendosi concentrare su altro, solo per affrettare la creazione di una famigliola del Mulino Bianco con la pulzella designata nelle battute conclusive della serie. Questa tendenza ad accoppiare forzatamente il protagonista con una ragazza con cui non ha sviluppato un vero e proprio rapporto nel corso della storia si lega a doppio filo al concetto di eteronormatività, ed è il motivo per cui non è possibile fare excursus o considerazioni su relazioni che non siano eterosessuali, data la mancanza di materiale di cui parlare. parte per eccezioni più uniche che rare, come Blue Flag.
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Un rapporto è interessante solo quanto lo sono le persone al suo interno. Se non sono avvincenti, non lo sarà nemmeno la loro storia d’amore. Cosa dobbiamo dire degli interessi amorosi nel manga shōjo, rispetto alla sua controparte per ragazzi? In entrambi i casi, cliché e stereotipi la fanno spessissimo da padrone, certo; ma c’è da notare un’evidente differenza: nei manga per ragazze la componente romance è quasi sempre prevista e quindi la trama riserva una grossa fetta di tempo a sviluppare il carattere e il rapporto dei personaggi. La sua controparte per ragazzi è quasi totalmente priva di questa pianificazione. Il pubblico a cui sono indirizzate questo tipo di opere sono giovani adolescenti che – per norme sociali o età – non sono interessati a cose “da femminucce” come l’amore, ma piuttosto ai sogni, gli ideali e, ovviamente, le mazzate. Anche se, come vedremo dopo, l’elemento della sessualità non manca in questi manga.
Spendere uno sforzo minimale per la creazione e crescita dell’interesse amoroso del proprio protagonista darà come risultato personaggi monodimensionali, poco interessanti o che funzionano solo come spunti di trama. Alcuni esempi possono essere il tropo della donzella da salvare, la moglie o madre da sposare a fine serie, oppure la “motivatrice” che sprona il proprio amato – spesso senza confessare i propri sentimenti, altrimenti lo distrarrebbe dalla sua nobile avventura. Coppie che mostrano questo tipo di dinamica possono essere Goku e Chichi (Dragon Ball), Yusuke e Keiko (Yu degli spettri) e Izuku e Ochako (My Hero Academia).
Amore? Cos’è, si mangia?
Sebbene in entrambi i medium il fulcro sia la crescita personale – si parla comunque di manga di formazione per adolescenti – solo dal lato femminile l’amore è visto come tassello fondamentale. Nei manga shōjo aleggia un senso di aspettativa: è praticamente certo che si andrà a parare in una relazione romantica e molto spesso si capisce dal primo capitolo chi sarà l’oggetto del desiderio principale. Molto spesso, la crescita del personaggio è legata a doppio filo alla sua storia d’amore. Un esempio può essere Fruits Basket e possiamo trovarne uno anche dal lato shōnen, ovvero Inuyasha. Dall’altro lato, non è raro vedere protagonisti shōnen completamente negati in amore essere recipienti dell’interesse di diversi personaggi senza nemmeno accorgersene, o saper gestire la cosa. Altre volte, invece, all’amore non sono proprio interessati. Esempi di questi tropi possono essere Senku (Dr. Stone), Kae (Kiss him, not me!) e Luffy (One Piece).
Negli shōnen, dove il protagonista è circondato quasi solo da personaggi del suo stesso sesso, l’altro genere è visto come qualcosa di alieno, un mondo a parte con cui non è facile rapportarsi, che crea imbarazzo – specchio dell’ancora rigida divisione dei generi in Giappone. L’interesse amoroso può essere delineato anche nei primi capitoli, ma resterà in sottofondo, limitandosi a fare delle comparsate per costruire emotivamente il protagonista o spronarlo, senza frapporsi fra lui e la sua “missione”. A fronte di questa carenza di personaggi femminili – e, di conseguenza, rapporti – interessanti, non deve stupire che un’importantissima fetta dell’industria del manga per adolescenti poggi le sue fondamenta sullo shipping.
Lo shipping: la gallina dalle uova d’oro
Lo shipping, italianizzato in “shippare”, è l’ipotizzare che due personaggi stiano bene insieme, sperando che diventino una coppia. Per ogni media creato, il fandom (collettivo dei fan) si riempirà immediatamente di ship (“coppie”) da tifare, producendo anche materiale fanmade come fanfiction, fanart, edit e chi ne ha più ne metta. Dal momento che tutt’oggi la maggior parte dei media d’intrattenimento vede storie pullulare di uomini che hanno profondissimi rapporti con altri uomini (e viceversa, vero Madoka?) – mentre i loro interessi amorosi dell’altro sessso sembrano alle volte più un ornamento che altro – non c’è da stupirsi se la maggioranza delle ship più popolari sia LGBTQ+. Tutto questo, ovviamente, perché la rappresentazione di relazioni non eterosessuali è qualcosa che ancora oggi viene relegato a sottogeneri separati, yaoi e yuri; qualcosa di facile da ignorare e nascondere sotto un tappeto. Nei manga per ragazzi la sessualità è già qualcosa di cui è difficile parlare apertamente, figuriamoci se la suddetta non si allinei con ciò che è considerato “normale”.
Per dare un freno all’indignazione di molti e un’accelerata all’esasperazione di altri, è bene notare che le grandi aziende sanno benissimo che questo genere di dinamiche porta soldi a non finire e si adoperano per alimentarne la fiamma con scene create ad hoc, merchandise apposito, frasi ambigue e molto altro. Dopotutto, come ci ha insegnato Hunger Games, non c’è miglior magnete per gli spettatori di una love story accattivante. È una pratica ben diffusa sia in Oriente che nel mercato dell’intrattenimento occidentale, si chiama queerbaiting e alcune serie l’hanno resa la loro colonna portante. Un’ottima notizia per gli autori shōnen, che non dovranno scomodarsi a riservare una fetta della trama a costruire il rapporto con la ragazza designata – pena lo sbilanciamento della trama – e potendosi sbizzarrire a esplorare nel profondo le sfumature omoromantiche e platoniche senza mai doversi esporre. Un po’ meno per i fan, almeno quelli stanchi di doversi sorbire storie d’amore piatte e inserite con la forza nella trama.
I diversi approcci alla sfera sessuale nei manga per ragazzi: l’estremo e il giusto mezzo
Se dal lato sentimentale sono palesi le differenze tra manga shōnen e shōjo, non è altrettanto ovvia la differenza per quanto riguarda l’approccio verso la sessualità. Nei prodotti riservati ai ragazzi, il sesso viene utilizzato come specchietto per le allodole, attirando orde di giovani dagli ormoni impazziti con personaggi dalle curve voluttuose e impossibili, harem (che tendono a de-umanizzare e ridimensionare le donne, riducendole a mere macchiette), momenti di fanservice volgare che sfiora il soft porn, allusioni ad ogni passo, nudità gratuite e chi più ne ha più ne metta – per non parlare del genere ecchi. Sono veramente poche le serie manga dove la sessualità viene trattata in maniera approfondita o verosimile – alcuni esempi possono essere Guts e Caska (Berserk) o Satomi e Shinichi (Parasyte). Insomma, sembra che il sesso sia qualcosa da desiderare, ma solo in maniera vaga e ormonale, e senza esplorare tutto quello che viene prima o dopo. Ah, ovviamente nessuna menzione di possibili gravidanze se non a fine serie, quando il “felici e contenti” è già stato ottenuto e la cicogna arriva rigorosamente off-screen, magari per portare una nuova generazione di protagonisti.
La sorprendente sfrontatezza dei manga per ragazze: sessualità e scoperta di sé
I manga per ragazze sono, a dispetto dello stereotipo di lettura frivola e casta, molto più a contatto con la sessualità “di tutti i giorni” rispetto alle loro controparti shōnen. La sfera sessuale viene considerata una parte integrante del percorso di crescita di una ragazza – per il suo sempiterno ruolo sociale di madre – o anche solo perché amore e sesso vanno a braccetto; i manga shōjo pullulano di temi come la prima volta, il sentirsi inadeguata, la possibilità di rimanere incinta, tradimenti e, purtroppo, anche argomenti ben più pesanti. Esistono manga per ragazze che utilizzano la sessualità per completare e approfondire il legame tra i personaggi – come in Horimiya – e ci sono serie come Tsuredzure Children che la esplorano molto più apertamente, allontanandosi dallo stigma del rapporto sessuale come atto estremamente puro o scabroso e dipinge il tutto come il naturale scoprire sé stessi e il proprio partner. Anche gli shōjo possono rappresentare fitte ragnatele di interessi amorosi e intrighi, come nel caso di Toradora o Ano Hana; in alcuni casi, anch’essi cadono anche nel “reverse-harem”. Nonostante le varie declinazioni, un elemento sembra restare invariato: la protagonista è vergine. Sono praticamente introvabili storie dove l’eroina ha già avuto un rapporto sessuale prima degli avvenimenti della storia, forse perché è un momento di costruzione del personaggio troppo ghiotto per lasciarselo scappare o forse perché ci sono ancora dei preconcetti sulla purezza obbligata e morale di una protagonista femmina. Una delle rare eccezioni è Nana.
È bene che i manga di formazione educhino ad un rapporto sano con la sessualità
Per quanto i messaggi e gli insegnamenti di alcuni shōnen siano universali, profondi e insostituibili, sembra che a volte puntino troppo alle stelle senza ricordarsi di tenere i piedi per terra. Il Giappone è uno dei paesi con il più basso tasso di natalità del mondo, dove le nuove generazioni sembrano oscillare da un estremo all’altro quando si tratta di rapporti con l’altro sesso e i propri coetanei. Non sono rari gli articoli che parlano della difficoltà dei giovani giapponesi in questo ambito. Si spera che il medium di formazione per eccellenza possa aiutarli, magari prendendo spunto dalla sua controparte per ragazze e variando un po’ il proprio modus operandi e portando al pubblico personaggi femminili ben costruiti e osando trattare nei propri manga la sessualità l’amore non solo in modo esclusivamente ormonale o superficiale, ma come importante elemento di crescita e maturazione.