uando Friedrich Nietzsche parlò per la prima volta del concetto di Übermensch era il 1885: sulle pagine del suo celebre “Così parlò Zarathustra” delineò l’idea del suo “superuomo” (od oltreuomo, a seconda delle traduzioni), anticipando senza saperlo un personaggio che sarebbe nato una cinquantina d’anni dopo: l’Uomo del Domani, Superman.
Chissà cosa avrebbe pensato il filosofo di Röcken del personaggio creato da Jerry Siegel e Joe Shuster. Anzi, sarebbe ancor più interessante chiedersi che cosa avrebbe pensato dell’intera industria del fumetto di supereroi, del quale il nostro Kal-El è, a buon diritto, il massimo rappresentante ed apripista. Difficile credere che Siegel e Shuster, entrambi di fede ebraica, potessero apprezzare il messaggio di Nietzsche.
Con la nascita di Superman iniziò l’età dell’oro degli eroi. Personaggi sempre più pittoreschi iniziarono a riempire gli albi a fumetti, colorando le vite e i sogni dei lettori di ogni età. Figure “larger than life”, come direbbero gli americani, in grado di compiere gesta in grado di annichilire il normale essere umano. Non è da escludere che non fosse altro che una reazione agli eventi del mondo. In fondo, quando degli uomini avevano preteso di risolvere una crisi locale, questa si era ben presto trasformata in una Guerra Mondiale. L’essere umano aveva deluso tutti. Ci voleva qualcosa in più. Ci volevano dei superuomini.
Ma, curioso a dirsi, è probabile che Friedrich Nietzsche avrebbe rigettato completamente questo nuovo filone narrativo. Non tanto per le solite accuse mosse al fumetto sin dai suoi esordi, quello di essere una lettura troppo leggera e disimpegnata, quanto per i valori proposti dai personaggi. Se pensiamo alle scritture del filosofo tedesco, è probabile che per lui Superman, Batman, Wonder Woman e Captain America sarebbero risultati umani (troppo umani!).
Ma allora Nietzsche con il suo Übermensch ha in qualche modo precorso Superman? Probabilmente no. Ma questo non vuol dire che, nella variegata industria del fumetto, Friedrich non avrebbe finito per apprezzare qualche personaggio. Ma, per capire quale, dobbiamo prima di tutto ripercorrere la filosofia del nichilista più celebre del mondo, confrontando l’Übermensch con l’Uomo del Domani.
Nietzsche prima di Superman: chi diavolo è l’Übermensch?
Il concetto di Übermensch è uno dei più discussi e complessi nella storia della filosofia. Un po’ per le tetre interpretazioni che il totalitarismo nazista vi vedrà al suo interno, un po’ per la sua stessa collocazione temporale. Come detto Nietzsche arrivò a formulare questo concetto nello Zarathustra, opera che il filosofo scrisse pochi anni prima del suo crollo emotivo. Molti sono gli studiosi che hanno cercato una definizione coerente di questo termine, ma è tuttavia probabile che il concetto, così come concepito da Nietzsche, non sia ancora stato colto appieno dai lettori.
L’interpretazione più comune è oggi quella della persona capace di andare oltre il senso comune. Colui che, come direbbe lo stesso Nietzsche, lascia cadere il crocifisso e la morale degli schiavi tipica dell’ebraismo, del cristianesimo e del platonismo per riabbracciare Dioniso. È quindi l’uomo che riesce a ribaltare i tavoli della morale, che di fronte alla “morte di Dio” riesce ad accrescere e potenziare se stesso. A bere, danzare, ridere e abbracciare la vita a tutto tondo, senza timore della morte.
Questa idea cerca di portare un messaggio di per sé positivo. Nietzsche, a fronte di un periodo storico dove i valori comuni sembravano aver perso ogni significato, dove l’uomo aveva ucciso Dio, invitava le persone a rendersi loro stesse delle divinità, in modo da diventare, ora e per sempre, degne del deicidio commesso. La cosa, ovviamente, non poté che causare una forte reazione in un mondo dove la morale cristiana era ancora quella dominante. Per prima ci fu l’ovvia reazione degli ecclesiastici, che condannarono il messaggio del filosofo tedesco, al limite della blasfemia. Ma il peggio arrivò quando, nel corso del Novecento, il Superuomo divenne il modello da seguire per il nazismo, che traviò buona parte del suo significato e se ne servì per le proprie atrocità
A fronte di tutto questo ci chiediamo: può Superman essere davvero l’Übermensch ricercato da Friedrich Nietzsche?
Un bravo ragazzo del Kansas
C’è una storia che forse, meglio di qualsiasi altra, ci fa comprendere il grande paradosso nel personaggio di Superman. Quello di un dio che finge di essere uomo. O, meglio ancora, quello di un dio con i sentimenti e la morale di un essere umano. Siamo nel 1988 e da pochi anni l’Uomo d’Acciaio è stato oggetto di un rilancio editoriale. Alla guida di questa versione troviamo John Byrne, autore capace di fare le fortune del superuomo creato da Siegel e Shuster. In questo i lettori si trovarono di fronte a “Mondi Differenti”, spesso annoverata tra le migliori storie dell’icona del fumetto DC.
Il racconto si apre con Superman che bacia un’incredula Wonder Woman. L’eroina, pur non nascondendo una certa attrazione per il suo compagno della Justice League, respinge le sue avance, cosa che causerà un profondo moto di imbarazzo in Clark (che si scuserà tre volte in poche vignette…). I due avranno in seguito un’avventura che li porterà sull’Olimpo, al termine della quale l’eroe capirà i suoi limiti e l’impossibilità di amare Diana. Per quanto dotato dei poteri di una divinità, lui è e resta un ragazzo del Kansas.
Byrne coglie qui l’essenza più profonda del personaggio. Ciò che vi infusero i suoi creatori in quel lontano inverno del 1933, pochi mesi prima che un ex caporale dell’esercito tedesco giurasse in qualità del cancelliere della Repubblica di Germania. Forse è un caso, una di quelle crudeli ironie a cui la storia ci ha così ben abituato, forse no. Forse Shuster e Siegel furono solo in grado di comprendere il clima del loro tempo. In un mondo di uomini che si proclamavano divinità, non esitando a massacrare milioni di innocenti per questa convinzione, due studenti creavano un dio che si proclamava uomo.
Kal-El (nome che, al suo interno, contiene un’invocazione ebraica a Dio) non è altro che questo: una divinità, in tutto e per tutto, ma che porta su di sé il fardello di essere umano. Troppo umano per Friedrich Nietzsche. Cosa della quale non possiamo che essere grati. Ma, nel mentre, dobbiamo riscontrare come niente in Superman rievochi quell’ideale cercato da Nietzsche. Clark è un uomo con una solida morale, imbevuto di ideali che i suoi genitori umani gli hanno trasmesso e che sono divenuti parte della sua etica. Un’etica che si rifà anche ai lati migliori del cristianesimo, a quella compassione troppo spesso dimenticata. Quindi no: l’Uomo del Domani non è il Superuomo di Friedrich Nietzsche.
In cerca del Superuomo
Armiamoci allora di lanterna e cerchiamo chi, nel vasto mare dei fumetti, potrebbe essere il superuomo del filosofo tedesco. Se non è Superman, può forse essere il suo eterno rivale e amico, Batman? La scelta è certo interessante. In fondo Batsy è un essere umano che, nonostante questo, ha superato spesso il limite della carne. Le imprese compiute dal più noto dei detective a fumetti sono straordinarie, le sue azioni servono proprio a distruggere un certo tipo di morale, quella della criminalità, brutalizzandola se necessario.
Eppure c’è qualcosa che, nonostante tutto, farebbe comunque dispiacere a Nietzsche: anche Batman ha una morale solida, che si basa sulla volontà di non nuocere ad alcun essere umano. La “No Killing Rule” è uno dei fondamenti dell’essere Batman, ciò che rende il nostro Crociato Incappucciato uno dei eroi mascherati più affascinanti di sempre.
Forse dovremmo guardare altrove. Magari nella rivale della DC Comics, la Marvel. Nella casa delle idee sono molti i personaggi che potrebbero stuzzicare l’interesse di Nietsche. Ma tutti, chi più chi meno, convivono con la regola stabilità da Lee e Kirby: supereroi con superproblemi, ricordate? Anche loro, dunque, sono troppo umani? In effetti non tutti, non per i canoni di Herr Friedrich. Un eroe che, per il filosofo, potrebbe essere un perfetto Übermensch c’è: è quell’uomo è Iron Man.
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Un superuomo di ferro
Nel corso della sua storia Tony Stark ha spesso mostrato un tratto che Nietsche avrebbe approvato: la sua capacità di vedere più in là dei suoi colleghi eroi, anche se la cosa lo ha portato molto spesso a compiere scelte che pochi sono stati in grado di comprendere e ancor meno di apprezzare. Quando Iron Man appoggiò l’Atto di Registrazione lo fece consapevole che l’opinione pubblica era satura. Nessuno avrebbe più appoggiato i supereroi, non senza uno stretto controllo da parte delle autorità. Scelse quindi consapevolmente di andare oltre la morale comune degli altri eroi. Di compiere una decisione che considerava giusta e necessaria.
Ma questo è solo un esempio. Tony, essendo un futurista, convive da sempre con la necessità di prevedere il domani. Lo cerca, lo venera. Lo anticipa, se necessario. E lo fa sfidando chiunque si dica contrario alle sue posizioni per avvicinarsi a quel futuro. Poco importa che questo preveda la necessità di sfruttare un virus come Extremis per ottenere quella visione o lo porti alla creazione di qualche arma che, magari, ucciderà un’entità cosmica con poteri divini (cosa che avrebbe trova il plauso di Nietsche).
Lo stesso Tony, pur privo di ogni vincolo a causa di un’inversione dell’asse morale, lo dirà chiaramente. Lui non è un uomo che gioca a fare dio: lui è un dio che per molto tempo ha giocato a essere un uomo. E, forte di questa consapevolezza, ha cercato di guidare per molto tempo i suoi colleghi e amici Vendicatori in quella che lui riteneva la giusta direzione. Poco importava che la morale della comunità superumana fosse contro di lui. Una sorpresa per noi e forse anche per Nietzsche stesso: ma proprio la consapevolezza che l’Übermensch e Superman vivano in realtà diverse, forse, è per noi lettori motivo di sollievo.