Il nuovo titolo di Sloclap, Sifu, esalta un genere che ha ancora molto da dire
l genere dei picchiaduro a scorrimento ha avuto una storia molto atipica. Incapace di uscire dal limbo dell’intrattenimento ruba gettoni, mordi e fuggi nel concept, e anche incapace di adeguare la formula in maniera evolutiva e importante alla terza dimensione. Non è un caso se il figlio illegittimo del genere “rullacartoni” e diventato l’action stilish e l’hack and slash. Si tratta però di un approccio fortemente snaturante che sebbene mantenga il focus sullo scontro diretto ha dovuto inserire mille variabili prese da altre istanze videoludiche come quelle degli adventure, perdendo la purezza del combattimento a mani nude. E non è nemmeno un caso che in effetti uno dei “revival” migliori del beat’em up a scorrimento degli ultimi tempi sia Street of Rage 4, un titolo fantastico, ma super conservativo e dannatamente amarcord nella sua formula.
Al di là della qualità infatti, giochi che hanno provato a modernizzare la struttura di queste esperienze arcade non hanno aggiunto nulla che non fosse solo una diversa dimensione spaziale al concept originale, una aggiunta che raramente ha realmente aggiunto qualche componente concreta alla base del genere, e praticamente mai in maniera evolutiva. In tal senso mi vengono in mente titoli come Die Hard Arcade, Zombie Revenge o il dimenticabilissimo Fighting Force.
Ci sono però state delle eccezioni, più o meno d’eccellenza, ma palesemente studiate per compiere quel balzo concettuale che andasse oltre il nuovo assetto grafico. Tra queste eccezioni, mi viene da citare il semi sconosciuto Rise to Honor e God Hand. Curioso che in qualche maniera, agli occhi di chi vi parla, Sifu, nuova fatica di Sloclap, ne rappresenti una sorta di interessante fusione. Recupera una certa ritmica nella gestione degli attacchi e l’utilizzo dell’ambiente circostante del primo, e la cattiveria e mobilità del secondo. Cerca allo stesso tempo di trovare un compromesso tra un combat system che simula gli stilemi coreografici del cinema hongkonghese di genere, come accadeva in Rise To Honor (che non contento proponeva anche un sistema di controllo assolutamente innovativo all’epoca) e il focus più concentrato nella relazione diretta con l’avversario singolo tipico di God Hand, con grande attenzione alle animazioni d’attacco, in un rigoroso, fulmineo e pressante flusso di azioni offensive e difensive. Inoltre, Sifu compie uno sforzo in più rendendo il proprio contesto narrativo funzionale al gameplay che propone, con un approccio a metà strada tra l’arcade e il simulativo e con una sfida tarata proprio per veicolare l’immersione con il nostro avatar, un esperto di Kung Fu, e il suo faticoso percorso di vendetta, all’interno di un genere spiccatamente ultra ludico che fa dell’immediatezza senza fronzoli un tratto distintivo.
Sifu infatti è uno splendido tributo, fresco, moderno e pieno di personalità, ai picchiaduro a scorrimento come detto, ma anche alle arti marziali, di cui in Sloclap sono competenti appassionati, e al cinema di kung fu e di genere, con mille influenze registiche e scenografiche di un filone sconfinato di pellicole, che vanno dai classici di Bruce Lee e Jacky Chan a film più moderni come Kill Bill, The Raid, John Wick, Old Boy e molti altri.
Sifu racchiude nel gameplay e nell’esperienza che ci propone, proprio lo spirito di questo tipo di storie: l’epica della disciplina e della determinazione, che sono esattamente le caratteristiche che dovremmo far nostre per arrivare ai suoi titoli di coda. Stilisticamente è splendido, come un fumetto europeo colorato dal tratto vibrante, pieno di cromatismi intriganti, che prende vita e scorre sotto i nostri occhi accompagnato da un cocktail di sonorità tradizionali cinesi ed elementi elettronici moderni, frutto dell’ispiratissimo lavoro del compositore Howie Lee. Nonostante il letale stile di kung fu Pak Mei con cui dovremmo battere gli assassini di nostro padre e relativi sgherri, l’estetica di Sifu non passa attraverso la violenza brutale ma si compie nell’esaltazione dell’armoniche movenze delle arti marziali, mai così ben animate.
Similmente a quanto fatto da Returnal, Sifu evolve inoltre il concetto di arcade da giocare e rigiocare, portando qualche timida meccanica da roguelike che modifica la partita in corso e consente la gestione di qualche variabile, in questo caso, gli anni dello stesso protagonista e qualche upgrade. Una dinamica che senza scendere in noti dettagli, vi dico solo sprona a migliorarsi di continuo, cercando di giocare bene non solo per una questione di punteggio ed esperienza, che sono comunque valori essenziali nella progressione del personaggio, ma proprio per allungare letteralmente la vita del nostro avatar e di conseguenza il suo viaggio. Non ci sono elementi procedurali, se si esclude la brillante variante dei nemici che subiscono di tanto in tanto un boost di skill e pericolosità, altra brillante ispirazione proveniente da God Hand.
C’è invece il level design di 5 stage estremamente caratteristici, inaspettatamente meno lineari di quello che si potrebbe pensare e studiati per allungare o abbreviare la traversata verso il boss di turno a seconda dell’occorrenza, e poi c’è il giocatore, la vera variabile nelle sessioni di gioco, capace di rendere le stesse sfide estremamente diverse man mano che impariamo a padroneggiare il sofisticato combat system, strapieno di possibilità, potenzialmente espandibile, i cui fondamentali con cui iniziate a menare le mani però sono tutto quello che dovete conoscere per sconfiggere chi si mette nel vostro cammino. Fondamentali che si basano sui riflessi e una attentissima lettura delle intenzioni avversarie.
Come accennato poco sopra, Sifu è un gioco che punta alla verosimiglianza totale nei confronti delle situazioni in cui ci immedesima: combattimenti mortali in cui possiamo sfruttare l’enorme talento del protagonista e il suo alto livello tecnico, ma allo stesso tempo, dove abbassare la guardia anche solo per un istante si paga a caro prezzo. Si tratta di un gioco molto esigente, difficile, ma proprio nel farvi sputare sangue dimostra il suo incredibile valore. Perché un combat system così brillante, puntuale, accattivante, non può prescindere da un degno tasso di sfida che gli dia significato. E il percorso deve essere tedioso per lasciarvi soddisfatti, con quella sensazione di palpabile superiorità rispetto al nemico. Insomma per restituire quella idea di epica e disciplina che il prodotto di Sloclap vuole raccontare non solo attraverso la storia, ma soprattutto attraverso le mani del giocatore, si deve per forza passare dalla difficoltà, anche semplicemente per rendere stimolante una formula di gioco in fin dei conti piuttosto ripetitiva.
Combattere in Sifu è divertente, coinvolgente, e così appagante nel mostrarti i frutti della pratica con uno stile di combattimento sempre più sicuro ed efficace, che davvero, è difficile se amate il genere, che qualunque altra caratteristica del gioco potenzialmente negativa possa sovrastare questo nirvana sensoriale delle scazzottate. È infatti limpida come il sole la consapevolezza del team di sviluppo di quali sono le irrinunciabili basi del genere e della materia trattata; la consapevolezza di quali siano le meccaniche negli action più riusciti a cui ispirarsi, come la Struttura, un elemento che ricorda da vicino la dinamica della postura di Sekiro. Guarda caso un titolo che giocava moltissimo sull’equilibrio tra difesa e attacco, proprio come Sifu.
Nel titolo di Sloclap l’azione è sempre super leggibile, non lascia margine a scuse o accuse da parte del giocatore per i propri errori. Sifu è certamente spietato, ma è pulito, onesto. Ti impone di conoscere gli strumenti, di saperli utilizzare, ma non te li dà scassati o inadeguati alle situazioni. Bisogna mantenere il sangue freddo per avere la meglio, bisogna essere veloci ed efficaci. Perché non c’è possibilità di cazzeggiare, di sbracciarvi a vuoto, in quanto verrete spesso accerchiati e colpiti da più parti, contemporaneamente e senza tanti complimenti. Sifu infatti all’interno del suo racconto dalle tinte esoteriche si esprime con un palpabile realismo sul campo di battaglia, e questo è un elemento non secondario in quanto è ciò che lo rende un prodotto così magnetico e moderno.
Laddove non rallenti brevemente in virtù di una vena contemplativa che valorizzi il lavoro artistico dell’opera, si tratta di un titolo che in fin dei conti vuole avere il ritmo di un titolo arcade. Ma pur con qualche doverosa concessione all’accessibilità e all’intuitività nel sistema di controllo dovuta a questa esigenza, in Sifu c’è una forte componente simulativa. Non ci sono super mosse che sbaragliano via tutto ciò che vi sta attorno, non ci sono abilità improbabili, non si compiono balzi disumani, bisogna essere sul pezzo di un confronto sempre terreno con tutti i pro e i contro che ne derivano, dove l’unica cosà che farà la differenza è la vostra tecnica, la cognizione delle condizioni di inerzia dei colpi e dei corpi, che possono barcollare dopo impatti importanti, la conoscenza dello spazio intorno a voi, delle reali conseguenze in termini di danno di un tubo d’acciaio in mezzo ai denti, una spinta forte contro un muro o una testa sbattuta su un bancone. C’è una fisica precisa che muove tutto questo, ed è essa stessa un elemento con cui potete divertirvi tantissimo, come nei casi in cui schivando con perfetto tempismo un pugno o una mazzata indirizzata verso di voi, potreste veder colpito per sbaglio un compare del tipo che vi sta attaccando. La concretezza degli impatti è sempre vivida, le collisioni sono sempre precise.
Grazie a questo, ad un moveset da scoprire e far proprio, ad un sistema di difesa sfaccettato che comprende non solo parry, parate e schivate, ma divide anche quest’ultime in laterali, alte e basse, e grazie alle numerose tecniche per legare tutte queste componenti, Sifu si rivela un gioco tanto diretto e relativamente immediato quanto interpretabile su diversi piani di abilità personale. Più diventerete bravi, più le vostre priorità e il vostro stile cambieranno: all’inizio imparate a sfruttare l’ambiente, per prendervi spazio, a sfruttare gli oggetti intorno a voi, dividere i nemici, a evitare gli attacchi con la distanza o con delle blande parate. Man mano che ci prenderete la mano avrete un approccio più diretto ed entreranno in gioco le schivate sul posto. Infine, quando i tempi di reazione si saranno affinati a puntino, comincerete sempre più spesso a deviare i colpi con la parata perfetta, difficilissima da apprendere, con una esecuzione per nulla scontata, che però vi ricompenserà con una notevole efficacia dei colpi successivi sul nemico scoperto.
Attendista, giocoliere, aggressivo. Ogni approccio è potenzialmente spettacolare a suo modo ma tutto dipende solo da quanto vi presterete all’approfondimento del titolo. Quando l’esperienza e la conoscenza delle vostre tecniche, di pattern avversari, dello scenario circostante, vi daranno una naturale sicurezza, entrerete in catarsi con l’azione e il flow del combattimento, tirando fuori quanto di meglio Sifu ha da offrire in termini di coinvolgimento e divertimento. L’unica cosa che non troverà mai posto nelle vostre partite è il button mashing. Bisogna avere una indole zen e il controllo sul ritmo del combattimento. Il tempo della difesa e quello dell’attacco vanno rispettati e sono scanditi delle movenze nostre e avversarie e dalla pesantezza dei colpi. Il tasto premuto più velocemente non avrà mai la meglio sulla mossa strategicamente più corretta. Siete avvisati.
Trovare dei difetti al titolo di Sloclap è quasi impossibile, si può parlare solo di piccoli desideri inespressi. Per esempio le animazioni contestuali sono tantissime, ma magari ci si poteva spingere ancora più in là nell’interazione ambientale, o si poteva inserire qualche tecnica più specifica e coreografica per colpire più nemici contemporaneamente (sebbene sia assolutamente possibile comunque). Ma vi dico la verità, non so nemmeno se considerarle delle mancanze visto che Sifu ricerca uno stile dell’azione più austero e realistico, senza contare che probabilmente questo tipo di aggiunte romperebbe qualche equilibrio nel gameplay.
La verità è che Sifu è una lettera d’amore al kung fu appassionata ed appassionate, un videogame solidissimo, privo di sbavature, entusiasmante ed estremamente competente, alla faccia di chi pensa che titoli del genere possano uscire solo dalla scuola di sviluppo giapponese. Sempre più marcatamente infatti, gli sviluppatori europei dimostrano non solo di muoversi in maniera brillante e creativa all’interno di contesti magniloquenti dei blockbuster come con Dying Light o The Witcher, ma sono anche capaci di imprimere in titoli come Ghostrunner, Returnal e proprio Sifu, quella attenzione verso gameplay frenetici, profondi, con un grande focus verso l’esecuzione, che normalmente è appannaggio della filosofia creativa nipponica. In tal senso Sifu è un prodotto che rappresenta tutto questo, ma come detto la caratteristica che lo rende più prezioso in assoluto, è il suo essere uno step evolutivo concreto per il genere dei picchiaduro a scorrimento. Un genere che ha ancora molto da dire.