A partire dal numero 431 della rivista dedicata all’azzurro animale creato da Silver troviamo l’inserto “Tutto un Altro Lupo”, uno spazio dedicato alle generazioni (anagrafiche e di stile) più giovani del fumetto italiano: qual è – oggi – il significato di queste iniziative?
upo Alberto e tutto il corollario di personaggi e situazioni che Guido “Silver” Silvestri ha creato in quasi quarant’anni di storie ambientate nella fattoria McKenzie non hanno bisogno di presentazioni. Per un motivo o per un altro – siano i fumetti stessi, la serie animata, il milione di prodotti da cartoleria o perché no le mitiche gelatine alla frutta – il faccione azzurro del personaggio ha accompagnato l’infanzia e la crescita di svariate generazioni, e per alcune ha un valore affettivo anche soltanto indiretto molto forte. Non penso di parlare soltanto per me se dico che in un periodo specifico della mia vita, tra le scuole elementari e quelle medie, Beppe, Marta, Mosè ed Enrico rappresentavano figure ricorrenti sia nei momenti di svago che quando si trattava di studiare.
Dal passaggio in edicola obbligatorio durante le vacanze estive alle etichette con il nome sui libri di scuola, passando per le cene in famiglia con i cartoni animati di sottofondo: nel mio caso Lupo Alberto era davvero onnipresente, ma appunto credo che il mio non fosse affatto un caso isolato. Nel bene e nel male, quindi, questo personaggio e tutto ciò che gli gravita intorno è diventato un elemento culturale che va anche al di fuori della sfera di origine, quella del fumetto. È qualcosa che ha valicato una sola anima diventando vero e proprio sottofondo su cui poi costruire il proprio personale contesto di suggestioni e riferimenti.
A rischio di sbagliarmi, credo che questo sia anche il contesto cui si è trovato davanti lo sceneggiatore Lorenzo La Neve (figlio d’arte del recentemente scomparso Michelangelo, anch’esso sceneggiatore di fumetti) quando gli si è presentata l’occasione di curare Tutto un Altro Lupo, una rubrica che dal numero 431 sarà presenza fissa sulla rivista ufficiale di Lupo Alberto. Non un rilancio, non un prodotto alternativo e neanche uno showcase di nomi giovani (termine fuorviante, me ne rendo conto) del fumetto; piuttosto una costola parallela che fa fronte a tutto quello che abbiamo visto in apertura.
Raccogliere con consapevolezza un’eredità e una posizione in un certo pubblico che può essere anche di sommaria (e ingiustificata) diffidenza, posizionando con cura e attenzione qualcosa che sappia di nuovo senza avere la presunzione di sostituirsi o di migliorare arbitrariamente ciò che già c’è. La Neve chiama quindi a raccolta personalità del fumetto e dell’illustrazione con un loro nutrito seguito, che forse non ci viene da associare immediatamente a Lupo Alberto ma che gli sono affini per intenti e vocazione, ovvero quella umoristica. Le quattro storie contenute nelle prime due iterazioni dell’inserto (due per numero), tre delle quali sceneggiate da Lorenzo La Neve, ci permettono infatti di inquadrare in modo abbastanza netto la connotazione e il senso di questa iniziativa.
Partendo dal numero 431: rispettivamente illustrate da Matilde Simoni e da Francesco Guarnaccia le due storie rappresentano in modo quasi opposto la dichiarazione d’intenti palese di La Neve e della sua creatura editoriale. Convogliare mondi contemporanei, appartenenti sempre alla sfera comica come lo stesso Lupo Alberto, in una scatola che ha una ricezione più classica. Le differenze tra le due stanno nelle modalità in cui questa cosa viene palesata agli occhi di chi legge, creando un senso specifico che giustifica entrambe e contemporaneamente le rende uniche e valevoli di comparire nel volume.
La prima si pone come obiettivo quello di rivedere e ripensare in ottica sperimentale la primissima striscia creata da Silver sul personaggio. Qui le forme di Lupo Alberto e degli altri personaggi vengono stravolte in modi simbolici e astratti, quasi come a suggerire che quella storia può avere un impatto su chi legge totalmente differente se cambia il punto di vista. La seconda, invece, riporta tutto a un elemento più conforme al contesto ma nel quale si prende i suoi spazi di manovra per allargare le prospettive. Due modi differenti di comunicare un’interpretazione che ha come scopo quello di stravolgere le convinzioni su questo tipo di fumetto.
In un modo molto simile è impostato l’inserto presente nel numero successivo, il 432 pubblicato pochi giorni fa. Ad accompagnare La Neve in questo secondo appuntamento troviamo Roberto D’Agnano (in veste di disegnatore di una storia scritta dal curatore della rubrica) e Dottor Pira (con una storia interamente disegnata e sceneggiata in solitaria). Qui le intenzioni viste nella prima prova diventano ancora più chiare ed evidenti, fornendo anche una sorta di ipotetica formula ricorsiva che potrebbe in qualche modo ripetersi nel tempo.
In un modo simile al precedente, infatti, le due storie presenti qui occupano lo spazio di adempiere alla missione comica che fa parte di Lupo Alberto usando approcci molto diversi. L’accoppiata La Neve/D’Agnano propone quindi l’ibridazione dei caratteri del fumetto più affini alle nuove realtà con la struttura classica delle strisce del personaggio di Silver, fornendo un approccio nuovo che da introduzione diventa conferma effettiva del lavoro che il curatore sta svolgendo con questa iniziativa. Il risultato è una piacevole lettura con protagonista Cattivik che cerca un po’ di pace nella fattoria MacKenzie, a sottolineare che Tutto un Altro Lupo è prima di tutto un lavoro che coinvolge attivamente tutto lo spettro dei personaggi dell’autore originale.
A occupare la quota sperimentale, invece, il fumetto proposto da Dottor Pira fa esplorare al personaggio e ai suoi comprimari la dimensione metafisica tipica delle opere del “fumettista della gleba (e del relax)”. Ne esce una storia dalla forte componente nonsense e a tratti spirituale che non solo non stona rispetto al materiale di origine ma anzi lo connota con una veste inaspettata ma coerente. La scelta di basare tutto lo svolgimento narrativo su un gioco di parole, l’errore di un fattorino che consegna un pacco indirizzato a “Lupo Albero” all’animale blu dei fumetti, è un espediente che rende abbastanza comprensibile il passaggio.
In definitiva: sì, questo “altro” Lupo Alberto ci serve. Serve perché è l’occasione per riscoprire un personaggio così cruciale per la cultura popolare italiana. Serve per superare i pregiudizi su di esso e su due realtà fumettistiche che reciprocamente si guardano dall’alto al basso.