Il trailer di Avatar 2: la via dell’acqua ha scatenato l’hype dei fan, soprattutto per la curiosità di scoprire come proverà a stupirci stavolta James Cameron
o sempre apprezzato James Cameron. Al di là del fatto che un regista in grado di stabilire un record di incassi e poi superarlo con un suo stesso film (Titanic e Avatar, n.d.r.) merita soltanto che applausi, dobbiamo specificare che ci troviamo davanti a un amante del cinema più che del box office. E sembrerebbe paradossale, parlando di uno che infrange record come fossero foglie secche sul cammino, ma James Cameron non è uno che fa film tanto per farli.
Ne è una prova la sua filmografia, soltanto 8 film in 40 anni di onorata carriera, oltre a qualche sceneggiatura e un po’ di roba da produttore. Ovvio che il solo Titanic o il solo Avatar gli avrebbero consentito di “campare di rendita”, ma qui – ancora una volta – non stiamo parlando di cifre.
James Cameron è uno che realizza film soltanto quando ne ha voglia, quando ha un progetto ben chiaro in mente, un’idea che reputa estremamente valida e vuole svilupparla.
Non è un caso che dal primo Avatar all’annunciato sequel La via dell’acqua siano passati 13 anni.
Il regista, infatti, ha scritto tutti e quattro i sequel previsti prima di iniziare a girare La via dell’acqua, come ha spiegato il produttore Jon Landau in un’intervista: “Le sceneggiature sono le planimetrie sulle quali ci basiamo. Perciò abbiamo passato molto tempo a scrivere, con questa grande sfida: ogni singolo copione deve funzionare come entità a sé e avere una conclusione emotivamente forte, ma quando li guardi nel loro insieme la connessione narrativa fra i quattro film deve creare una saga ancora più epica.”
E dire che in seguito al successo pazzesco ottenuto nel 2009 Cameron avrebbe potuto cavalcare l’onda e salire ancora in cima alle classifiche, piazzando un Avatar 2 subito dopo, che sicuramente gli avrebbe consentito di restare a galla ancora per un bel po’ di tempo, nuotando nel bellissimo mare dei record e del box office. Perché, parliamoci chiaro, chi non sarebbe andato a vedere il sequel di Avatar se fosse uscito, per dire, nel 2011?
Mi ricordo, ad esempio, quando proprio nel 2011 mi trovavo in fila per comprare dei biglietti del cinema e davanti a me due ragazzi, evidentemente un po’ avulsi dal contesto, chiesero “Due biglietti per Avatar 2”, convinti che Sanctum – proposto nei cartelloni con la didascalia ‘dal produttore esecutivo di Avatar’ – fosse il sequel delle fantastiche avventure degli eroi di Pandora.
Ma insomma, per tornare a noi, Cameron ha fortunatamente fatto ancora una volta la scelta giusta, evitando folli rincorse al botteghino e prendendosi tutto il tempo necessario per il suo nuovo film.
È ovvio che in tredici anni anche i fan più affezionati abbiano smesso di pensare a Jake, Neytiri e tutti gli altri, ma l’impatto che ebbe Avatar al momento della sua uscita ha ben pochi uguali.
E non soltanto, come molti sostengono, perché si trattava del primo vero film in tecnologia 3D da vedere nelle sale. Fu proprio l’universo di Pandora, creato dalla brillante mente di Cameron, a conquistare gran parte del pubblico, al punto che so di molti che ne rimasero affascinati pur avendolo visto in 2D. Io stesso, dopo averlo visto al cinema in tre dimensioni, acquistai il DVD e poi il blu-ray e mi restituirono comunque, quasi, le medesime sensazioni provate in sala.
A testimonianza del lavoro certosino di James Cameron, prescindente dalla tecnologia 3D, restano appunti ed appunti già scritti nel lontano 1996, quando però il progetto Titanic lo inglobò al punto da mettere da parte l’idea di Avatar, per dedicarcisi di nuovo un bel po’ di anni dopo. Lo stesso adattamento di Alita – per puntualizzare su quanto Cameron tenga ai suoi progetti che non nascono per caso – era un’idea avuto all’inizio del nuovo secolo, confezionata poi solo nel 2019, con la regia di Rodriguez.
All’epoca dell’uscita di Avatar scrivevo per un’altra testata. Ero un giovane e sprezzante 23enne, ma nonostante scrivessi già da 4 anni chiaramente non andai all’anteprima, che spettò – giustamente – al caporedattore. Mi ritrovai quindi a vedere il film con i miei amici, e probabilmente fu la cosa migliore. Non so se all’epoca avrei saputo rendere all’opera i giusti omaggi come senza dubbio fece chi se ne occupò.
Ne rimasi incredibilmente colpito, estasiato. Il 3D interamente nativo, sebbene ho chiarito che non sia stato tutto nel film, fu un plus notevole in grado di farmi immergere completamente in un modo alieno, soprattutto data la natura del film, girato con telecamere tridimensionali progettate dallo stesso regista, in modo che attori e cast tecnico potessero vedere in tempo reale le scene e correggere il tiro. E i risultati sono piuttosto evidenti, l’immedesimazione dello spettatore è totale e si riescono quasi a percepire le sensazioni di colui che si trova all’interno di un avatar. Nel giro di dieci anni nel frattempo il cinema e la tecnologia hanno fatto passi da gigante, e il 3D sembra scomparso, ma questo non toglie nulla ai meriti innovatori di Avatar.
Quanto alle tematiche poi Avatar resta un film tremendamente attuale, forse ora persino di più che al tempo dell’uscita, vista l’emergenza climatica in cui ci troviamo e di cui la pellicola di Cameron è veicolo del messaggio, ed è anche per questo che l’attesa per questo nuovo capitolo – e degli eventuali tre a seguire – si fa frenetica.
È probabile che, come per la prima volta, anche La via dell’acqua verrà candidato a diverse statuette e si porterà a casa soltanto i premi tecnici, ma pure qui al regista canadese interesserà poco, come del resto a tutti i fan di Cameron, che vogliono solo assistere a questo nuovo capitolo e scoprire come il buon vecchio James proverà a stupirci, ancora una volta.