Dopo le polemiche, arriva su Netflix The Gray Man dei Russo Bros, ma non è quello che in molti si aspettavano
Dopo che lo tsunami di polemiche scaturito dall’uscita infelice dei fratelli Russo si è abbattuto sul mondo del cinema, arriva la risacca che si porta via tutto, lasciando ben poco sulla riva. Quel poco che resta è The Gray Man, o meglio quello che ci rimane dopo la visione del film.
Non voglio essere ipocrita: al contrario di quanto ho letto in giro, non lo reputo un brutto film. Abbiamo visto opere di gran lunghe peggiori, anche soltanto fermandoci al genere action-thriller, ma ne esistono anche una marea di migliori, costruiti meglio, scritti meglio, girati meglio.
Il plot è banalotto ma si tratta di un adattamento dell’omonimo romanzo di Mark Greaney, e la storia è quella di un ex carcerato che viene fatto uscire al fine di collaborare con la CIA, diventando un mercenario abilissimo, forse il migliore di tutti, e noto come Sierra Six (Ryan Gosling). In una missione, scopre però dei pericolosi segreti dell’agenzia diventando il bersaglio del folle “collega” Lloyd Hansen (Chris Evans) e di diversi assassini in tutto il mondo, ma per fortuna può contare sull’aiuto di Dani Miranda (Ana de Armas), agente della CIA. Ad un certo punto della storia, si invertono i dettami della caccia all’uomo perché il fuggitivo Six diventa predatore, dal momento che la nipote dell’amico Donald Fitzroy (Billy Bob Thornton), Claire (Julia Butters), finisce sotto scacco del maligno Lloyd.
E allora il nuovo compito di Six – o meglio, uno dei tanti – diventa l’estrazione della ragazzina, similmente a quanto avevamo visto in Tyler Rake, sempre sceneggiato e prodotto dai Russo per Netflix, ma dove la vittima esposta era un bambino. Al posto del gigantesco e poco espressivo Chris Hemsworth abbiamo qui un Ryan Gosling scolpito e ugualmente cattivo, ma con molto più sale in zucca e migliori abilità strategiche. Sembra un mix tra Jason Bourne, Ethan Hunt e McGyver, con la capacità di menare come un fabbro abbinata a quella di far esplodere qualsiasi cosa e soprattutto riuscire a fare sempre la mossa giusta. Il tutto ovviamente sempre con la solita mimica a là Gosling. Praticamente prendete Julian di Solo Dio Perdona, spruzzateci sopra un velo di ironia dell’Holland March di Nice Guys ed ecco a voi il vostro Sierra Six.
Ad ogni modo, come probabilmente avrete già intuito, The Gray Man non è molto di più di quello che di solito viene definito un blockbuster di puro enterntainment, con il giusto mix di azione e thriller e un copione decisamente telefonato. Gli effetti speciali sono discreti, le scene action sono piacevoli, ma – anche soltanto restando a Netflix – se solo avete visto roba come 6 Underground di Bay tutto questo vi sembrerà patetico, per non parlare poi di chi è cresciuto a pane e azione, a partire dai tanti cult anni ’80-’90 fino ai recenti Mission Impossible e via dicendo.
Sono apprezzabili invece le riprese dall’alto e soprattutto le vivide cromie che ogni tanto rompono la monotonia delle tinte scure che, solitamente, sono una costante in questi film. The Gray Man inizia con esplosioni di colore e di fuochi d’artificio e ci dà subito una grossa spinta mostrandoci Ryan Gosling in completo rosso vivo, con tanto di smalto abbinato e una pistola ad acqua dello stesso colore. Ma per quanto vederlo infilzare nemici con coltelli, spilloni per capelli o qualsiasi suppellettile sia piacevole, il caos che regna sovrano è un po’ l’emblema di un film che fa della confusione e delle esplosioni il suo vero core. Il che ci piace, appunto, ma dopo le polemiche dei fratelli Russo atte a promuovere il loro film, ci si aspettava decisamente qualcosa in più. Anche perché sebbene sia manifesto che la loro filmografia sia prettamente votata all’action e all’intrattenimento, pur confezionando prodotti esemplari nel loro genere (io stesso definii Endgame “senza difetti”), è altrettanto vero che sono anche gli artefici di uno dei film più ragionati e complessi del MCU, come Captain America: Civil War, per cui era pur lecito aspettarsi qualcosa in più del solito giocattolone.
A proposito di Captain America però, qualcos’altro di buono c’è, ed è il loro feticcio Chris Evans. Dietro un baffo sorprendente, si cela un personaggio bislacco e completamente pazzo, che per lunghi tratti domina la scena. Uno dei momenti più divertenti è quando Lloyd definisce Six “Bambolotto Ken”: in vista del film della Gerwig, questo ci strappa una sincera risata. Alla fine comunque ai Russo le abboniamo quasi tutte. Le loro sterili polemiche, l’aver gonfiato le aspettative per un film dal cast stellare ma dai risultati canonici, perfino le atroci possibilità di aprire a un The GrayVerse. Ma concedere così poco spazio ad Ana De Armas è davvero imperdonabile.