I due volti degli Anelli del Potere: deludere il fandom con un prodotto di qualità
l fandom tolkieniano, ormai si sa, è uno dei più difficili da accontentare. Certo ricorderete le levate di scudi quando uscì la discussa traduzione di Ottavio Fatica e un Forestale di troppo finì per monopolizzare tutta la discussione. Potete quindi ben immaginare quanto l’uscita di una serie televisiva tratta dal Signore degli Anelli abbia scatenato ondate di panico tra gli appassionati. Questa volta, però, a Samplicio si è sostituito un elfo nero, quanto basta insomma per far agitare lo spettro della famigerata “dittatura-del-politicamente-corretto” a una certa parte della rete. Le discussioni sullo show erano iniziate molto prima in effetti, quando la mappa della Terra di Mezzo diffusa nello show aveva indignato i fan più accesi. Le discussioni pre-serie tuttavia sono terminate questo venerdì, quando Amazon ha rilasciato i primi due episodi de Gli Anelli del Potere.
Che impressioni ci siamo dunque fatti di questo ritorno su Arda? Sembra una buona serie o deluderà i fan di Tolkien? Con nostra sorpresa, la risposta, pare sia “entrambe le cose”.
Quello che Tolkien non disse
Raccontare le avventure delle prime di Ere di Arda vuol dire toccare il testo sacro del fandom tolkieniano, quel Silmarillion di cui vi abbiamo parlato qualche tempo fa. Significa raccontare i primordi della Terra di Mezzo, la giovinezza del mondo, degli Eldar e della Tenebra stessa. Ecco quindi che lo show tenta di fare proprio il testo più complesso di J.R.R. Tolkien, ma ci riesce solo fino a un certo punto. O, non meno improbabile, osa farlo solo un po’, giocando con le zone d’ombra dei racconti del Professore. La serie si apre con la narrazione in prima persona di Galadriel, la dama elfica di Lothlorien. Un richiamo alla prima trilogia di Peter Jackson e un tocco di continuità tra le varie produzioni. Ci viene quindi mostrato un frammento della sua infanzia a Valinor e gli spettatori hanno la possibilità di ammirare uno scorcio delle terre immortali. Il racconto prosegue mostrando alcuni dei momenti principali della Prima Era.
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L’ascesa di Morgoth, l’ottenebramento di Valinor, il giuramento di Feanor e dei suoi figli, fino alla guerra dell’Ira, quando l’oscuro signore di sconfitto, ma a prezzo di enormi sacrifici, inclusa la vita dei fratelli di Galadriel. Cessa qui l’introduzione, che si sposta quindi nel presente della narrazione. Una Galadriel adulta decide di fare propria la missione del fratello, dando la caccia a Sauron, luogotenente di Morgoth e suo erede. La caccia di Galadriel si spinge fino alle terre iperboree, dove trova alcuni segni che Sauron sia ancora vivo, senza però riuscire a stanarlo. Costretta a rientrare dalla diserzione dei suoi soldati, la guerriera deve sottostare agli ordini del Re supremo dei Noldor, Gil-Galad, il quale dichiara finita la guerra e decide di rimandare in Valinor l’elfa. In questa scelta è sostenuto anche dal suo consigliere, Elrond il Mezzelfo, a cui verrà in seguito affidata una nuova missione: aiutare lord Celebrimbor, sommo fabbro elfico e nipote di Feanor, nel realizzare una nuova impresa. Nel mentre sembrano tuttavia addensarsi ombre sulla terra di mezzo. Ne è consapevole Arondir, elfo di stanza nel sud-est della Terra di Mezzo. E sembrano esserne consapevoli anche i Pelopiedi, popolo nomade antenato degli hobbit. Qualcosa sta strisciando nell’ombra e la stessa Galadriel, sempre più convinta della cosa, decide di tornare sui suoi passi e rinunciare alla luce di Valinor.
Estetica ed etica
I lati positivi, all’interno de Gli Anelli del Potere ci sono, e non sono certo pochi. La storia è accattivante e, sebbene possa pesare la scontatezza di alcune trovate (sappiamo per certo che Sauron sia vivo e che gli Anelli verranno forgiati, quindi è inutile tirare troppo per le lunghe tutto questo) per contro la storia si fa interessante quando si vuole seguire lo sviluppo dei singoli personaggi. Quando e come Galadriel è passata dall’essere una guerriera a diventare una regina tra gli elfi? E in che modo il rapporto tra Elrond e i nani è andato guastandosi? Questo genere di domande ci spinge a voler continuare la visione, più di quanto non faccia la presa di potere di Sauron e la caduta di Numenor che, obiettivamente, sono eventi noti ai lettori. Il vero lato positivo di questo show è la sua estetica. La Terra di Mezzo torna a farsi viva e meravigliosa come non mai. Amazon non ha badato a spese (suscitando anche qualche polemica al riguardo) ma il risultato è eccezionale. Siamo tornati ad Arda. Un’Arda in uno dei periodi del suo massimo splendore, dove i regni di elfi, uomini e nani avevano raggiunto alcune eccellenze mai più viste in seguito.
In questo gli effetti speciali (dosati meglio che nella trilogia de Lo Hobbit) e l’uso della fotografia senza dubbio aiutano. Premia anche la scelta (rodata sin dai tempi di Gimli) di fare dei nani la “linea comica”. Nonostante questo il popolo di Aulë sembra essere destinato a un ruolo decisamente più importante di quello visto in passato sul grande schermo. Siamo quindi di fronte a una serie che si farà guardate bene soprattutto dai profani, da quanti magari cercano una serie fantasy con una profondità diversa rispetto a The Witcher e basata su trame meno pruriginose di Game Of Thrones.
A questo si possono aggiungere le molte strizzate d’occhio al Legendarium di Tolkien, che dovrebbero fare piacere ai fan. Dovrebbero. Ecco che il condizionale diventa obbligatorio e finisce per rovinare quella che sembrava una bella illusione. O, per meglio dire, infrange come un martello la fragile sospensione dell’incredulità.
Astenersi fandom e perdigiorno
Come detto all’inizio il fandom di Tolkien non è certo uno dei più aperti alle variazioni dell’opera del Professore. E volersi concentrare a tutti i costi solo sull’etnia degli interpreti di elfi e nani potrebbe distogliere l’attenzione da altre problematiche di continuità presenti nello show. Come detto la serie osa qualcosa che nemmeno Peter Jackson aveva osato in maniera così massiccia. I riferimenti al Silmarillion, alle Appendici del Signore degli Anelli, alla History of Middle-Earth sono tantissimi, molti più di quanti la prima Trilogia, vera dichiarazione d’amore alla prosa tolkieniana, abbia mai sognato. Sentir nominare i Valar, i Silmaril, Morgoth e vedere gli Alberi di Valinor è ciò che ogni fan di Tolkien vorrebbe.
Eppure, troppo spesso, sembra che la serie si discosti apposta dal canone, giusto per far ammattire il fandom più esagitato e viscerale. E no, per l’ultima volta: non stiamo parlando di elfi, nani e hobbit neri! Parliamo di tutte le volte in cui la serie sembra volersi complicare la vita, ignorando trame scritte da Tolkien che potrebbero facilmente rendere più lineare la sua narrazione. Facciamo l’esempio di Galadriel. Che l’elfa non fosse solo una dama era cosa nota a quanti ricordavano la marcia dei Noldor di Fingolfin attraverso l’Helcaraxë. Galadriel è una sopravvissuta. A destare perplessità sono le sue motivazioni nello show. La futura dama di Lothlorien vuole vendicare il fratello, il quale sarebbe morto mentre dava la caccia a Sauron. La cosa appare ovviamente sbagliata a chiunque abbia letto il Silmarillion e conosca l’albero genealogico dei sovrani Noldor. I fratelli di Galadriel non sopravvissero alla Prima Era e nessuno di loro giunse alla Guerra dell’Ira. Insomma, nessun fratello di Galadriel potrebbe essersi mai fatto carico della missione di trovare il luogotenente fuggiasco di Morgoth. Però, c’è un però… Uno dei fratelli di Galadriel è Finrod Felagund, morto proprio nelle segrete di Sauron.
Sorge quindi spontanea la domanda: non sarebbe bastato motivare Galadriel con un desiderio di vendetta? Tanto più se questa vendetta fosse stata rivolta a un presunto morto. L’impressione è che lo show si sia voluto complicare la vita. Un’impressione restituita anche da alcune sottotrame, come quella dei Pelopiedi, che appaiono spesso troppo slegate tra loro e distanti dalla principale (che tuttavia ci consegna un interessante crossover tra Tolkien ed ET). Questo tipo di dissonanza con il Legendarium si accompagna a diversi momenti dello show.
Basti pensare al carattere di Gil-Galad, descritto da Tolkien come sovrano giusto e lungimirante, il quale però sembra ansioso di dichiarare finita la caccia a Sauron e quindi la guerra. Qualcosa che difficilmente inficerà la visione dello show da parte di chi si vuole solo godere una serie fantasy più classica delle altre (e con una trama più solida di parecchi altri prodotti usciti ultimamente) ma che metterà il fan di Tolkien nella condizione di imitare un noto meme di DiCaprio. È facile immaginare un amante del Legendarium mettere in pausa lo show, indicare lo schermo e dire a se stesso o a chiunque stia guardando la serie con lui un “guarda! Guarda!”. Nonostante tutto, i primi due episodi della serie ci consegnano diversi spunti su cui riflettere. Quanto basta per continuare la visione e aspettare il finale di stagione per decidere quale sia l’effettivo valore di questo nuovo tassello nella complessa storia delle trasposizioni tolkieniane.