Prosegue la rubrica entomologica di Stay Nerd, stavolta con un approfondimento dedicato alla ghost story del 2021 “Nessuno ne uscirà vivo”
essuno ne uscirà ne vivo (No one gets out alive) è una ghost story britannica del 2021 diretta da Santiago Menghini, scritta da Jon Croker e liberamente tratta dal romanzo No one gets out alive di Adam Nevill del 2014.
Protagonista della vicenda è la messicana Ambar, immigrata irregolare negli Stati Uniti, per la precisione nella città di Cleveland. A causa della sua condizione, si trova in serie difficoltà economiche e è costretta ad affittare una stanza nella casa dei fratelli Red e Becker, figli del defunto professore Arthur Welles. Durante la sua permanenza nell’abitazione, condivisa oltre che coi fratelli Welles con altre due ragazze, sperimenta inquietanti visioni spettrali di donne, delle quali sente anche i lamenti e i pianti. Queste visioni sono spesso precedute dall’apparizione di una o più farfalle, la cui presenza è tutt’altro che casuale né un vezzo artistico del regista. Questi insetti pervadono l’intero film e, come vedremo, sono un elemento importantissimo per comprendere appieno Nessuno ne uscirà vivo (disponibile su Netflix).
Il precedentemente citato professor Welles era un archeologo e, nelle scene iniziali del film, lo possiamo vedere mentre riporta alla luce una scatola in pietra dalle rovine dell’antica capitale azteca Tenochtitlàn (localizzata su alcune isole del lago Texcoco, in quello che è l’attuale Messico Centrale). È proprio questo oggetto il fulcro sovrannaturale dell’opera di Menghini: al suo interno dimora infatti un grottesco ed enorme mostro. Questo essere, che nel film non viene mai identificato, emerge dal suo scrigno di pietra quando Red e Becker gli offrono giovani donne in sacrificio, legate all’altare costruito di fronte alla scatola. Il demoniaco occupante della stessa la aprirà e, una volta libero, divorerà la vittima che le è stata offerta, prima di ritornare nello scrigno. Ma chi o cos’è questa entità? Per capirlo, occorre analizzare alcuni dettagli presenti in Nessuno ne uscirà vivo, il primo dei quali è proprio la scatola di pietra: le decorazioni e i bassorilievi presenti sul reperto sono infatti riconducibili all’iconografia di Itzpapalotl, un’antica dea azteca. Le rappresentazioni che possiamo vedere sono infatti molto simili, ad esempio, a quelle presenti sul cosiddetto “Altare di Itzpapalotl”, conservato presso il Museo Nacional de Antropologìa di Ciudad de México. Su questo importante reperto precolombiano Itzpapalotl è rappresentata come una farfalla con grandi ali adornate di coltelli di ossidiana e che stringe tra le mani due cuori umani.
Ma chi era la dea Itzpapalotl? Itzapapalotl era, per gli Aztechi, una delle Tzitzimine, “demoni” stellari che durante le eclissi di luna potevano scendere sulla Terra e divorare gli esseri umani; è quello che le vediamo fare in Nessuno ne uscirà vivo. Ridurre però Itzpapalotl a un mostro antropofago caduto dalle stelle è sia erroneo che riduttivo, in quanto questa figura era per gli Aztechi molto più complessa di quanto il film, a una prima analisi, possa farci credere. Itzpapalotl era infatti uno degli aspetti della dea-madre Cihuacoatl: questa presiedeva alle nascite ed era quindi una creatrice di vita. Come spesso avviene con le divinità più antiche e arcaiche della cultura umana, in una stessa figura divina potevano convivere aspetti diametralmente opposti e Cihuacoatl non fa eccezione. La dea poteva infatti manifestarsi anche come una distruttrice di uomini: sotto questo aspetto era nota come Itzpapalotl.
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Itzpapalotl, presso l’antica religiosità azteca, era un terribile e feroce dea della guerra e dei sacrifici umani, che venivano compiuti proprio attraverso coltelli di ossidiana. Il termine Itzpapalotl significa letteralmente farfalla di ossidiana, elemento che ci permette di comprendere meglio la simbologia presente in Nessuno ne uscirà vivo. Questo essere caduto dalle stelle era sovrano, nella cosmogonia azteca, del regno paradisiaco del Tamoanchan, dove secondo le credenze del popolo mesoamericano dimoravano gli spiriti dei bambini morti, oltre ad essere il luogo cui erano nati sia gli uomini che gli dei. Nel film in oggetto troviamo un probabile riferimento anche a questo aspetto: quando Ambar riesce a sfuggire dalle grinfie della dea, nello scrigno di pietra è possibile vedere quello che sembra essere lo scheletro in un bambino, oltre che una farfalla.
Come detto, la farfalla di ossidiana era una dea legata ai sacrifici umani, ma questi per gli Aztechi erano una componente necessaria per mantenere l’equilibrio cosmico e preservare il creato, che si rinnovava proprio a seguito del versamento rituale di sangue. Itzpapalotl era quindi una divinità dalla doppia natura, sì terribile, feroce e sanguinaria ma anche in qualche modo legata ai naturali cicli di vita e morte, e di rinascita. È in un ruolo molto simile a questo che la incontriamo in Nessuno ne uscirà vivo: i sacrifici che i fratelli Welles compiono hanno lo scopo di “curare” o quanto meno attenuare i sintomi dell’ignota malattia (forse mentale) che affligge Becker. Quando la dea emerge e divora la vittima a lei offerta, i benefici per chi ha compiuto il sacrificio sono immediati: Itzpapalotl, attraverso il versamento di sangue, porta una forma di rinascita, in modo analogo alla sua controparte azteca non cinematografica.
Elemento ricorrente in Nessuno ne uscirà vivo è la presenza di farfalle: ad esempio, nella scena di apertura, ne possiamo vedere una morta e spillata riprendere vita e battere le ali. Questo non deve stupire in quanto questi insetti sono, in quasi ogni cultura e in ogni epoca, un simbolo di rinascita; non è strano quindi che Itzapapalotl fosse rappresentata da una farfalla, in quanto era una dea legata anche ai cicli di morte e rinascita nelle credenze azteche.
La simbologia di rinascita delle farfalle è verosimilmente legata al ciclo vitale di questi insetti, che sembrano morire per poi rinascere. Da un uovo deposto da una farfalla nasce una larva (il bruco) che si nutre e cresce fino a raggiungere lo stadio di crisalide, spesso racchiusa in un bozzolo, dal quale emergerà una farfalla adulta. È proprio l’emersione, lo sfarfallamento dell’adulto ad essere stato interpretato dalla nostra specie come una nascita a nuova vita dopo la fine di un ciclo, dopo la morte apparente rappresentata dal bruco che si racchiude nel bozzolo. Itzapapalotl presiede quindi ai sacrifici umani che permettono una nascita a nuova vita, un rinnovamento, in analogia a quanto fa un bruco che “muore” per rinascere come una farfalla. Nello specifico i ricercatori, basandosi sulle rappresentazioni dei manufatti aztechi sopravvissuti all’invasione degli europei, hanno individuato nelle farfalle del genere Rothschildia quelle con cui veniva identificata la farfalla di ossidiana.
Itzapapalotl era però anche una dea feroce e guerriera: nelle credenze azteche, una delle sue particolarità era quella di poter assumere le sembianze di una donna bellissima, ma se un uomo avesse provato a farla sua con la forza allora Itzpapalotl lo avrebbe dissanguato e ucciso utilizzando lame di ossidiana fuoriuscite dai suoi orifizi. Questo aspetto della dea è in qualche modo ripreso in Nessuno ne uscirà vivo: Ambar riesce a salvarsi dai fratelli Welles liberandosi dell’influenza di Itzpapalotl e combattendo i due con un antico macuahitl. Questo era un’arma azteca, una sorta di spada la cui lama era composta da un asse di legno con incastonate schegge di ossidiana lungo i bordi. In una sorte di legge del contrappasso e in rispetto alla controparte “reale”, la nera ossidiana di Itzpapalotl punisce la coppia di uomini violenti, e sarà dal loro sacrificio che le ferite di Ambar guariranno e riuscirà a fuggire.
Concludendo, Nessuno ne uscirà vivo è un’ottima ghost story permeata di antiche leggende e miti nativi masoamericani, ma anche di tematiche sociali e di metaforico decolonialismo. Ambar, messicana, ha la meglio sui suoi aguzzini grazie a un essere che affonda le sue radici nell’antichità del Messico e dei suoi popoli nativi, distrutti dalle potenze coloniali. Itzpapalotl stessa, nella pellicola, è stata rubata, deportata e messa al servizio del colonialista; poeticamente, quegli stessi colonialisti troveranno la loro fine per mano di Ambar, che metaforicamente si è riappropriata del suo retaggio, in questo caso sotto forma di un antico essere caduto dalle stelle.
Full Metal Bugs è un rubrica a cura di Fulvio Giachino, entomologo presso il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino
Illustrazioni di Anna Legge (@annaleggebic)
Per fonti e approfondimenti:
Giachino F., 2022. Insetti: Dei e Demoni. Biodiversity Friend 12; WBA Project Ed.,Verona. pp. 145-148