Night City: da qui ricomincia l’ascesa del cyberpunk, come estetica
a quando l’anime Cyberpunk: Edgerunners è arrivato su Netflix, il videogioco su cui è basato, Cyberpunk 2077, ha visto una rinascita. Fino a qualche settimana fa, il numero di giocatori e giocatrici ha raggiunto quantità simili a quelle di gennaio 2021, poco prima della disfatta totale, con picchi di utenti pari a circa 80.000 solo su Steam. Non è una rarità: anche in occasione dell’uscita sempre su Netflix della serie TV The Witcher, la saga di CD Projekt RED ha raggiunto su PC diversi picchi d’utenza, il più alto attestabile sui 94.000.
Andando oltre al fruttuoso connubio tra film/produzioni televisive e videogiochi, è chiaro che in questo contesto è centrale l’enorme capacità del team polacco di saper reinterpretare in forma videoludica lore e ambientazioni dal grande fascino. Nel caso di The Witcher l’ispirazione viene dalla saga letteraria scritta da Andrzej Sapkowski, mentre per Cyberpunk 2077 dal gioco di ruolo di Mike Pondsmith, Cyberpunk 2020.
In altre parole, se Cyberpunk 2077 sta assistendo alla sua rinascita è merito di Night City. O meglio, della sua estetica. Che sia tramite un suggestivo scorcio in-game o una coloratissima animazione dello Studio Trigger, la città californiana si imprime nella mente di chi ha gli occhi sullo schermo. A catturare sono i contrasti: i fucsia e i blu di neon e capigliature si mischiano al rosso acceso del sangue, donando vivida luce a una metropoli tetra e apatica capace però di travolgere. Lo sguardo almeno, meno il cuore.
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Sia il videogioco che l’anime si soffermano sulla messa in scena di situazioni inquietanti, al cui centro vi sono ingiustizie sociali, dominio della tecnologia ed estrema violenza, contro cui né V né David possono opporsi. La conclusione di trama e microstorie contenute all’interno delle due produzioni lascia sempre un profondo senso di amaro in bocca, senza però arrivare al cosiddetto pugno nello stomaco.
Attenzione: di seguito uno spoiler su Cyberpunk: Edgerunners
Quest come quella della crocifissione, dei Peralez o del semplice Brendan non possono essere alterate dal nostro volere, così come il corpo di David non nasconde alcuna eccezionalità. Gli abitanti di Night City sono costretti a piegarsi agli abusi della società cyberpunk, i quali sono più esasperati ma non troppo dissimili dalla nostra. Del resto, com’è possibile restare scioccati dalla morte della madre di David perché priva di assicurazione sanitaria quando negli Stati Uniti la gente muore di diabete perché non può permettersi l’insulina?
Gli esempi da fare sarebbero ancora tanti, e questo senza mettere in mezzo la guerra in Ucraina e la pandemia. Assuefatti dalla contemporaneità, ci catapultiamo nel mondo di Cyberpunk non per venire impressionati dalle sue storie, ma da Night City, che è pazzesca da vivere, come estetica. Per il resto il genere cyberpunk non ha più nulla da dire, e le ottime capacità di scrittura del team polacco, sia nel videogioco che nell’anime, possono fare ben poco per colpire davvero. Per tale ragione è meglio valorizzare il tutto con le luci al neon dell’apparenza.
La stessa CD Projekt conosce bene le potenzialità della metropoli indipendente della California. Lo dimostra Orion, nome in codice per il sequel di Cyberpunk 2077. Prima però di cedere alle aspettative e ricreare le stesse dannose dinamiche che hanno coinvolto il lancio il del gioco, non è necessario fantasticare su Orion, soprattutto quando il team polacco sta gradualmente rimpolpando 2077 con patch. L’ultima, la 1.6, oltre a collegarsi a Edgerunners, aggiunge dettagli, come il poter modificare il corpo presso i bisturi, scegliere l’abbigliamento senza essere vincolati dalle statistiche e la possibilità di essere seguiti dal gatto Nibbles. Elementi all’apparenza microscopici che permettono di penetrare ancora di più nell’essenza sporca ma affascinante di Night City, anche se non è ancora abbastanza.
Al di là del poco impatto sulle dinamiche cittadine, come ad esempio i rapporti con le gang, il suo più grande problema resta la mancanza di piccole interazioni che permettono di acquisire una ruotine all’interno di un’ambientazione così stimolante e sinestetica, fatta di piccoli gesti come mangiare, bere e altre amenità. Chi scrive ritiene che l’unico open world occidentale capace di ottenere questo risultato sia Red Dead Redemption II.
Ciononostante, alla fine il controverso titolo di CD Projekt RED è riuscito in un modo o nell’altro a diventare un cult, a penetrare nell’immaginario collettivo, non più solo per ragioni spiacevoli riguardanti il lancio, ma grazie e soprattutto a Night City, ai suoi abitanti e alla sua estetica così allucinante, così cyberpunk.