The Good Nurse su Netflix è un film tratto da un’inquietante storia vera e vanta un cast d’eccezione con Jessica Chastain ed Eddie Redmayne protagonisti, ma la tensione che ci si aspetterebbe da un’opera di questo tipo è pressoché assente
a storia di Charles Cullen è agghiacciante. Il serial killer americano, di professione infermiere, è stato arrestato nel 2003 dopo aver lavorato tranquillamente per 16 anni in nove ospedali, uccidendo con overdose di farmaci per via endovenosa un numero spropositato di persone, finendo per ammettere circa 40 omicidi (di cui 29 confermati), ma che probabilmente furono molti, molti di più, forse circa 400.
Ma come ha potuto quest’uomo agire indisturbato per tutti questi anni, passando da una struttura ospedaliera all’altra, senza che nessuno lo abbia mai fermato?
Se lo è chiesto Charles Graeber nel suo libro pubblicato nel 2013, e si pone poi la stessa domanda il regista danese Tobias Lindholm, nell’adattamento cinematografico The Good Nurse, che ha trovato distribuzione su Netflix e che vanta un cast d’eccezione, con Eddie Redmayne nei panni di Charles Cullen e Jessica Chastain in quelli di Amy Loughren, l’infermiera che ha contribuito a farlo arrestare.
Dalla realtà allo schermo
Il mondo del grande e piccolo schermo è pieno di narrazioni sui serial killer, ma raccontare quella di Charles Cullen non è facile. In primo luogo perché è una storia di cui si sa relativamente poco, dato il numero non ufficiale di vittime e la quantità di omicidi sparsi in un lungo arco temporale e in luoghi diversi, e poi anche per le motivazioni misteriose che spingevano questo killer silenzioso ad uccidere. Da qui probabilmente la scelta di affidarsi a un cast principale importante e soprattutto a un abile attore come Redmayne, col suo volto serafico e la capacità di essere ambiguo e impenetrabile.
Il problema di The Good Nurse però parte proprio da qui. Le ottime performance attoriali non riescono comunque a garantire la tensione auspicabile per una crime story e probabilmente il regista Lindholm ci lancia nella storia fin troppo presto. Sebbene sappiamo tutto degli omicidi di Cullen, non assistiamo mai direttamente alla messa in atto, mentre anche l’alto potenziale della parallela storia di investigazione non riesce a decollare nel modo giusto. Sembra sempre che manchi qualcosa per accattivare la nostra attenzione e The Good Nurse scorre – anche piuttosto rapidamente – senza il giusto mordente, tra una vittima e l’altra e le preoccupazioni di Amy, di cui abbiamo veloci estratti della vita privata e dei suoi problemi.
Tra gli aspetti più interessanti c’è senza dubbio la morbosa relazione di amicizia tra i due protagonisti, ma anche qui sembra che la penna di Krysty Wilson-Cairns (sceneggiatrice insieme all’autore del libro) non abbia voluto osare, dando a volte la sensazione di volersi addentrare in racconti più intimi e personali, per poi irrigidirsi e tornare subito sui propri passi.
Alla fine ne esce un racconto di mezzo, che non sa troppo di film crime ma neanche di accusa alle storture del sistema, faticando a trovare una via precisa. Cullen e le atrocità da lui commesse restano delle presenze troppo vaghe e fumose, che sebbene abbiano il merito di non rendere eccessiva e gravosa la rappresentazione del dramma – escluso l’ottimo finale che ci regala alcuni minuti intensi durante l’interrogatorio dell’uomo – fanno davvero molto poco per coinvolgere e inquietare lo spettatore come dovrebbero.
The Good Nurse rimane un buon tentativo, ma in un’opera che per ovvi motivi non prevede plot twist occorrono dei guizzi registici e di scrittura che purtroppo qui si faticano a vedere, rendendolo di fatto un film che intrattiene e scorre piuttosto agevolmente, ma che ci regala davvero poco di più.