Simpatici & Antipatici fu uno dei pochi tentativi di Christian De Sica dietro la macchina da presa
Christian De Sica è incontrovertibilmente uno degli attori chiave della commedia italiana dagli anni ’90 ad oggi, e di tanto in tanto ha provato anche a mostrare il suo talento dietro la macchina da presa, sebbene non sempre con risultati altrettanto eccellenti.
In modo particolare ha tentato questa strada negli anni ’90, e probabilmente il suo maggior successo registico resta un film già citato nella nostra Stay Trash, ovvero Ricky & Barabba in cui recita al fianco di Renato Pozzetto. In questa breve lista di lungometraggi non compaiono tuttavia altre opere memorabili, salvo un’altra che vale assolutamente la pena citare e che rappresenta appieno lo spirito di questa rubrica: Simpatici & Antipatici, datato 1998.
Un cast corale, come il titolo suggerisce, a fare da sfondo a una rappresentazione volutamente marchiana e ironica della ricca borghesia italiana, tra la necessità dell’ostentazione e quella di nascondere eventuali problemi finanziari, sempre sotto la bandiera del dio danaro.
A rileggere i membri di quel cast artistico oggi scende un po’ la lacrimuccia, poiché molti di essi purtroppo non sono più qui, a partire da Gianfranco Funari, tra i protagonisti indiscussi del film, nei panni di Augusto Cecchini, palazzinaro gradasso e megalomane che fa di tutto per essere al centro dell’attenzione, ed è anche – ovviamente – il presidente del circolo del tennis dove si svolgono buona parte delle avventure del film.
Intorno a lui orbitano i personaggi più disparati, dal latin lover Roberto (De Sica) al comico Carlo Medis (Alessandro Haber), ormai caduto in disgrazia e costretto a svendere persino i mobili della propria casa insieme alla moglie Michela (Eva Grimaldi), in una delle scene più “drammatiche” in assoluto, e tanti altri ancora.
Contrariamente alle attese, comunque, il film fu un terribile flop al botteghino, e secondo Christian De Sica ciò fu dovuto proprio al fatto che il personaggio interpretato da Funari somigliasse troppo a Previti, nonostante non fosse nelle intenzioni degli sceneggiatori. Ciò nonostante, dopo solo una settimana di programmazione il film venne ritirato dalle sale.
Un duro colpo per il De Sica regista, che dopo questa esperienza attese sette anni per tornare dietro la macchina da presa, peraltro con un altro insuccesso ovvero The Clan, per poi abbandonare quasi del tutto questa strada, salvo un paio di tentativi in periodi ben più recenti, e forse più che altro per spalleggiare il figlio Brando.
Restano comunque nell’olimpo delle citazioni comiche alcune gag e scene memorabili di questo film, come quelle in cui Augusto cerca di sistemare insieme al tecnico la parabola, o la cena al ristorante ‘La parolaccia’, e ancora il dialogo tra Roberto e Marcella (Marina Perzy), in cui interviene “er fijo de Italo”, o il siparietto in casa di Walter (Masciarelli) col maestro Rafael Muñeco. Scene, come ripetiamo spesso, che oggi molto probabilmente sarebbe impossibile girare e finirebbero accusate di essere politicamente scorrette, ma all’epoca – è innegabile – facevano ridere generazioni.
Quella sorta di critica alla borghesia italiana di fine secolo diventava quindi il mero pretesto per creare un intreccio in grado di far divertire il pubblico con le suddette gag spiccatamente trash, ma andava bene così.
E poi, quei 20 secondi di sguardi tra De Sica e Funari in cui il primo chiede al secondo un prestito di cento milioni, con “El tiburon” in sottofondo, valgono il prezzo del biglietto.