A, come Atrocità. Doppia T come Terremoto e Tragedia. I come Ira di Dio. L come lago di sangue. E A come ‘a cornuto se vengo là ti spezzo le corna!
Attila flagello di Dio è innegabilmente un cult della commedia italiana, diretto da quel famoso duo Castellano & Pipolo di cui abbiamo già parlato tempo fa su Stay Trash. Come spesso accadde, il film – distribuito nelle sale nel 1982 – subì una discreta stroncatura da parte della critica di quegli anni, per venire poi apprezzato nei tempi a seguire, anche grazie alla fanbase di Diego Abatantuono e dell’opera in generale, la cui genialità probabilmente ai tempi non venne capita.
L’idea di portare sullo schermo il celebre personaggio del terruncello ma nelle vesti del condottiero barbaro Attila fu infatti ingegnosa, e in generale lo script funziona in modo quasi imprevedibile, in una rivisitazione storica in veste comica in cui Abatantuono fa sfoggio di tutto il meglio del suo repertorio di battute, probabilmente improvvisando anche molto, ma consegnandoci un mare di citazioni destinate ad entrare a far parte dell’immaginario collettivo.
Chi è lo Re?
All’interno di un film che, in stile Castellano e Pipolo, resta corale, il protagonista si carica sulle possenti spalle tutto il peso dell’opera, sprigionando la sua comica viulenz’, da vero re. Resta il discorso, che facciamo sempre in questa rubrica, relativo a tutta una serie di battute che adesso sarebbe impossibile replicare e sarebbero ritenute inopportune, il che ci avrebbe però tolto la possibilità di ridere tanto, come per fortuna abbiamo fatto per anni. E poi Rita Rusic, che insomma, era Rita Rusic.
Nel corso del tempo, nonostante sia stato – come dicevamo – riapprezzato ed è divenuto un cult, Attila flagello di Dio ha avuto sempre una schiera di detrattori che l’hanno criticato, perché resta senza dubbio una comicità non adatta a tutti. Ho letto in giro, negli anni, anche critiche sui costumi. Sinceramente non me la sento proprio di buttare la croce su Luca Sabatelli, leggenda nel campo dei costumisti italiani, nonché un pezzo di storia della commedia degli anni ‘70-‘80. Per giunta dobbiamo tener presente il budget limitato e il fatto che, per la tipologia di film, tutto sommato una maggiore cura nei costumi sarebbe stata inopportuna.
Qualsiasi altro giudizio squisitamente tecnico lascia davvero che il tempo che trova, ed anzi è quasi un peccato che questo film non abbia spinto ad ulteriori tentativi di un sottofilone storico nel cinema trash.
Oltre al mare di citazioni, da “Dove passo io, non cresce più l’ebba”, al famoso acrostico citato nel sottotitolo, e molte altre ancora, sono tante le gag comiche che strappano più di una risata, soprattutto quelle in cui Diego Abatantuono è spalleggiato dal fedele Mauro Di Francesco, qui nel ruolo di Fetuffo, ma anche le spassose scene nella scuola da Silone, pardon Cifone.
A distanza di 40 anni, le sterili critiche vengono indubbiamente sorpassate dagli elogi a un film che resta un cult della commedia trash italiana. E per tutti noi “lo Re” sarà sempre Attila il flagello di Dio.