Ansie, speranze e aspettative per Final Fantasy XVI
(Articolo a cura di Steven Carollo)
C’è stato un tempo in cui la release di una nuova installazione della saga Final Fantasy faceva battere il mio cuore di appassionato allo sfrenato ritmo dell’hype. Una melodia frenetica e suadente che veniva ben presto ripagata da un immersivo viaggio, rigorosamente a turni, in mondi lontanissimi, tra civiltà sepolte e continenti alla deriva.
Non a caso cito il brano tratto dall’album “Mondi Lontanissimi” di Battiato, che ben rievoca nella mente dell’ascoltatore un sentimento di curiosità, scoperta, spaesamento e ammirazione estatica verso la creazione, tra un passato arcaico e uno sguardo attento e sognante ad una tensione futuribile dell’essere.
Nella produzione narrativa di Hironobu Sakaguchi, director e sceneggiatore della prima, lunghissima parte della storia della saga che andremo ad esaminare, veniamo messi a confronto con valori e tematiche ben distanti dalla bidimensionalità autoriale che freddamente siamo abituati a consumare nell’odierno fast food dell’intrattenimento.
L’adolescente che rimembro con sguardo nostalgico e meditabondo, ai tempi allergico alla Madeleine Proustiana, ha avuto i primi contatti con il tema dell’ecologia e sfruttamento delle risorse del pianeta grazie a Final Fantasy VII, imparato a diffidare della propaganda durante le peripezie di Laguna in Final Fantasy VIII e ricordato il valore delle fiabe (non necessariamente a uso e consumo dell’infanzia) nel volo pindarico di Garnet in Final Fantasy IX, mentre il pensiero critico nei confronti di dogmi e dottrine secolari lo devo all’incredibile viaggio vissuto in compagnia dei guardiani dell’evocatrice in Final Fantasy X.
Per ultimo, ma personalmente più importante, c’è Final Fantasy VI. Locke e Terra mi hanno condannato al mestiere della scrittura, ma questa è un’altra storia.
Ma poi il seguito è una vergogna. Se per la prima parte di questa dissertazione ho saccheggiato il ricco frasario del Maestro Battiato, la seconda parte di questa storia è facilmente associabile alle canzonette di Bennato, nello specifico: dopo il liceo che potevo far? Perché a mio modesto parere, il seguito è decisamente una vergogna.
Non vi preoccupate, come da titolo andremo in brevissimo tempo a parlare di Final Fantasy XVI. Il rant che segue è una brevissima e ben nota novella di come chi scrive abbia sperperato denaro e tempo al day-one di numerosi titoli denominati Final Fantasy e poi rivelatisi fiacchi, inconcludenti, poco ispirati, incompleti, sciocchi, inutili, oziosi e miserabili.
In un battito di ciglia mi trovo esattamente a 20 anni di distanza da Final Fantasy X-2, spauracchio narrativo della saga, ancora emozionato dalla nuova installazione della saga. A poco più di un mese dall’uscita e ancora una volta sento il bisogno di crederci.
Veniamo a noi e soprattutto, veniamo a Naoki Yoshida.
Yoshida è l’uomo del secolo nuovo, l’intervestista del mezzogiorno nipponico in grado di infondere nuova vita in un brand agonizzante e martoriato e renderlo competitivo. Era il 2010 e il secondo MMORPG di Square era riuscito a deludere tutti, perfino xClouDSTRife94 che su Forumfree l’aveva difeso fino alla morte (era una battura, ahah! NDR, insomma aveva deluso anche i fan più sfegatati).
Naoki Yoshida, noto appassionato di World of Warcraft, ruggente capitano di ventura della Golden Age degli MMO, intervenne in una intelligente operazione di reboot di Final Fantasy XIV, denominata “A Realm Reborn”. Quel che ne è conseguito è storia. Yoshida riuscì nel creare un comparto narrativo solido, atto a fidelizzare patch dopo patch milioni di utenti in tutto il mondo e al contempo di strutturare un end game complesso e intelligente. Per ammissione di Yoshida stesso, la contaminazione di altri titoli dell’eccellente del genere è evidente, ma mai prima d’ora si era assistito ad una summa così puntuale e ben congeniata.
Arriviamo dunque al disastro del Luminous Engine, alla completezza postuma di Final Fantasy XV e altre mostruosità (vedi Kingdom Hearts 3). È giunto il momento per Square-Enix di iniziare i lavori per Final Fantasy XVI. Nei corridoi dell’azienda di Tokyo se ne dicono tante, si parla di schierare un dream team, si fanno nomi, si stracciano idee promettenti, nell’aria si respira la febbricitante eccitazione della novità e il contagio della promessa del futuro giunge fino a noi in Italia.
I nomi della line-up scesa in campo per Final Fantasy XVI sono altisonanti, promettenti e a tratti sovversivi. Hiroshi Takai veste il ruolo di Director, accompagnato al co-writer Koji Fox. Takai di gioco di ruolo ne sa tantissimo, forte dell’esperienza maturata con Romancing SaGa e The Last Remnant, di certo non il golden boy della produzione, ma abbastanza concreto da meritare fiducia.
Naoki Yoshida si schiera in veste di Producer e dopo tutte le lodi che abbiamo tessuto nei suoi confronti e l’abilità dimostrata nei lunghissimi anni di sviluppo del regno di Eorzea, letteralmente dalle ceneri alla leggenda, non posso nascondere l’eccitazione nel vederlo alle prese con il suo primo titolo main line.
E infine abbiamo Ryota Suzuki. Click-boom! Then it happened. Come ultima citazione musicale di questo pezzo mi rifaccio al musical premio Pulitzer “Hamilton”. La track citata parla di accordi segreti, rivelati nel climax massimo della vicenda, pronti a sovvertire il destino di un continente (C’è naturalmente molto altro, correte a recuperare Hamilton se non l’avete già fatto).
Che ci fa nel core team di Final Fantasy XVI un uomo che ha consacrato la sua vita professionale al combat system di picchiaduro come Marvel vs Capcom 2, ad action pazzescamente profondi e stratificati con Devil May Cry 5 e QUEL Dragon’s Dogma?
Benvenuti nel futuro, allacciate le cinture e rimanete seduti durante il decollo, l’uscita di sicurezza è in alto a destra in questa pagina.
Che Final Fantasy abbia abbandonato la formula turn based alle sue spalle non è di certo un segreto, evidente soprattutto nella sperimentazione avvenuta con Final Fantasy XV, tanto imperfetta e poco profonda da ricordare il ruggito di un coniglio o lo sbadiglio di un leone. Nonostante la fiacchezza del sistema, Square-Enix decide di crederci ancora. Investire nella virata ARPG con più decisione ed eccoci giunti al sistema confezionato da Ryota Suzuki.
Dimentichiamoci la gestione dei membri del party ed esploriamo le tecnicità di un sistema action a personaggio singolo (fatta eccezione per la gestione di un pet), dove riflessi, schivate, parry e combo system sembrano voler rubare la scena al classico approccio ragionato.
Per parlare più a fondo del combat system è doveroso fare un passo indietro e dare un pizzico di contesto all’azione. Nell’epopea proposta da FInal Fantasy XVI saremo chiamati a vestire i panni di Clide, figlio dell’Arciduca di Rosaria, Primo Scudo del Regno. Se le premesse che ci vedono impersonare l’ennesimo prescelto maschio bianco, rampollo di una dinastia stellata alla quale nessuno si è mai sognato di dare meno di 5 stelle su Tripadvisor vi fanno storcere il naso, beh. Credo sia legittimo.
Ad alleggerire i toni della vicenda c’è la promessa di assistere ad una storia di vendetta personale cruda e cruenta, classicamente divisa in 3 atti alternati da time skip cospicui. Potremo dunque essere spettatori della maturazione di Clide, che seguiremo dall’adolescenza fino alla sua mezz’età.
Nel mondo di Valisthea esistono particolari individui, che ricoprono l’altisonante titolo di Dominant, in grado di incarnare e incanalare il terribile potere degli Eikon. Sì, stiamo parlando della vecchia banda di Eoni, Guardian Force, Esper etc. Il ruolo iniziale di Clide sarà proprio quello di assistere suo fratello Joshua, Dominant di Phoenix, in qualità di guardia del corpo.
In men che non si dica, da bravo prescelto, Clive scoprirà (non sappiamo ancora come o perché) di poter utilizzare in battaglia vari Eikon, ed è proprio attorno ad essi che ruota il combat system. Potremo cambiare in tempo reale l’Eikon equipaggiato ed utilizzare il relativo move set, ognuno con peculiarità e potenzialità differenti, al fine di lanciarci in combo mostruose e juggle da far invidia al clan Mishima.
Nel concept di questo sistema di combattimento lo zampino di Ryota Sukuzi risulta immediatamente evidente e in particolare la comparazione con Devil May Cry 5 risulta immediatamente ovvia. Immaginate un Dante in grado di cambiare lo stile corrente durante la combo, sostituite gli stili con i possenti Eikon e il piatto è servito.
Sebbene non abbia provato con mano quanto enunciato, nutro enorme fiducia nel lavoro di Ryota, avendo spesso e volentieri investito centinaia di ore in esplorazioni verticali dei sistemi da lui proposti e congeniati. Le incertezze che ne seguono sono ovvie: mentre in DMC 5 o Marvel Vs Capcom 2 il versante RPG è assente o quasi, quanto impattanti potranno essere i sistemi parametrici e di level-up all’interno della proposta?
Se il diavolo si cela nei dettagli, sappiamo che il bilanciamento perfetto si cela nell’assenza di parametrie variabili. Annunci recentissimi ci rivelano che Final Fantasy XVI potrà essere completato perfino senza livellare. Sarà quindi relegata alla volontà del giocatore la decisione di ricerca del livello di sfida adeguato a necessità personali? In ogni caso lo scopriremo su PlayStation 5 tra poco più di un mese, esattamente il 22 Giugno.
Da quanto mostrato fino ad ora, sembra che la struttura del mondo di gioco viva sull’ibrido binomio open world/dungeon lineare, ammiccando alle moderne necessità del tripla A senza rinunciare a momenti più story driven, dove un’esperienza lineare è fortemente consigliata.
DI certo non starò qui ad elencare una ad una le parametrie previste durante il level-up o legate agli equipaggiamenti, mi sembra un tantino prematuro da una parte e inutile tecnicismo per questa preview dall’altra. Un dettaglio, tuttavia, rafforza e ammicca al versante di sbilanciamento verso l’action: sto parlando dello stagger, un valore in grado di sbilanciare i nemici (probabilmente con proprietà di stun o knockback) che mi ha dato modo di riflettere.
Dal versante grafico i panorami e i luoghi mostrati sono sufficientemente suggestivi e ben confezionati da offrire un’esperienza immersiva e ben variegata, riprendendo qua e là diversi spunti dal medioevo grimdark immaginifico che tanto fa penare gli storici, ma che ormai ha preso posto nella visione immaginifica delle vicende a là Wasteros/Souls.
A farmi storcere particolarmente il naso è il character design e i modelli dei personaggi, che in linea con la visione di Yoshida sembrano usciti da un MMORPG, in particolare i tatuaggi sui volti dei personaggi che si possono scorgere in alcune cutscene, urlano personalizzazione personaggio MMO anni 2000. Il design dei personaggi, le forme, gli abiti e i volti non mi sembrano sufficientemente caratterizzati da risultare interessanti e spero vivamente che le linee di dialogo possano compensare quella che mio gusto è una messa in scena dozzinale.
In questi giorni se ne dicono tantissime su Final Fantasy XVI, come l’essere il primo FF rated 18+ per i suoi contenuti particolarmente duri, il fatto che Yoshida non voglia lavorare mai più ad altri titoli della saga (Sakurai, sei tu?), e man mano che l’uscita del titolo si farà più imminente, il topic è destinato a diventare sempre più hot.
Dal canto mio, spero vivamente che questo possa essere finalmente il grande ritorno di Final Fantasy che tutti stavamo aspettando. Ho bisogno di personaggi memorabili, colpi di scena, riflessioni profonde, ma soprattutto ho bisogno di un’esperienza che riesca ad essere altro dal solito divertissment che prima o poi ci inaridirà tutti.
Ne riparliamo a Giugno.