The Talos Principle 2 non è il seguito che ci saremmo aspettati di The Talos Principle, e anche per questo è eccezionale
Quando nel 2014 uscì The Talos Principle siamo un po’ caduti dalle nuvole: Croteam, quelli di Serious Sam, hanno fatto un puzzle game che riflette sulla natura dell’essere umano? Eh sì, è successo davvero, e The Talos Principle è tutt’ora un gioco incredibile. Nel gioco interpretiamo un androide che, appena risvegliatosi, viene accolto in un ambiente dalle architetture greco-romane da una voce che si identifica come Elohim.
L’avventura del nostro avatar si snoda attraverso una serie di puzzle e di terminali sui quali è possibile leggere scampoli di letteratura, vecchie chat ed e-mail e documenti che raccontano il passato. Nel corso del gioco scopriremo che l’umanità è finita per colpa di un virus, e che una ricercatrice ha avviato un progetto per conservare l’eredità dell’essere umano attraverso la realizzazione di androidi umanoidi. I robot non dovranno però solo farsi carico del bagaglio culturale del genere umano, ma anche affrancarsi dalla loro ipotetica guida, appunto Elohim, conquistando libero arbitrio attraverso i puzzle.
Durante il corso di The Talos Principle veniamo più volte stimolati a riflettere sulla natura dell’uomo e su cosa lo caratterizza come tale, all’interno di una struttura di gioco molto snella che alterna la lettura di documenti a conversazioni con un bibliotecario piuttosto cinico (Milton) e alla risoluzione di puzzle di difficoltà crescente.
E insomma, questo era quello che mi aspettavo da The Talos Principle 2, solo che non è andata proprio come prevedevo.
The Talos Principle 2 prende tutto quello che c’era nel primo capitolo e lo usa come punto di partenza, per poi rivelarsi un gioco piuttosto diverso. I pesi si redistribuiscono e la parte dialogica e narrativa diventa preponderante su quella relativa alla risoluzione dei puzzle. Non che questi diventino superflui nell’economia di gioco, ma sono più diluiti all’interno di un racconto molto più strutturato, di ampio respiro e meno relegato alla ricerca di file di testo facilmente saltabili. Non si tratta più, quindi, di scoprire attraverso ciò che è stato lasciato cosa è successo, chi siamo e dove siamo e qual è il nostro scopo, ma di un vero e proprio racconto che coinvolge il nostro protagonista e altri androidi con un obiettivo ben diverso da ricostruire il passato.
Se infatti The Talos Principle ragionava attorno alla natura dell’uomo, The Talos Principle 2 ragiona sull’evoluzione dell’umanità, sui suoi scopi collettivi, sul suo rapporto con la natura e con il mondo, sul concetto di progresso e sui suoi limiti. Superato e definito l’uomo, si passa alla collettività.
Il gioco riprende il racconto molto tempo dopo gli eventi raccontati nel primo, ma è un seguito diretto. Alla fine del primo la protagonista, che scopriamo ora chiamarsi Athena, ha fondato una città popolata da robot, New Jerusalem, e poi è scomparsa. New Jerusalem vive secondo le regole lasciate da Athena che riguardano l’espansione della città, come rapportarsi con la natura e gli animali e il divieto di superare la popolazione di mille androidi.
Il nostro avatar è proprio il millesimo, ma qualcosa disturba il discorso del sindaco di New Jerusalem per il raggiungimento dell’obiettivo: appare una gigantesca proiezione di Prometeo. Tracciata l’origine della proiezione il nostro protagonista e altri androidi formano una spedizione per saperne di più e così arrivano a una megastruttura e, ovviamente, a una lunga lista di puzzle.
The Talos Principle 2 diventa un gioco corale in questo modo. Ogni membro della spedizione è caratterizzato benissimo, ha una posizione diversa nella società di New Jerusalem e rappresenta un diverso modo di intendere la crescita e l’evoluzione di una società.
La megastruttura pone infatti un interrogativo e una sfida, e nella sfida l’obbligo di mettere in una nuova prospettiva i precetti di Athena. Durante il gioco non ci saranno solo enigmi da risolvere, ma anche tanti dialoghi con i nostri compagni di viaggio che incontreremo mentre esplorano a loro volta le diverse mappe del gioco (e a volte risolveranno anche degli enigmi al posto nostro). Sarà anche possibile esplorare la città di New Jerusalem, esplorarne il museo e conoscerne gli abitanti. Infine, nella civiltà dei nostri nipoti meccanici esiste anche un social network che mette in collegamento tutti gli abitanti della città e all’interno del quale saremo chiamati a confrontarci con gli altri sulle più disparate questioni, siano esse politiche o artistiche.
Tutto questo per descrivervi come The Talos Principle 2 metta al centro della sua riflessione proprio la collettività e il confronto all’interno di questa, cercando in ogni modo di costruire uno spazio di dialogo virtuale tra istanze politiche, sociali e filosofiche diverse.
Buona parte del gioco la passeremo proprio in questi spazi, a parlare e a interrogarci su cosa pensiamo sia giusto o più semplicemente preferibile. Parleremo durante le spedizioni di esplorazione, all’inizio e alla fine di queste, ma anche quando torneremo in città. Non c’è sostanzialmente mai un momento in The Talos Principle 2 in cui ci sentiremo soli, e questo è probabilmente il risultato principale del gioco: farci sentire costantemente parte di una comunità.
Se nel primo gioco l’uomo doveva capire chi fosse, ora dobbiamo capire invece chi siamo tutti insieme, dove vogliamo andare e soprattutto come farlo, posti di fronte a una novità – quella di una megastruttura tecnologicamente avanzatissima – potenzialmente tanto pericolosa quanto utile.
The Talos Principle 2 si affranca così dalla struttura più limitata del primo capitolo per trovare un respiro molto più ampio sotto il profilo narrativo, ma anche sotto quello più puramente tecnologico. La messa in scena di The Talos Principle è sontuosa, soprattutto se si pensa che si tratta di un gioco “indipendente”.
I paesaggi del gioco sono di grandissimo impatto, certamente grazie a una direzione artistica eccellente, soprattutto per quanto riguarda le architetture, ma anche sotto l’aspetto puramente tecnico. Le mappe sono grandi, troppo grandi se viste come contenitore delle diverse stanze che contengono i puzzle, ma della giusta grandezza se pensiamo al racconto di esplorazione e scoperta che The Talos Principle 2 vuole costruire. Si può camminare per diversi minuti nelle varie aree del gioco, ognuna con un tema diverso, solo per ammirare i diversi panorami.
In ultimo, chiaramente, ci sono i puzzle. Fatti in modo eccezionale e molto diversi da quelli del primo gioco, per quanto in assoluta continuità tanto che, se non si è giocato The Talos Principle, credo sia abbastanza difficile capire come funzionano alcuni oggetti.
Ma i puzzle per quanto ottimo sono meno interessanti questa volta. Non perché non siano divertentissimi e complicati il giusto, ma perché c’è tanto altro che avrei pensato essere di contorno e che invece diventa lo spirito vero del gioco. E in questo i puzzle assumono un valore ancora maggiore nell’economia del gioco. Sono dei tasselli dell’esplorazione, delle difficoltà da superare nel processo di ricerca e di scoperta. Noi risolviamo i puzzle perché siamo l’androide più bravo a farlo, mentre i nostri compagni si occupano di altre problematiche. I puzzle sono un ostacolo come un altro, e come tutti gli ostacoli servono anche a crescere e a imparare.
Se in The Talos Principle attraverso i puzzle imparavamo qualcosa cercando noi stessi, ognuno un gradino sulla scala per diventare umani, nel secondo i gradini sono parte di un problema più esteso da risolvere collettivamente. Non meno importanti, semplicemente meno centrali.
The Talos Principle 2 è un gioco che mostra una grandissima maturità da parte di Croteam, in grado di prendere un titolo di successo che sarebbe stato impossibile replicare uguale a sé stesso per trasformarlo in altro, facendolo crescere in qualcosa che ha sì la stessa carica dirompente, ma che riesce anche a diventare qualcosa di diverso, rimanendo fedele negli intenti più che nell’esecuzione allo spirito originale.