Nell’attesa di saperne di più su Dragon Age: The Veilguard approfondiamo il linguaggio non verbale di Solas

Articolo a cura di Francesca Del Signore

Con una presentazione sostanziosa di Dragon Age: The Veilguard attesa per l’11 giugno, sembra opportuno analizzare più dettagliatamente quello che forse è il personaggio più complesso e controverso della saga. Naturalmente, si parla di Solas, che con ogni probabilità giocherà un ruolo fondamentale nel capitolo imminente. La sua prima apparizione ufficiale all’interno dell’universo fantasy targato Bioware può essere rintracciata in Dragon Age: Inquisition, terzo capitolo della saga, in cui si presenta al protagonista come un elfo solitario e di umili origini, un mago eretico con una grande affinità al mondo degli spiriti.

All’interno del gioco, egli può rappresentare per il protagonista un compagno, un amico, un rivale e persino un amante. Eppure, come si scopre infine, Solas è molto più di ciò che dice di essere. Egli, infatti, è in realtà Fen’Harel, o temibile lupo, un’antica divinità elfica del pantheon degli Evanuris, nota per la sua natura – apparentemente – ingannevole e maligna. Si tratta, in verità, di una figura ben più complessa di così, ma facciamo prima un passo indietro, e attenzione agli spoiler.

Addormentato da millenni in una sorta di stasi, Solas si risveglia un anno prima degli eventi narrati in Dragon Age: Inquisition, in un mondo che non conosce più, ben diverso rispetto a quello che ricorda. Un mondo diviso in due, in cui la realtà fisica e concreta è separata dal reame metafisico, onirico e spirituale dell’Oblio da una sorta di barriera incorporea chiamata Velo, che può essere parzialmente attraversata solo nei sogni. Abituato quindi ad una realtà passata in cui tale barriera non esisteva, permettendo una coesistenza armonica dei due reami, egli considera il mondo attuale come lento, grezzo e, fondamentalmente, irrilevante, e sarà la disposizione del giocatore nei suoi confronti a determinare in tal senso un cambiamento, o meno, rispetto alla sua visione del mondo e dei suoi attuali abitanti.


Si tratta, pertanto, di un personaggio ben più complesso di quel che sembra, con una serie di obiettivi e motivazioni che trascendono la natura del semplice companion del protagonista, al quale deve anzi nascondere la propria vera identità. Per questo motivo, essendo un personaggio che comunica primariamente attraverso menzogne e omissioni, la comprensione del suo linguaggio non verbale potrebbe essere uno strumento fondamentale per tentare di capirlo davvero.

Per comprendere la natura del linguaggio non verbale e, di conseguenza, per analizzare più dettagliatamente quello di Solas, dobbiamo innanzitutto parlare della comunicazione. Essa può essere definita come lo scambio interattivo fra due o più partecipanti, dotato di intenzionalità reciproca e di un certo livello di consapevolezza, e capace di veicolare e far condividere un determinato significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali. La parola stessa comunicazione deriva dal latino communicatio, che significa appunto accomunare e condividere, sottendendo quindi un vero e proprio atto di condivisione tra i partecipanti. Si tratta, pertanto, di un fenomeno complesso, che non si riduce al semplice passaggio di informazioni da un emittente ad un ricevente, ma mobilita risorse cognitive, emotive e sociali.


Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, essa non è necessariamente e unicamente verbale, ma può essere anche non verbale e paraverbale.

La comunicazione verbale, infatti, è quella che avviene attraverso l’uso del linguaggio, sia scritto che orale, e che dipende da precise regole sintattiche e grammaticali. La comunicazione non verbale, invece, avviene senza l’uso delle parole, e passa dunque attraverso vari canali, quali la mimica e le espressioni facciali, lo sguardo, i gesti, le posture e le andature. La comunicazione paraverbale, infine, riguarda soprattutto i diversi aspetti della voce, come tono, volume e ritmo, ma anche le pause, le risate, il silenzio ed altre espressioni sonore.

Sia la comunicazione non verbale che quella paraverbale inviano messaggi, spesso inconsapevoli, di tipo emotivo. Di fatto, secondo Watzlawick, una delle cinque innegabili verità della comunicazione è che non si può non comunicare, proprio perché, anche senza l’uso delle parole, i nostri sguardi, le nostre espressioni, i nostri atteggiamenti e i nostri silenzi parlano per noi, comunicando qualcosa alle altre persone. Sulla base di ciò, lo psicologo Paul Ekman si è focalizzato sullo studio della comunicazione non verbale e, soprattutto, delle espressioni facciali. Nella sua teoria neuro-culturale, egli ha ipotizzato come alcune emozioni di base, come gioia, tristezza, rabbia, paura, sorpresa e disgusto, fossero associate ad espressioni facciali universali e, dunque, universalmente riconoscibili. Secondo le sue ricerche, condotte su numerosi soggetti appartenenti a diverse culture, alcune delle quali primitive e pre-letterate, il linguaggio del volto non era influenzato dalla cultura di appartenenza, ma aveva origini biologiche.

Date queste premesse, prendiamo ora in esame una scena significativa sul piano del linguaggio non verbale di Solas, confrontando i suoi diversi gesti ed espressioni in rapporto alla disposizione nei confronti del protagonista. La scena in esame è tratta dal DLC Intruso, nel quale Solas svela infine al giocatore di essere stato egli stesso a creare il Velo, nel tentativo di imprigionare il resto degli Evanuris e annullarne potere ed influenza sul mondo, come punizione per aver assassinato Mythal, dea della giustizia e grande protettrice del popolo elfico. Tuttavia, devastato dai risultati del suo stesso piano, che ha diviso il mondo in due realtà a sé stanti, danneggiandole, egli programma adesso di abbattere il Velo, con conseguenze potenzialmente catastrofiche per il mondo fisico attuale e per i suoi abitanti. Tale scena risulta particolarmente significativa, poiché è, a conti fatti, l’ultima diretta interazione tra Solas e il protagonista, nonché unica scena in tutto il gioco in cui egli si mostra – per quanto ne sappiamo – totalmente sincero rispetto alla propria identità e ai suoi piani per il futuro del mondo.

Analizzando il suo linguaggio non verbale in rapporto a diversi protagonisti, di cui un amico, un rivale e una amante, possiamo notare alcune cruciali, seppur sottili, differenze.

Per prima cosa, possiamo immediatamente notare come, a prescindere dal rapporto instaurato con il protagonista, Solas sembri genuinamente felice di vederlo. Unitamente con il suo linguaggio verbale – “sospetto che tu abbia delle domande” – dal suo volto possiamo ipotizzare che si senta sollevato all’idea di dare finalmente qualche risposta sincera, non dovendo più ricorrere a menzogne e omissioni. Tuttavia, nonostante la presenza del sorriso, è possibile notare che le sue sopracciglia sono leggermente inarcate verso il basso; osservando la sua espressione nella sua totalità, egli sembra quasi malinconico. Di fatto, questo incontro avviene due anni dopo la fine del gioco principale, dopo che Solas ha lasciato la squadra improvvisamente e senza dare spiegazioni. È dunque possibile ipotizzare che la sua espressione in questa scena denoti sì la gioia di rivedere il protagonista, nel bene o nel male suo compagno, ma anche il rimorso ed il senso di colpa per averlo abbandonato e ingannato.

Tuttavia, in questa prima scena, la sua espressione può mutare sensibilmente se un protagonista rivale, poco interessato alle prolisse spiegazioni di Solas, si mostra noncurante e sbrigativo; in quel caso, il volto di Solas assume un’espressione di malcelata rabbia e fastidio, e tutta la sequenza, normalmente lunga e ricca di contenuti, termina poco dopo.

Nella scena successiva, in cui Solas rivela finalmente al protagonista di essere in realtà Fen’Harel, discutendo di come un titolo possa sostituire ed oscurare del tutto la persona che lo porta, la sua espressione appare piuttosto neutra con un
protagonista amico o rivale, mentre sembra sensibilmente più comprensiva e dispiaciuta con un protagonista di cui è innamorato.

Successivamente, dopo aver ottenuto da Solas alcune risposte importanti relative al passato, il protagonista chiede cosa egli abbia in mente per il futuro. A quel punto, Solas distoglie lo sguardo e si volta. Sebbene questo avvenga in tutti i casi, denotando la difficoltà del personaggio a sostenere lo sguardo del protagonista, è possibile notare delle sottili e quasi impercettibili differenze tra l’espressione rivolta ad un protagonista amico o rivale e quella rivolta ad una protagonista amata: nel primo caso, egli sembra preoccupato, le sue sopracciglia rivolte verso il basso, ma anche più sicuro di sé, come suggeriscono i suoi occhi aperti, quasi fosse sì dispiaciuto per quello che deve fare, ma anche determinato a farlo; nel secondo caso, invece, egli aggrotta leggermente le sopracciglia e sembra quasi arrabbiato, eppure, i suoi occhi sono chiusi.

È evidente come il pensiero di dover infine combattere e mettere in pericolo un protagonista che ama lo faccia soffrire molto, mutando impercettibilmente la sua espressione, negli altri casi più sicura, in una amareggiata ed insicura. È dunque possibile ipotizzare che la rabbia provata in quel singolo istante sia più rivolta verso se stesso che verso il protagonista.

Continuando la conversazione, Solas fa notare al protagonista come la creazione del Velo abbia reso il mondo un luogo completamente diverso, privo di qualsiasi connessione cosciente con l’Oblio e, pertanto, lento e irrilevante. A quel punto, il protagonista gli domanda se egli abbia mai realmente pensato a loro, i suoi compagni ed amici, come persone vere e proprie. Anche in questo caso, la risposta verbale, così come quella non verbale, di Solas, cambia in base alla disposizione nei confronti del protagonista.

Difatti, se quest’ultimo ha una relazione romantica o amicale con Solas, egli si mostra nettamente più triste, affermando verbalmente che, sebbene inizialmente non considerasse reali gli abitanti del mondo attuale, il protagonista ha contribuito a fargli cambiare idea. Eppure, per quanto difficile, sente comunque di dover andare fino in fondo con il suo piano e, nel dirlo, distoglie ed abbassa lo sguardo. È chiaro che, nonostante Solas ribadisca più volte la sua determinazione, la prospettiva di ciò che sente di dover fare lo fa soffrire.

Di contro, egli si mostra nettamente più stoico e indifferente con un protagonista rivale, e cambia anche il suo linguaggio verbale. In questo caso, infatti, egli afferma di non considerare gli attuali abitanti del mondo come persone vere e, quando finalmente distoglie lo sguardo, non è più al pensiero delle implicazioni catastrofiche del suo piano imminente, ma piuttosto in merito all’errore commesso in principio creando il Velo, come confermato dalle sue stesse parole. Curiosamente, in questo caso cambia anche l’inquadratura, nettamente più lontana, quasi a rimarcare il suo distacco emotivo rispetto al mondo così com’è oggi. Ciò sottende una determinazione molto più marcata, nonché una quasi totale indifferenza nei confronti dei danni che il suo piano arrecherà al protagonista e al mondo intero.

L’ultima scena è quella che presenta più differenze a livello di linguaggio verbale e non verbale. È la scena in cui, infine, Solas rimuove l’Ancora – e con essa buona parte del braccio – dalla mano sinistra del protagonista. Tale potere, infatti, seppur necessario al giocatore per tutta la durata del gioco, lo sta ora uccidendo. Durante il processo di rimozione, le parole, i gesti e le espressioni di Solas cambiano drasticamente in base alla disposizione nei confronti del protagonista.

Con un amico, infatti, egli si mostra dispiaciuto e rattristato: gli angoli della sua bocca sono rivolti verso il basso, poi distoglie e abbassa lo sguardo e, infine, chiude gli occhi. Sa cosa sta per succedere, sa che il processo lascerà mutilato il suo amico, e ne è profondamente dispiaciuto. È inoltre opportuno sottolineare che il potere del protagonista deriva dall’artefatto usato da Solas per creare il Velo, dunque egli è direttamente responsabile di quanto sta accadendo. Pertanto, è possibile ipotizzare che si senta altresì molto in colpa. Davanti alla sofferenza del protagonista, che a questo punto è crollato a terra in preda a dolori lancinanti, Solas si inginocchia davanti a lui, gli prende la mano e, infine, scusandosi, la rimuove magicamente.

Analogamente, con un protagonista amato egli mostra inizialmente la stessa espressione dispiaciuta e triste sopracitata. Quello che cambia in questo frangente è il suo linguaggio verbale: si rivolge alla protagonista chiamandola vhenan, parola elfica per dire mia amata. Poi si inginocchia e, sentendo le sue grida di dolore, la sua espressione si intensifica ulteriormente: il suo sguardo, prima rivolto verso il basso, si alza immediatamente verso la protagonista, il suo volto uno di profonda sofferenza. Nuovamente, questa volta con voce rotta, si rivolge a lei chiamandola “amore mio” e, baciandola un’ultima volta, rimuove magicamente la sua mano.

Di contro, infine, Solas appare estremamente più freddo e distaccato con un protagonista rivale. Il suo sguardo è stoico, le sue sopracciglia sono leggermente aggrottate, e nelle sue parole non c’è alcuna compassione per il dolore provato dal protagonista. Egli resta in piedi, spiegando la situazione in modo pratico e indifferente, poi gli afferra bruscamente la mano e, con un gesto netto, la rimuove magicamente, affermando che la sua morte, semplicemente, sarebbe inutile, lasciando intendere che, in caso contrario, probabilmente l’avrebbe anche ucciso.

In conclusione, trattandosi di un personaggio complesso e dalle molte sfaccettature nascoste, i cui reali obiettivi e piani sono ancora perlopiù avvolti nel mistero, la comprensione generale del suo linguaggio non verbale potrebbe fornire alcuni indizi su ciò che avverrà nel, si spera imminente, prossimo capitolo. Da questa analisi, infatti, possiamo dedurre che, sebbene sembri molto determinato a portare a termine il suo piano a qualunque costo, egli abbia comunque delle reticenze, soprattutto se il protagonista è stato importante per lui. Se questo si rivelerà vero o no, e se sia possibile redimerlo, è ancora da vedere. Una cosa però è certa: che lo si ami o lo si odi, Solas risulta un personaggio così squisitamente complesso da rendere quantomai auspicabile il noto proverbio del gioco: che il Temibile Lupo possa prenderti.