“…mentre il mondo pian piano spariva lontano laggiù”
Gravity Rush fu una delle poche perle per la sfortunata console Ps-Vita. Un titolo originale, innovativo, dal notevole valore artistico e non ultimo, un titolo che utilizzava e valorizzava le caratteristiche della portatile di Sony, come il sensore di movimento e i controlli touch. Ebbene, la recente riedizione per PlayStation 4, nominata per l’occasione Gravity Rush Remastered, espande tutto ciò che c’era di buono nella versione per Vita, salvo ovviamente il sistema di controllo originale.
Per chi non lo conoscesse, e probabilmente sono in tanti, Gravity Rush è un action adventure strutturato come un free roaming, che vi lascia quindi totale libertà di spostamento nel mondo di gioco. E proprio nello “spostamento” che risiede la principale peculiarità del titolo di Japan Studio: la protagonista Kat infatti, può muoversi alterando a suo piacimento la gravità, volando, o forse sarebbe meglio dire “precipitando” in ogni direzione, e favorendo cosi un’esplorazione dell’ambiente a 360 gradi, ricordando vagamente Super Mario Galaxy. Ma ancor più del titolo di Nintendo Gravity Rush sembra un gioco uscito dalla ludoteca di Dreamcast, con una vena stilistica cosi “giapponese” e accattivante, con un gameplay fresco, veloce, arcade e preciso, con un tocco di Sonic e una spruzzata di Nights into Dreams. Ma parlavamo di gravità.
Kat è una giovane ragazza che senza memoria sul suo passato si trova nella cittadina sospesa nell’aria di Hekseville, e in questa location caratterizzata da note di architettura europea in chiave steampunk, dovrà affrontare la minaccia dei Nevi, misteriosi “mostri” neri e dalle forme più svariate, che in qualche modo sono connessi agli eventi che hanno portato Hekseville ad essere isolata e separata dal resto del mondo.
Tutto quello che potremmo fare per proteggere la città è utilizzare i poteri della gravità. Oltre a poter planare avremmo a disposizione infatti un calcio “gravitazionale” che, inquadrato l’obiettivo a mezz’aria, lancerà a tutta forza la nostra Kat verso il nucleo del nemico (ognuno ne ha uno da scoprire e colpire). Avremmo inoltre a disposizione tre super attacchi che trasformeranno Kat in una trivella umana, in un “buco nero semovibile”, o ci permetteranno di lanciare proiettili dal grande potenziale distruttivo. Inoltre Kat potrà sfruttare le poche risorse dell’ambiente circostante, come scatoloni, vasellame, barili e roba di genere sollevandole da terra e scagliandole contro i nemici. Per muoverci più velocemente sulle superfici invece, avremmo la possibilità di scivolare a grande velocità per un periodo di tempo limitato. Infine, potremmo anche darci al combattimento più prettamente melee fatto da semplici sequenze di calci e schivate, ma francamente direi che è l’aspetto del combat system meno sviluppato.
Tutte queste abilità in ogni caso compongono un gameplay estremamente bilanciato e divertente che da una parte renderà il vostro gioco sempre più veloce, fluido e preciso mano a mano che riuscirete a padroneggiare ogni singola skill di Kat, dall’altra vi spingeranno a cercare le centinaia di gemme viola sparse per la città in grado di accrescere la durata e l’efficacia delle singole mosse. Il bello però è che questa semplice struttura di gioco è altamente appagante grazie al meraviglioso “contorno” che Gravity Rush Remastered butta sul piatto in ogni suo aspetto. Se consideriamo che veniamo da PS Vita, l’impatto grafico è di per sé già un mezzo miracolo: 1080p a 60 frame per secondo solidi e costanti, texture e sistema di illuminazione migliorati ma soprattutto una direzione artistica che ben si prestava ad un aggiornamento di hardware sin dalle sue origini. Infatti Gravity Rush vive di scelte cromatiche suggestive, di splendide animazioni in volo, di personaggi in cell shading che non necessitavano altro che di una leggera levigatura per esprimere al meglio la loro valenza stilistica. Le musiche poi non sono certo da meno, oniriche o incalzanti che siano a seconda della situazione, immergono il giocatore nel mondo creato con forza e carattere.
Insomma dal punto di vista artistico Gravity Rush sembra quasi l’universo di un film dello Studio Ghilbi e per quanto riguarda il gameplay è una perla che sicuramente ha ragion d’essere soprattutto come lauto antipasto al sequel già in programmazione per quest’anno. Dove inciampa un po’? Beh, ha alcuni limiti. Tecnicamente lo abbiamo elogiato ma inevitabilmente gli mancano un bel po’ di “orpelli”, la città di Hekseville ha pochi abitanti, poca vita, poco di tutto, ed è spigolosa e non così varia nelle sue diverse sezioni (ognuna in ogni caso ricrea una propria atmosfera), poco male nel complesso, ma rimane comunque un punto su cui lavorare parecchio per il futuro. Inoltre va detto che per quanto il level design sia ottimo e le missioni principali piuttosto generose per esaurire tutte le potenzialità della formula di gioco prima di annoiare, ma non cosi presto da non sfruttarla completamente (grazie anche alle molte e divertenti sfide a tempo/punteggio disponibili), si poteva fare qualcosina in più per le quest secondarie, poche e non cosi riuscite. Non sono uno che vuole collezionabili e secondarie a tutti i costi, anzi trovo che spesso finiscono per diluire inutilmente le dinamiche di giochi nati per una fruizione disarticolata fluida e veloce, come di fatto ritengo questo Gravity Rush. Vero è anche che se si decide di fare un open world qualcosa bisogna inventarsi. Ciò nonostante niente intacca in maniera indelebile la brillantezza di questo diamante che probabilmente con Gravity Rush 2 esprimerà completamente tutto il suo potenziale.