Walter Chendi fa il Buzzati a fumetti.
Maledetta Balena, edito da Tunué, è un romanzo grafico che ci racconta, con incredibile delicatezza eppure catturando con forza la nostra attenzione, la storia di un marinaio italiano della seconda guerra mondiale, in servizio come cuoco su una grandissima nave, la “balena” del titolo, ormai quasi abbandonata. Dove sta il segreto di questa attrazione che l’autore esercita su di noi? Chi vi scrive di solito trova questo tipo di storie prive di mordente, e invece Maledetta Balena questo mordente ce l’ha. Perché? La risposta è complicata, cerchiamo di capirlo insieme.
Prima buona idea: lo sdoppiamento temporale. La storia è raccontata per metà dal passato, cioè mentre avviene, e per metà dal futuro (che poi è il presente di chi legge), quando il protagonista è ormai un anziano segregato su un letto d’ospedale. Noi stessi viviamo questa linea temporale attraverso la visuale soggettiva del protagonista, immedesimandoci al massimo con lui e con la sua situazione di “prigionia”. Vorremmo alzarci, scappare, e vederci, ricordare tutto su di noi, e dato che il protagonista non sembra in grado di farlo, la tensione che ne deriva ci tiene attaccati alle pagine.
Certo, qualcosa ci viene concesso: i ricordi che tornano lenti da un passato vecchio di decenni, insieme a un flusso di coscienza umanamente spaesato e sempre azzeccato, a livello di sceneggiatura. È la storia di Giovanni, il cuoco marinaio sulla nave, la sua piccola avventura, e quella di chi lo circonda. È il passato. Per scoprire tutto, insomma, dobbiamo fare il “giro lungo”, e grazie a un intelligente alternarsi di passato (in quantità maggiore) e presente (ogni tanto, a staccare) non ci si annoia mai. Il famoso giro non ci sembra tanto lungo e, anzi, se lo fosse di più non sarebbe un problema.
Seconda buona idea: la tensione causata dall’ignoto. Per questo abbiamo definito l’autore, Walter Chendi, un Dino Buzzati a fumetti. Avete presente Il Deserto dei Tartari? Si tratta di un breve romanzo dove il protagonista è bloccato al confine di un paese costantemente minacciato dall’arrivo dei Tartari, nemici che, tuttavia, sembrano non arrivare mai. Al di là delle conclusioni leggermente divergenti (o forse divergenti non sono, e lo dico per non farvi spoiler… no, scherzo, sono divergenti, ma non vi dico come o perché), in questo fumetto la guerra, che è già in atto ma ancora non tocca il mare italiano, ha la stessa funzione dei Tartari.
Giovanni, riassegnato alla nave del suo destino per un precedente infortunio, quindi casualmente, scopre poi segreti su quest’ultima che lo terranno bloccato lì, a fare il suo dovere, tenendosi tutto dentro senza permettersi distrazioni. Ma le distrazioni, come al solito, arrivano, neanche a dirlo, sotto forma di donna. E il clima è quello giusto, cioè di tensione quasi soprannaturale, pur trattando temi assolutamente terreni, perlomeno in tempo di guerra. Ogni scoperta ha il sapore dell’inquietante, ogni tentazione profuma di piacere proibito. Persino le situazioni di tranquillità sono rese anomale dal fantasma aleggiante del nemico. Esattamente come in Buzzati. PS: per chi ha letto Buzzati e ne è rimasto deluso, state tranquilli, Maledetta Balena è molto più pieno di eventi e le promesse di conflitto sono mantenute.
Veniamo ai lati negativi, beninteso, pochi e che non minano questa “esperienza” a fumetti. Alla fine dei giochi, senza fare spoiler, si ha la sensazione che qualcosa rimanga irrisolto, senza risposta, o meglio senza spiegazione dedicata. Le emozioni viaggiano sempre forte, al di là di quello che razionalmente succede sulla pagina. Questo è un grande pregio. Viene da chiedersi, perciò, perché alcune cose vengono lasciate un po’ così. E poi scopri che l’opera è, almeno parzialmente, biografica, o comunque è ispirata a una storia vera. Non sappiamo in che misura, ma questo ci suggerisce perché quell’inconcludente ci ricordi tanto la vita.
Ma questo, almeno per me, non è un bonus. Persino quando si racconta una storia vera al 100%, si deve scegliere un senso da raccontare, quello stesso senso che chi vive stenta a trovare e che, per questo, ricerca nelle opere di narrativa. Maledetta Balena è un romanzo grafico maledettamente (ehr) interessante, e mette in scena delle trovate che sono anche premesse. Il fatto che alcune di queste non siano perfettamente spiegate-motivate dalla conclusione della storia non può essere giustificato dal fatto che “la vita è così”, perché è vero che la vita è così ma una storia non lo è. Mai.
Ma al di là di questo, lo ripetiamo, quello di Walter Chendi è un ottimo fumetto, sorprendente, intrigante in maniere che oltrepassano il razionale, e infatti le emozioni che suscita vivono di vita propria e “se ne fregano” che qualcosa non sia spiegato fino in fondo. Questo, se non quanto detto prima, è una compensazione soddisfacente. E senza dubbio Maledetta Balena è una lettura di cui non ci si pente.
Ultimo, ma niente affatto meno importante, appunto da dedicare ai disegni, e non solo. Il gusto per i dettagli è pregevole, ma quello che colpisce di più è l’uso sapiente delle inquadrature. Delle soggettive in ospedale abbiamo già parlato, ma si trovano altre belle angolazioni di camera che si ergono a vero strumento di narrazione, oltre all’oggettiva bellezza delle tavole. È vero che forse lo stile non è immediatamente “aperto” e “esplosivo” come tanti altri che spopolano tra i fumetti web, ma forse proprio per questo diventa più affascinante quando, dopo qualche tavola (e nemmeno troppe), vi troverete ad apprezzarlo. D’altronde, a volte, è la conquista a farci innamorare.