Tutto quello che c’è da sapere sul prologo di Civil War II
È uscito ormai già da un po’ in edicola e in fumetteria il numero 0 del nuovo grande crossover di casa Marvel. Dopo Secret Wars, si tratta di un altro “ritorno” di un vecchio concept, e stavolta tocca a quella Civil War che tanto ha riscosso successo in passato e, naturalmente, ha da poco visto una trasposizione cinematografica con il terzo film di Capitan America.
Prima specificazione da fare: è vero che il film prendeva il fondamento della saga, cioè una guerra civile tra supereroi, e lo declinava secondo le proprie necessità, ma è anche vero che rimaneva più o meno ancorato ai concetti del “copione” a fumetti. Nella versione cartacea, in seguito a un incidente che coinvolgeva una persona con superpoteri, si imponeva ai supereroi un Atto di Registrazione, per essere inquadrati in un sistema codificato da regole e leggi. Alcuni lo appoggiavano, tipo Iron Man, altri si ribellavano, tipo Capitan America, e in mezzo c’era qualche indeciso, tipo Spiderman. Nel film, la sensazione di déjà-vu è inevitabile.
Con questa nuova Civil War, invece, le cose cambiano. Ma in fondo è naturale che sia così, è la Civil War II e non somiglia alla prima più di quanto le Secret Wars dell’anno scorso somigliassero a quelle del 1984. Ma allora perché riesumare il vecchio titolo, affibbiandogli un iconico “II”? Perché oggi, e tale sarebbe un fenomeno da approfondire, basta una somiglianza di concetto con il passato a giustificare il suo riutilizzo. E la cosa conviene. Perché sforzarsi di diversificare, quando si costruiscono mega-eventi e crossover da più di 50 anni, quando l’utenza ciclicamente è disposta a riassorbire le stesse idee declinate secondo schemi più moderni (parliamo infatti del riciclo di concept, non di contenuti)?
In più, ad alimentare questo circolo ci si è messo pure il cinema, legittimato più che mai oggi a riscoprire classici del passato del fumetto, a volte prendendo da quest’ultimo poco più che titolo e personaggi principali. Avengers 2: Age of Ultron, prende il nome da una celebre saga Marvel pubblicata nell’anno precedente alla pellicola (anche quella, come Civil War II, sceneggiata da Bendis), ma di tale saga ha soltanto quello e il villain. Ovviamente non si può riprodurre pedissequamente una storia sviluppata a fumetti su grande schermo, con personaggi e budget (nei fumetti si può disegnare qualsiasi cosa) limitati, lanciandola su un tipo di utenza diverso. Ma se, al fumetto, si può agganciare il film in qualche modo, allora non farlo è ormai considerato pura follia. Il già citato Age of Ultron, il precedente Winter Soldier, Civil War, Ragnarok, gli stessi imminenti Defenders sul piccolo schermo e gli ultimi (?) due film sui vendicatori, sulle Infinity Wars.
E, in occasione dei nuovi film, con la bava dei fan amplificata dal ritorno di vecchi titoli (letteralmente) al cinema, ecco che si coglie anche una seconda occasione, quella di far rivivere tali saghe storiche anche nei fumetti, con ristampe ma soprattutto con nuove iterazioni. Questo porta alla nascita di Civil War II, crossover esordiente in America in concomitanza con il quasi omonimo terzo Capitan America e andato avanti per otto mesi. Solo ora arriva qui da noi e, di conseguenza, ne percepiamo molto meno l’opportunismo commerciale, che tra l’altro, di per sé non è un valore condannabile.
Purché il fumetto offra nuovi e interessanti contenuti.
È questo il caso? La risposta è… che non lo sappiamo, non ancora. È da poco uscito il consueto “numero 0” della saga, consistente in poco più di un prologo. No, scusate, consiste in molto meno. 30 pagine scarse fanno da introduzione alla saga, presentandoci alcuni dei personaggi che ne saranno protagonisti, le altre 30 vengono da un’altra storia, anche decente ma completamente fuori tema.
Perché succede questo? Perché le pubblicazioni americane sono mensili ma costano della metà delle pagine (costando peraltro come le nostre, lunghe il doppio). Perciò spesso si deve ricorrere a piccoli episodi one-shot, usati come riempitivi. Qualche volta attengono concettualmente ai temi della saga. Qualche volta no. Lasciamo stare la seconda storia, quindi, e analizziamo il poco che ci ha dato in anti-pasto la prima, cioè il prologo vero e proprio.
Non vi mentiremo, anche quello è poca roba. È consuetudine precedere le grandi saghe con un numero 0 di presentazione, che si rivela puntualmente superfluo. È quasi “giusto” che sia così. Il numero 0 deve essere un’aggiunta per i più appassionati, ma non può diventare una mancanza per chi ne ignorasse l’acquisto. La saga vera inizia dal numero 1.
Di qui in avanti, piccoli spoiler, ma niente di eclatante o che rovini alcunché. In questo particolare numero 0 incontriamo Capitan Marvel (alias supereroistico di Carol Danvers, pellicola con Brie Larson in arrivo), psicanalizzata dal Doc Samson (se non sapete chi è tranquilli, non vale la pena saperlo, limitiamoci a dire che è un super-psicologo parzialmente irradiato da raggi gamma). La donna è tormentata dal senso di responsabilità nei confronti del mondo, anzi, dell’universo intero. Il suo obiettivo è risolvere i problemi prima che questi si presentano, o almeno cercare di farlo, ma è davvero possibile? Ed è possibile vivere con un simile peso sulle proprie spalle?
Sullo stesso tema vertono anche le scene dedicate a Jennifer Walters aka She-Hulk, nella veste di avvocato difensore di Jonathan Powers, un ex-supercriminale di bassa lega (Jester) accusato sulla base di intercettazioni telefoniche, e nessun crimine, e War Machine (alias di James Rhodes, tra l’altro recente fiamma proprio di Cap. Marvel), in azione a Latveria, impegnato a prendere la situazione di guerriglia sotto l’ala “protettiva” degli Stati Uniti. È facilissimo intuire quale sarà il tema della saga e dello scontro: è giusto agire in anticipo rispetto ai problemi? O la cosa finisce per privare gli esseri umani, persino se criminali, dei loro diritti, del loro libero arbitrio? Voi da che parte stareste?
Succede qualcos’altro, e in generale Brian Michael Bendis è come sempre abile a sceneggiare un mondo che respira coerentemente, come farebbe anche il nostro se avesse al suo interno dei supereroi. Cosa vuol dire? Beh, che ad esempio, considerata la fama degli eroi, idoli del pubblico oltre che difensori (quasi sempre) del giusto, non è impossibile pensare che qualcuno di loro intraprenda una carriera politica, o che gli venga offerta dall’alto… Stringendo, il dilemma etico è sempre lo stesso: da un grande potere derivano grandi responsabilità, ma dove si fermano queste responsabilità?
Ultima nota, oltre alle tavole stupendamente disegnate da Oliver Coipel e altrettanto magistralmente colorate da Justin Ponsor, è l’ennesimo ritorno della Nebbia Terrigena come strumento di trama, apparentemente ormai irrinunciabile. Considerate che la grande nebbia che gira per il mondo e “attiva” tutti gli Inumani latenti, con relativi poteri, è stata liberata da Freccia Nera (leader degli Inumani) alla fine di Infinity, due grandi saghe fa! Sarà che chi vi scrive non è particolarmente affascinato dagli Inumani, nonostante (o forse proprio per) i continui tentativi recenti di Marvel di rilanciarli al posto degli X-men, dato che solo dei primi posseggono ancora i diritti cinematografici e televisivi. Ma, ad ogni modo, forse sarebbe ora di smetterla di mettere in moto trame e sottotrame perché si sveglia qualche nuovo inumano latente… a causa della nebbia. Stavolta è stato il turno di Ulysses, sul cui potere ancora non sappiamo quasi nulla ma possiamo ben intuire che si tratterà di qualcosa di grosso, che costringerà la comunità dei supereroi a confrontarsi molto “direttamente” sui temi trattati poco sopra.
Insomma, al di là di un prologo davvero striminzito, ci troviamo di nuovo alle porte di una saga che riprende un vecchio concept, per svecchiarlo e rinnovarlo, fenomeno che vede fumetto e cinema agire parallelamente. Per quanto in questo numero 0 non succeda quasi niente, lascia presagire decentemente quali saranno le grandezze e i dilemmi morali dei prossimi capitoli.
Noi di Stay Nerd, di conseguenza, vi accompagneremo numero per numero in questa nuova Civil War, sperando che sappia distinguersi dal passato quanto basta per conquistare nell’immaginario comune qualcosa di più di un titolo già noto e un “II” aggiunto in coda.