Quarta Puntata: le Carte di Propp
Perché leggiamo una storia? I motivi possono essere molti. Ad esempio, io ho sempre amato i romanzi di Agatha Christie per come tutta una serie di elementi si intrecciano per poi essere dipanati dal protagonista al fine di scoprire chi abbia commesso il delitto. I romanzi di Salgari invece mi appassionavano per l’ambientazione e le descrizioni esotiche di luoghi e personaggi. Eppure alla fine tutto si riconduce a un solo aspetto: emozionarsi. Si legge per provare delle emozioni e magari delle affinità con uno o più personaggi o situazioni. Quando si scrive, quindi, più che l’originalità della trama o la complessità dei personaggi, quello che rende un romanzo davvero interessante è la capacità di suscitare emozioni. Ovviamente il difficile è farlo lungo tutto lo svolgimento del racconto, cercando di evitare di creare aspettative che poi non si è in grado di soddisfare. Così come una sinfonia non può essere tutto un continuo crescendo ma deve vedere l’alternarsi di movimenti lenti e rapidi, moderati e allegri, così una storia non può essere solo mistero o tensione, ma deve proporre scene diverse capaci di sviluppare nel lettore emozioni differenti.
Lo scrivere quindi fa leva, ancora prima che su aspetti di natura culturale, politica, religiosa o comunque di genere, sulla psicologia del lettore e, dato che al di là dell’etnia, della nazione di origine, del genere e dell’età, la psicologia di base è un elemento che ci accomuna tutti, esistono degli specifici criteri per ottenere questo. Chiariamo tuttavia una cosa: non sono vere e proprie regole né tantomeno leggi che debbano essere seguite alla lettera. Si tratta semmai di principi guida che, come tutte le indicazioni, possono essere violati e persino ignorati. Tuttavia, se lo si fa, bisogna capire cosa ci sia all’origine di certi meccanismi e quindi quali conseguenze possa avere il prendere un’altra strada. Nella scorsa puntata abbiamo visto il Viaggio dell’Eroe, ovvero un modo di strutturare una trama basato principalmente su un certo numero di archetipi e su una serie di passaggi che formano, nel complesso, appunto, il “viaggio” del protagonista. Questo modello, usato non solo nelle sceneggiature di molti film e nella stesura di romanzi, ma anche in ambito psicoterapeutico, ha un precursore nell’analisi che il linguista e antropologo russo Vladimir Propp fece delle fiabe di magia e in particolare delle origini storiche della fiaba nelle società a carattere tribale e nei riti di iniziazioni.
In particolare Propp individuò 7 personaggi chiave presenti più o meno in tutte le fiabe che prese in esame.
- L’eroe, ovvero il protagonista della storia, colui che deve compiere l’impresa e trionfare al termine della storia.
- Il mandante, ovvero chi spinge l’eroe a intraprendere la sua missione, spesso dando visibilità a un problema o a una mancanza.
- L’antagonista, ovvero colui che si oppone all’eroe e cerca di impedirgli di portare a termine l’impresa.
- L’aiutante, ovvero chi, avendo spesso capacità magiche, aiuta l’eroe nella sua ricerca.
- Il donatore, ovvero chi addestra o prepara comunque l’eroe all’impresa e spesso gli dona un oggetto magico che gli servirà per portarla a termine.
- La principessa, ovvero il premio finale dell’eroe, il quale deve avere successo per poterla sposare, anche perché spesso l’antagonista si oppone alle nozze.
- Il falso eroe, che si sostituisce all’eroe con l’inganno e cerca di prendersi il merito della riuscita dell’impresa.
Ovviamente non sempre il premio consiste nello sposare una principessa, anche se questo atto rappresenta spesso anche la conquista di un regno o comunque di una corona, ovvero di una posizione di potere. Se la storia è legata a un amore contrastato, allora spesso c’è anche un ottavo personaggio, ovvero il padre di lei, che ha il compito di smascherare il falso eroe e sposare i due giovani. Spesso uno stesso ruolo può essere ricoperto da più personaggi, come quando si ha più di un antagonista. Similmente, uno stesso personaggio può ricoprire più ruoli, come ad esempio quello di antagonista e falso eroe.
È importante capire che questo modello è legato a una tradizione popolare specifica e pur tuttavia è applicabile, con le dovute variazioni, anche a storie più moderne, ambientate nella nostra epoca e legate a strutture sociali molto differenti. Non dobbiamo farci trarre in inganno dai termini usati. Ad esempio, è chiaro che se il nostro eroe è una ragazza appassionata di informatica che scopre un complotto internazionale per ricattare uomini e donne di potere, sia nel governo che nelle maggiori imprese del Paese, grazie a una nuovissima app che in realtà serve a spiarli, il premio non sarà certo quello di convolare a nozze, fosse anche con il co-protagonista maschile del romanzo, ma piuttosto lo svelare a tutti la verità e quindi far fallire la cospirazione.
Propp individuò inoltre 4 fasi nello svolgersi della storia.
- Una situazione iniziale di equilibrio che rappresenta la stabilità, in cui tutto sembra procedere come deve.
- La rottura di questo equilibrio che porta all’evidenziazione di un problema o di una mancanza e che rappresenta il movente che porta l’eroe a intraprendere la sua ricerca.
- Il viaggio vero e proprio, ovvero tutta una serie di peripezie che l’eroe si trova ad affrontare lungo il percorso.
- Il ristabilimento dell’equilibrio e la conseguente conclusione della storia, nella quale l’eroe raggiunge finalmente il traguardo e può esigere il suo premio.
Queste fasi vedono lo svilupparsi di 31 funzioni.
- L’allontanamento, ovvero la partenza dell’eroe o di un altro personaggio, un parente se non addirittura la stessa principessa, dalla sicurezza dell’ambiente iniziale.
- Il divieto, ovvero una proibizione che viene imposta all’eroe o quantomeno il consiglio di non fare qualcosa.
- L’infrazione, ovvero la violazione del divieto da parte dell’eroe, cosa che spesso causa l’ingresso nella storia dell’antagonista o comunque ha conseguenze negative per il protagonista o qualcuno a cui lui tiene.
- L’investigazione, generalmente fatta dall’antagonista nei confronti dell’eroe, ovvero un’attività che ha lo scopo di trovare informazioni sul protagonista, mentre più raramente succede il contrario, ovvero è l’eroe a informarsi sull’antagonista.
- La delazione, ovvero l’ottenimento da parte dell’antagonista delle informazioni di cui ha bisogno per contrastare l’eroe.
- Il tranello, ovvero una trappola che permette all’antagonista, grazie alle informazioni ottenute, di catturare l’eroe o qualcuno a cui tiene, o di ottenere i suoi averi o qualcosa di importante che possiede.
- La connivenza, ovvero una situazione nella quale l’eroe viene indotto dall’antagonista ad aiutarlo, a fare qualcosa di sbagliato con l’inganno e, spesso, a procurargli qualcosa che gli serve.
- Il danno, ovvero un’azione in cui l’antagonista danneggia l’eroe o qualcuno a cui lui tiene, oppure una situazione in cui qualcuno vicino al protagonista, se non lui stesso, rileva una qualche mancanza, una perdita.
- La mediazione, ovvero l’acquisizione da parte dell’eroe del danno o della mancanza di cui è responsabile l’antagonista.
- Il consenso, ovvero il momento chiave della vicenda nel quale l’eroe decide di reagire, di ribellarsi e porre rimedio alle malefatte dell’antagonista, incluse quelle che lo hanno visto ignaro complice dello stesso.
- La partenza, ovvero l’inizio del viaggio, della ricerca che porterà l’eroe, dopo aver subito una serie di peripezie, al successo.
- La funzione del donatore, ovvero un momento preparatorio nel quale il donatore mette alla prova l’eroe, prima di dargli aiuto in qualche modo o donargli un oggetto magico.
- La reazione, nella quale l’eroe supera o fallisce la prova, ma comunque fa qualcosa, diventa per la prima volta elemento attivo e consapevole della storia.
- La donazione, ovvero il momento in cui il donatore aiuta l’eroe, dandogli in genere qualcosa che gli permetterà di avere successo nella sua impresa.
- Il trasferimento, ovvero il passaggio in cui l’eroe si reca nel luogo dove si trova l’oggetto della sua ricerca o, quantomeno, gli viene indicata la strada da percorrere.
- La lotta, quando l’eroe e l’antagonista si scontrano direttamente per la prima volta.
- La marchiatura, dove all’eroe viene impresso un marchio, viene ferito o comunque riceve un altro oggetto di un qualche tipo che permetterà poi di identificarlo.
- La vittoria, che vede la sconfitta dell’antagonista e il successo dell’eroe.
- La rimozione, ovvero quando viene posto rimedio al danno iniziale o si risolve la mancanza che era stata rivelata prima della partenza dell’eroe.
- Il ritorno, ovvero quando l’eroe inizia il suo viaggio di ritorno a a casa.
- La persecuzione, che vede l’eroe venire aggredito o perseguitato lungo la strada del ritorno o al suo arrivo a casa.
- Il salvataggio, quando l’eroe viene aiutato a sfuggire alla persecuzione, nascosto o comunque messo in sicurezza in attesa di rivalsa.
- L’arrivo in incognito, con l’eroe che arriva finalmente a casa o in un altro luogo, ma in incognito, con solo qualcuno di fidato che sa del suo ritorno.
- Le pretese infondate, dove entra in gioco il falso eroe che millanta credito per il successo ottenuto dall’eroe.
- La prova finale, ovvero una prova o un compito arduo di qualche tipo che viene presentato all’eroe.
- Il superamento, quando l’eroe supera con successo la prova o porta a termine il compito che gli è stato dato.
- L’identificazione, ovvero il riconoscimento del vero eroe nel confronto col vecchio, grazie al marchio che ha ottenuto dopo la lotta.
- Lo smascheramento, quando il falso eroe o l’antagonista viene pubblicamente sconfessato.
- La trasfigurazione, quando l’eroe assume nuove sembianze, si trasforma in qualcuno, viene guarito o comunque gli vengono dati nuovi abiti o un nuovo aspetto.
- La punizione, generalmente dell’antagonista ma anche, a volte, del falso eroe.
- Il lieto fine, ovvero il matrimonio, l’incoronazione o comunque l’ottenimento della ricompensa finale.
Come si può vedere c’è un forte parallelismo fra queste funzioni e i passi del viaggio dell’eroe che abbiamo visto nella scorsa puntata. Naturalmente non bisogna pensare che questo modello sia una descrizione rigida e immutabile del racconto per eccellenza. Alcune funzioni possono essere invertite, anticipate o posticipate, altre omesse o riproporsi più volte. Tuttavia questo schema è sostanzialmente riconoscibile in moltissime storie che abbiamo letto, da quelle dell’epica greca ai moderni romanzi d’avventura.
Facciamo qualche esempio. Chiunque di voi abbia letto l’Odissea non avrà potuto fare a meno di notare la sequenza che dal ritorno, passando per la persecuzione, il salvataggio, l’arrivo in incognito e a seguire fino al lieto fine, caratterizza il ritorno di Ulisse a Itaca. Analogamente il divieto e l’infrazione sono tipiche di molte fiabe, come Cappuccetto Rosso, Pinocchio, la Sirenetta e via dicendo, mentre le sorellastre di Cenerentola, che cercano di far credere al Principe che è stata una di loro ad aver perso la scarpetta, sono un tipico esempio di falso eroe.
Detto questo, c’è tuttavia da fare alcune considerazioni. Sebbene alcune culture, come quella americana, per diversi decenni hanno utilizzato questi modelli soprattutto nel cinema, legandoli alla necessità di rappresentare un sistema in cui buoni e cattivi fossero ben identificati e la storia terminasse con un lieto fine, gli stessi si scontrano oggi con forme di narrazione che, traendo dal realismo la loro sostanza, ne deviano e li contrastano. Nascono così le figure degli anti-eroi e vengono descritte situazioni in cui non è chiaro chi sia l’antagonista e chi l’eroe, in cui non sempre c’è un ritorno a casa e tantomeno il raggiungimento di un premio. Soprattutto la cultura europea tende a sviluppare trame che non trovano corrispondenza in questi modelli. Questo tuttavia non vuol dire che tali storie non possano essere modellate, ma solo che vanno sviluppati schemi differenti.
Se quindi il lettore non sempre si trova nella condizione di riconoscersi nell’eroe, resta il principio dell’emozionare chi legge attraverso un processo di natura empatica. In pratica il lettore deve poter riconoscersi in uno dei personaggi, fosse pure un’anima oscura. Questo è possibile perché in ognuno di noi convivono molte identità, o meglio componenti della nostra personalità che, dosate in modo diverso, possono portare a un’affinità con uno o più personaggi della storia. Oggi i “cattivi” vanno molto di moda ma in realtà anche in passato avevano il loro fascino. Quelli che una volta erano i mostri dei film horror anni ‘50, oggi diventano vere e proprie star con tanto di seguaci e aficionados. Basti pensare alle tante versioni di vampiri del cinema e della televisione, o a film come Deadpool e Suicide Squad.
Nelle storie moderne non c’è personaggio che alla fine, negativo o positivo che sia, non abbia i propri fan. Anzi, spesso nella nostra società il disagio che spesso proviamo, porta a impersonarci in personaggi tormentati, “sbagliati”, emarginati, persino “cattivi”. Cosa rimane allora di tutto questo discorso, di questi modelli che abbiamo descritto finora? Che cosa può sfruttare lo scrittore moderno?
Innanzitutto il fatto che una storia è comunque un percorso e come tale deve avere un inizio e una fine. Può sembrare banale ma non lo è affatto: molte storie falliscono perché creano aspettative all’inizio o durante il percorso che poi non vengono pienamente soddisfatte alla fine. Un triste esempio è la serie televisiva Lost. Secondo, il traguardo deve essere chiaro: può non essere un premio, può addirittura essere un fallimento o una punizione, ma deve essere conclusivo, inequivocabile. Una storia resta sospesa solo se si è sicuri che avrà un seguito, altrimenti bisogna darle comunque un punto di conclusione e non solo per il protagonista, ma spesso anche per altri personaggi che hanno accompagnato quest’ultimo nel suo cammino. Un esempio è Matrix, dove la conclusione rappresenta la fine dei protagonisti ma allo stesso tempo un nuovo inizio per gli umani e le macchine. Terzo, una storia deve avere alti e bassi, momenti di stasi e esplosioni d’azione. Così come una musica non è fatta solo di note ma anche e soprattutto di pause, l’uniformità e la monotonia distruggono qualsiasi emozione, anestetizzano. Va quindi evitata. Quarto, ogni personaggio deve essere ben caratterizzato. Se ciò, nei modelli antichi, voleva dire avere un ruolo preciso, oggi questo non è più necessariamente vero. Possiamo avere personaggi schizofrenici, che non sanno neppure loro quale sia la loro reale identità, eppure nel complesso ogni personaggio chiave deve avere una propria completezza, un’individualità che lo distingue da tutti gli altri.
In pratica, se il percorso non è quello del viaggio dell’eroe o delle funzioni di Propp, deve comunque esistere un percorso chiaro nel quale, a ogni passo, prima o poi ogni personaggio trovi una sua ragione d’essere. Qualcuno a questo punto potrebbe far notare che, se si segue uno schema ben definito, si finisce per essere prevedibili. Un esempio eclatante sono le classiche “redshirt” di Star Trek, ovvero quei personaggi che, si capisce non appena entrano in scena, sono destinati a essere ammazzati, sacrificati. Oppure i classici film “catastrofisti” in cui l’eroe passa indenne, non si capisce bene come, attraverso situazione che fanno strage di tutti gli altri.
In realtà avere un percorso non vuol dire necessariamente costruire qualcosa di prevedibile, o se si preferisce, non è detto che il fatto che qualcosa sia altamente probabile non permetta comunque di sorprendere il lettore. Ad esempio, ormai siamo abituati a vedere come ne Il Trono di Spade non esista alcun personaggio, per quanto importante, che non possa essere ucciso o subire le peggiori sventure e violenze. Se vogliamo, questo schema è ormai così ben consolidato che in effetti a sorprenderci è quando qualche personaggio sopravvive più del dovuto. Ciò non toglie tuttavia che la storia non sia avvincente e anche se rischiamo di perdere da un momento all’altro qualcuno al quale ci eravamo affezionati, l’autore ha la capacità di sostituirlo rapidamente con un’alternativa altrettanto interessante, o facendo entrare in gioco un nuovo personaggio o trasmutando un personaggio vecchio in qualcosa di nuovo.
Questo è uno schema molto comune nelle “fiabe moderne”: il cattivo che diventa buono o comunque “simpatico”, accettabile; l’antagonista che diventa alleato, perché entra in gioco un’antagonista ancora più cattivo. Lo abbiamo visto nella saga di Blade o in quella di Underworld. In realtà, se le storie di una volta erano soprattutto un viaggio che portava l’eroe a una qualche forma di trasformazione, nei racconti moderni il punto focale si riconduce a un discorso di “problem solving & decision taking”. In pratica, le storie moderne si concentrano sui problemi e sulle scelte.
Questo ha un’altra implicazione importante. Potrebbe non esserci un eroe ma una serie di personaggi che intrecciano i loro cammini senza tuttavia che uno prevalga sugli altri, così come potrebbe non esserci alcuna “Chiamata all’Avventura” o alcuna “Partenza” e l’intera storia svolgersi sempre nello stesso luogo se non addirittura all’interno di un singolo locale. Il viaggio si sposta così da una sfera spaziale a una temporale, oppure è un percorso interiore che spesso si svolge solo nell’immaginario del protagonista. Eppure è sempre un percorso. Questo vuol dire che è comunque modellabile. Come affrontare una trama e sviluppare quindi un proprio modello, andando oltre al Viaggio dell’Eroe o allo Schema di Propp, sarà argomento del prossimo articolo.
A cura di Dario De Judicibus