Aprendo Facebook negli ultimi mesi o anni non è raro incappare in notizie, perlopiù false, sui grandi danni del capitalismo nascosto: vaccini dannosi, malattie curabili con la numerologia, il veganesimo come ultima risorsa della società. Non saremo certo noi a dare un’opinione su questi argomenti, ma l’uscita di Okja in un periodo simile porta a riflessioni di un certo livello, complice un regista, Bong Joon-ho (Snowpiercer, The Host) che non ha mai nascosto i suoi attacchi nei confronti di un mondo che si sta autodistruggendo con una consapevolezza inquietante. E il suo ultimo lungometraggio non è da meno, proponendo una storia apparentemente banale ma dai risvolti estremamente complessi e che prende la questione degli allevamenti intensivi come base per una storia tutt’altro che scontata.
Il film si apre nel 2007 sulla presidentessa della Mirando, Lucy Mirando (Tilda Swinton), succeduta ad un padre che ha fatto dell’azienda una corporazione tanto enorme quando crudele, che annuncia una rivoluzione nel campo dell’alimentazione. L’azienda ha infatti scoperto una nuova specie di animali, definiti “supermaiali”, allevabili in maniera naturale e senza impatto sull’ambiente che porranno fine all’inesorabile esaurimento del cibo e risolveranno l’annoso problema della fame nel mondo. Per promuovere questa scoperta, 26 cuccioli di supermaiale sono stati inviati in varie parti del mondo per essere allevati secondo metodi naturali e, il migliore in assoluto, sarà decretato il vincitore. Tra di essi c’è Okja, supermaiale spedito in Corea del Sud che vive amato e coccolato da Mija (Ahn Seo-hyun): dopo dieci anni però, viene eletto miglior maiale e recuperato dalla Mirando, non senza scatenare la rabbia di Mija e non solo.
Come accaduto già in altri film del regista coreano, la sceneggiatura non va subito dritta al punto ma preferisce centellinare con attenzione i vari eventi che permetteranno al film di evolvere, arrivando verso la fine a sfumare quella linea spesso netta che esiste tra bene e male, confondendola attraverso le azioni dei personaggi e i loro desideri. La presa di posizione finale, soprattutto durante gli ultimi e strazianti minuti di pellicola, non è infatti chiara ma, al tempo stesso, lascia lo spettatore in grado di arrivare a conclusioni personali con a disposizione tutti i dettagli per farlo. Ogni personaggio o gruppo del film, di fatto, è deciso a mettere le sue convinzioni davanti a tutto, non importa che i metodi siano limpidi o meno: la grande lotta attorno alle varie tematiche si tramuta con l’avanzare del minutaggio in un’autentica lotta tra essere umani, con i propri bisogni e desideri tali da portare a sacrifici considerabili nobili o meno, il cui risultato però non può essere necessariamente visto come una vittoria piena.
Bong Joon-ho opera con attenzione uno sviluppo dei personaggi intenso, dimostrando nuovamente la sua sfiducia nel genere umano attraverso un film dalla sceneggiatura ben bilanciata, con un buon numero di plot twist e che non fa assolutamente pesare le due ore di pellicola. La mano del regista si vede però anche all’atto pratico: sono infatti numerose le sequenze e le inquadrature che mostrano un professionismo da cineasta d’esperienza, con un certo rigore dell’immagine e che, coadiuvate da una fotografia eccellente, rendono molti momenti del film meritevoli di essere incorniciati.
Il cast del film si rivela un altro dei punti forti della produzione. La piccola Ahn Seo-hyun al suo debutto cinematografico è decisamente promossa, forte di una performance convincente al pari di quella dei numerosi attori di talento presenti nella pellicola. Attori come Tilda Swindon, abilissima nel suo doppio ruolo, ma anche un Jake Gyllenhall capace di caratterizzare alla perfezione un personaggio come il Dottor Johnny Wilcox, scienziato televisivo con evidenti turbe comportamentali. Tutto però verrebbe meno senza il protagonista della pellicola, Okja: questo animale dalle fattezze quasi suine e le forme di un ippopotamo è infatti credibile sin dalle prime inquadrature, grazie anche ad un lavoro di computer grafica di pregevolissima fattura che lo rende reale, prima ancora che realistico, conferendogli un’importanza ancor più grande di quanto già non sia per lo sviluppo della trama. Altra particolarità è la colonna sonora a dir poco inusuale: troviamo infatti musiche di stampo balcanico decisamente inaspettate viste le ambientazioni del film, capaci comunque di rivelarsi un ottimo accompagnamento ai momenti leggeri e creare un intenso sapore agrodolce nelle fasi più delicate, insieme ad altri temi musicali non di grandissimo impatto ma sempre funzionali alla scena.
Verdetto
Okja è l’ennesima prova riuscita di Bong Joon-ho, un film che cattura l’attenzione dello spettatore illustrando le sue idee in maniera chiara, mantenendo saldo l’intreccio della trama senza annoiare. Non fatevi illudere da un trailer che strizza l’occhio a Il Mio Vicino Totoro e guardate senza indugi questa pellicola interessantissima, che sicuramente vi lascerà qualcosa a visione conclusa.