Il dolce cammino della tecnologia

Anno dopo anno la diffusione degli smartphone nelle tasche degli italiani cresce sempre di più. Stando alle più recenti statistiche di comScore, famosa società di monitoraggio, nell’ultimo trimestre del 2016 il 73% degli italiani che possiedono un cellulare utilizza uno smartphone. Questo traguardo potrà sembrare notevole, ma, se si pensa che negli USA la percentuale supera l’80%, risulta evidente che il Bel Paese ha ancora molta strada da percorrere. Ma cosa rende “smart” uno smartphone? Il design accattivante non influisce (ma aiuta) e neppure i Giga di RAM o di archivio interno, anche se la moda attuale tende ad incrementare a dismisura questi parametri in previsione di applicazioni dai requisiti apocalittici. A compiere la magia non è altro che il sistema operativo (SO, o il corrispettivo inglese OS) che, senza scendere troppo in dettagli tecnici, è lo strato software che si occupa di gestire le risorse messe a disposizione dalla macchina su cui è installato (in questo caso lo smartphone) e fornisce i servizi di base alle app che scarichiamo quotidianamente dagli store.

Nonostante siano presenti diverse tipologie di OS, tra cui impossibile non citare Windows Phone, iOS e Android, più del 64.38% del mercato è composto da dispositivi con quest’ultimo sistema installato. I motivi alla base del successo? Facilità d’uso, gran numero di declinazioni, l’essere open source e la disponibilità su dispositivi appartenenti a tutte le fasce di prezzo sul mercato, sono alcuni dei punti a favore che hanno contribuito al successo. Non è quindi sempre necessario sborsare un patrimonio per poter acquistare uno smartphone Android, sebbene le prestazioni siano spesso non troppo distanti dalla spesa.  Infine, la possibilità di poterlo modificare e ottimizzare in (quasi) tutte le sue parti: dall’interfaccia grafica agli elementi software più reconditi lo ha eletto a sistema operativo preferito da noi nerd.

Le origini

Contrariamente a ciò che molti pensano, Android non venne sviluppato da Google, bensì dalla Android Inc., compagnia creata da Rubin, Miner, Sears e White, per essere poi acquistata dal colosso di Mountain View nel 2005. Fu solo a ottobre del 2008, con ben tre mesi di ritardo rispetto all’iPhone 3G, che andò in commercio il primo smartphone equipaggiato con questo OS: l’HTC Dream. Lo ricordate? A distanza di sei mesi dall’uscita sul mercato, HTC ha dichiarato di aver venduto ben 1 milione di esemplari di questo terminale, eguagliando il numero di iPhone. Ciò ha dato tacitamente il via a una “guerra” che ancora oggi vede schierata da un lato la mela morsa, inconfondibile logo di Apple, e dall’altra il robottino verde di Android.

Un gran numero di curiosità riguardano proprio il logo minimale disegnato da Irina Blok che, anche se inizialmente riservato ai soli sviluppatori, è poi divenuto popolarissimo tra gli utenti e “vestito” in mille modi diversi, quasi quanto un carlino a carnevale. Infatti, una maliziosa corrente di pensiero dubita dell’effettiva originalità del design, incriminando l’artista di essersi ispirata in modo non troppo evidente a un personaggio del videogame per Atari, Gauntlet: The Third Encounter, chiamato per l’appunto “Android”. Altri invece accusano un’eccessiva similitudine con il droide per eccellenza: R2D2 di Star Wars. Irina Blok si è scrollata di dosso le accuse affermando che il logo che ci è così familiare è stato scelto tra i vari sketch preliminari che aveva preparato, alcuni dei quali sono riportati qui di seguito.

L’evoluzione

Sebbene al tempo potessero sembrare incredibili, è ovvio che le prime versioni di Android siano ben lontane in termini di funzionalità rispetto alle attuali ma, nonostante le differenze, Google è riuscita a mantenere una continuità tra i vari major update. Volendo fare un primo esempio, la compagnia di Mountain View segue fedelmente l’ordine alfabetico per scegliere i nomi di ogni nuova release.

Inoltre, fatta eccezione per Alpha e Beta poiché non disponibili al pubblico, ogni versione di Android presenta il nome di un dolce. Il motivo? A quanto pare non è stato ancora reso noto in modo ufficiale, sempre ammesso che ci sia. Questo alone di mistero ha dato spazio a teorie più o meno realistiche: alcuni indicano la motivazione semplicemente in un forte senso dell’umorismo aziendale, mentre altri cercano la ragione nella passione per i dolci di Rubin. Indipendentemente dalla ragione dietro questa scelta, alla presentazione di ogni versione viene aggiunta nel Google Campus una statua corrispondente al nome in codice.

Un’altra costante nell’evoluzione di Android è la presenza di svariati easter egg, ovvero quei contenuti spesso simpatici e divertenti nascosti dagli sviluppatori. La procedura per visualizzare questi piccoli extra è quasi immutata dalla prima versione: è sufficiente aprire le Impostazioni e selezionare Info Dispositivo, fatto ciò basterà cliccare diverse volte sulla voce Versione Android e il gioco è fatto! Dove la parola “gioco” non è stata scelta a caso dato che, mentre gli easter egg associati alle prime uscite del sistema operativo erano delle semplici immagini, quelli di Android Lollipop (5.0) e Marshmallow (6.0) sono delle rivisitazioni del popolarissimo gioco Flappy Bird con protagonista il nostro amato robottino verde.

Ma ovviamente le innovazioni portate da ogni versione non si fermano a una semplice animazione, immagine o gioco, spingendosi ben oltre. Poiché però citare ogni singola miglioria sarebbe impossibile e poco interessante, ci soffermeremo solo sulle principali novità. Andando con ordine, Android Cupcake (1.5), rilasciata nel 2009, introdusse per la prima volta i widget e, udite udite, il supporto a tastiere di terze parti, battendo sul tempo Apple che ha reso disponibile quest’ultima funzionalità solo nel 2014 con iOS 8. Con Froyo (2.2), abbreviazione di frozen yogurt, è stata introdotta la possibilità di effettuare il tethering USB e di creare hotspot WiFi. Ma è dal 2010 che gli smartphone hanno cominciato ad essere più simili a ciò cui siamo abituati oggi, grazie alla release Gingerbread (2.3) che ha portato il supporto a un numero maggiore di fotocamere, permettendo ai costruttori di aggiungerne una anche sul fronte del dispositivo.

Se fino ad ora non è stato toccato minimamente il discorso tablet è perché la prima versione di Android pensata per questo tipo di device è la Honeycomb (3.0) resa disponibile solo nel 2011. Ciò non impedì a Samsung e altri produttori di creare dei tablet con release di Android precedenti nel tentativo di contrastare le vendite della prima versione dell’iPad. Jelly Bean (4.1) ha introdotto il famoso assistente Google Now, la digitazione vocale e ha debuttato sul primo telefono cellulare di Google: il Nexus 4. Successivamente, con KitKat (4.4), comparso a bordo del Nexus 5, è stata aggiunta la funzionalità OK Google con cui poter interagire con l’assistente senza necessità di toccare il telefono.

Siamo quindi arrivati quasi ai giorni nostri con Android Lollipop (5.0) presentato nel 2014 che, oltre alle varie ottimizzazioni software, ha rivoluzionato l’interfaccia grafica introducendo il cosiddetto Material Design. Parallelamente, anche la linea hardware si è evoluta con le nuove versioni smartphone e tablet dei Google Nexus. Con Marshmallow (6.0) è stato introdotto il supporto ai lettori di impronte digitali, all’USB Type-C e al multi-window. In corrispondenza della versione più recente del sistema operativo, ovvero Nougat, oltre alle ottimizzazioni software e alle nuove funzionalità, è stata anche presentata la nuova linea di smartphone costruiti da Google: Pixel e Pixel XL, con l’abbandono definitivo dei Nexus.

…E ora?

La prossima versione in arrivo è Android 8.0 che semplificherà e migliorerà ulteriormente l’esperienza utente. Tra le nuove funzionalità è d’obbligo citare PIP (Picture In Picture) che consentirà agli utenti di continuare ad utilizzare altre applicazioni guardando un video in riproduzione.

Venendo alle curiosità, oltre all’iniziale (la “O”) poco si sa sul nome di questa nuova release prevista per dopo la metà di agosto. Inizialmente si pensava ad Oreo, ma a seguito dell’ultima preview per sviluppatori, la stampa di settore è andata in crisi dopo aver attivato l’easter egg tramite la classica procedura. Contrariamente alle aspettative, è infatti apparso un polpo, “Octopus” in inglese. Che sia un cambio di direzione? Una rottura con il dolce passato verso qualcosa di più salato? O semplicemente uno dei tanti scherzi di Google? Lo scopriremo solo vivendo.