Il diavolo di Byrne tra caramelle e musica incazzata.
Sean Byrne, talentuoso regista di The Loved One, realizza The Devil’s Candy, un horror piuttosto atipico, che non si presta ad un inquadramento netto, ma che oscilla di continuo tra il thriller e il soprannaturale, mantenendo come punto saldo che lega ogni vicissitudine e simbolismo un unico elemento: la musica Metal.
La musica Metal è quella che suona Ray, nei suoi momenti di irrazionalità; quest’uomo obeso, sporco, disadattato e disturbato, che sente delle voci sataniche in testa, oscure e misteriose. Voci che lo portano ad uccidere, senza apparenti motivi. La musica Metal è quella che muove gli animi anticonvenzionali della famiglia Hellman, diversa dal classico ritratto della famigliola americana media. Lui giovane metallaro capellone e creativo, lei, moglie e madre amorevole, ma meno eccentrica. Infine la figlia adolescente dei due, Zooey, che condivide l’animo anarchico del padre, ma mantiene i piedi per terra, e lascia intravedere una innocenza ancora non perduta. Sean Byrne schiva facili banalità, ci tiene a caratterizzare i suoi personaggi, anche quando non fanno cose straordinarie. Paradossalmente inoltre, gli Hellman non sono una di quelle famiglie disfunzionali che quasi sempre vengono messe al centro dell’attenzione in questo tipo di film. Al contrario, sono una famiglia quanto mai credibile proprio perché rompono i limiti delle convenzioni cinematografiche. Sono semplicemente una famiglia colorita ma felice.
Anche Ray, è un nuovo Horror maniac sicuramente intrigante, perché si inserisce benissimo in questo contesto verosimile. È pericoloso ma non è “pura cattiveria incarnata”, si ravvede in lui una persona quasi da compatire, una persona che soffre di disturbi mentali e che letteralmente trattiene un “mostro” dentro di sé, che prende il sopravvento quando queste voci si fanno largo tra i suoi pensieri.
La storia di Ray e della famiglia Hellman quindi si intreccia diverse volte, ma segue anche due binari paralleli. Mentre Ray si nasconde e perpetua le sue uccisioni efferate, Ethan Hellman dipinge grottesche forme sotto l’influsso di una qualche forza misteriosa non meglio definita rispetto a quella che muove Ray.
E il bello di The Devil’s Candy sta proprio qui. È una storia di possessioni? Di pazzia? È il potere della musica Metal, vera protagonista della pellicola, che non solo caratterizza la colonna sonora del film ma muove letteralmente le forze in campo, positive o negative che siano?
Sean Byrne non ci tiene ad esplicitare nulla durante il suo racconto, si limita a inserire input surreali come parentesi di vicende estremamente lineari e se vogliamo semplici. Inoltre, riesce a creare enorme tensione proprio in virtù di questa sua delicatezza e discrezione nel rivelare il pericolo, sempre sfuggente ma onnipresente in ogni scena, anche quelle apparentemente più “tranquille”. E quando la potenza della violenza non può – e non deve- mancare per esigente drammaturgiche, ancora una volta, con un montaggio eccezionale, The Devil’s Candy riesce a farci “inorridire” pure senza mostrarci nulla.
Verdetto
The Devil’s Candy è un film che vive e si forma sui contorni degli occhi di chi guarda. Impossibile descrivervelo più di tanto. Va visto. Si tratta sostanzialmente di un film semplice, che parla di una famiglia alle prese con un killer, che riesce però a trattare elementi tipici del genere con molta ispirazione, e un’ottima interpretazione di tutti gli attori. Purtroppo, tale ispirazione forse non trova un adeguata risoluzione finale, ove ambiguità, simbolismi e interpretazioni devono per forza convogliare in un epilogo che riservi un po’ di concretezze. In questo, il film si perde un po’. Il messaggio arriva a chi vuole riceverlo, ma la messa in scena è sicuramente più frettolosa e meno ponderata del resto della pellicola, che rimane comunque, più che meritevole.,