“Che sollievo. Il sollievo dell’armatura che scopre dentro di se un cavaliere ancora vivo.”
Un tramonto sconfinato e bellissimo. Sconfinato come l’amore tra Carl e June. I due siedono su di un pontile, immersi in questo tramonto dai mille colori. Un dipinto – videoludico – che scalda anche il più arido dei cuori. Impossibile non notarlo, Carl e June si amano davvero. Piccoli cadenzati gesti, sguardi e parole che non ci è permesso di intendere con il linguaggio comune, ma solo attraverso il linguaggio dell’anima, quello che non conosce significato e significanti, ma nonostante ciò appare comunque chiarissimo. La vita di Carl e June è idilliaca, perfetta, dipinta – letteralmente e visivamente – su di una tela che non ci stancheremo mai di guardare. E alla fine arriva la tempesta. Un attimo di distrazione, un singolo attimo di buio che porta con sé un’oscurità senza fine. Carl e June hanno un mortale incidente d’auto. Carl si salva ma rimane paralizzato, June muore. Quel giorno non sarà solo June a morire, ma anche una parte di Carl, quella più bella, morirà con lei e noi, dall’altro lato dello schermo, vorremo solo spezzare la quarta parete e abbracciare Carl, rincuorarlo, fargli capire che non è solo. Sappiamo cosa sta provando e noi, così come lui, non possiamo accettare la cosa. Fino a che punto vi spingereste per riprendervi l’amore perduto? Al dì là del tempo, al di là dei sogni, fin dove vi spingereste? Cosa sareste disposti a perdere? Carl seppur condannato su una sedia a rotelle, si spingerebbe fino all’ultimo girone dell’inferno pur di riabbracciarla. E noi, da questo lato dello schermo, siamo con lui.
Vedi alla voce amore.
Carl dopo la morte di June in una fredda e solitaria notte scoprirà che i quadri da lei dipinti hanno un potere particolare, toccandone uno Carl potrà rivivere “l’ultimo giorno di June” attraverso gli occhi e le gesta dei personaggi ritratti. I vicini di casa dei due innamorati: un vecchio affabile artigiano, una dolce signora in procinto a traslocare e un vivacissimo bambino. Persone apparentemente normali le cui azioni hanno in qualche modo influenzato tutti gli eventi precedenti alla morte di June. Ecco che un pensiero, folle e dolce, si affaccia sulla mente di Carl: e se fosse possibile riportare June indietro?
L’anima pulsante del gioco sta tutta qui, tramite l’interazione con questi quadri ci ritroveremo a svolgere piccoli e semplici puzzle che andranno a modificare una serie di eventi, apparentemente insignificanti, che hanno contribuito a provocare l’incidente mortale. Se nelle prime fasi la soluzione dell’enigma appare scontato, ben presto gli intrecci (e i cosiddetti effetti farfalla) inizieranno a moltiplicarsi a vista d’occhio, creando una serie di situazioni, praticamente un macrocosmo di azioni e conseguenze, capaci di fondersi in un unico grande enigma.
Nonostante gli intrecci e le variabili siano tante, considerando anche il numero di personaggi coinvolti, i puzzle non saranno mai difficili da risolvere. The Last day of June chiede al giocatore un attenzione emotiva più che videoludica e mentale. The Last Day of June non cerca mai di appesantire il proseguimento, anzi ci viene quasi sempre in contro, accompagnandoci quasi in tutte le nostre scelte. Da un lato Ovosonico non vuole spezzettare il suo racconto, vuole e richiede dal giocatore un’immersione senza fine, da un altro lato però la semplice risoluzioni degli enigmi non affascina e non sfocia in un adeguato livello di sfida. Di conseguenza non potremmo realmente patire la sofferenza di Carl, non sentiremo realmente il peso del poter sbagliare e perdere, di nuovo, tutto quello che amiamo.
Arte e Videogioco. Videogioco è arte.
Una tela videoludica si para avanti a nostri occhi. Estasi, sgomento. Quasi colpiti dalla Sindrome di Stendhal muoviamo i nostri primi passi all’interno di questo quadro in movimento. Colori sgargianti, una palette cromatica morbida e romantica ci accompagna per tutta la durata dell’avventura. Il design non è mera componente tecnica, è qui parte integrante del racconto, un’estetica che affascina e ammalia il giocatore e lo trasporta all’interno del gioco con una convinzione incredibile.
Massimo Guarini e il suo team hanno un solo intento: raccontare una storia bellissima e commovente. E lo fanno attraverso una cura artistica incredibile, nessuno dettaglio è lasciato al caso, ogni singola pennellata è motivata da una scelta narrativa, videoludica e emotivamente coerente e precisa. Tutto ciò che si muove su schermo veicola un messaggio ben definito, i personaggi senza occhi né labbra riescono a connettersi con il giocatore senza l’ausilio di una vera sceneggiatura, senza dialoghi o espressioni… eppure il messaggio è chiarissimo. E noi siamo lì, increduli a far parte di quest’opera.
The Last Day or Not?
Giunti al termine il nostro cuore batte come non mai, piangiamo e ci emozioniamo per l’avventura appena conclusasi. Ci ritroviamo davanti ad un videogioco? Davanti ad arte concettuale? La verità è che non importa. The Last Day of June è un colpo al cuore, con una mano calda ci trascina in questo mondo coloratissimo, chiedendoci solo di stare a guardare e a sentire nel senso più “esteso” possibile del concetto.
Perdonati per un gameplay che poteva fare di più su alcuni punti, i ragazzi di Ovosonico hanno messo a punto una piccola opera videoludica e artistica, raggiungendo un livello di interazione e coinvolgimento emotivo mai visto fin ora. Certo gran parte di questo attaccamento è dipeso dall’animo con cui si affronta The Last Day of June, eppure siamo sicuri che sarà impossibile o quasi non rimanere emotivamente coinvolti da questa storia. E per questo, più che aggiungere altri tecnicismi da recensione, non possiamo far altro che dire grazie, grazie davvero.