La rivincita degli outsider
Gamescom non significa solo super gioconi tripla A con centinaia di persone allo sviluppo e budget milionari alle spalle. La kermesse tedesca è sempre di più anche l’occasione per sviluppatori piccoli o medi di presentare i loro progetti e far parlare di essi. Spesso e volentieri questi giochi si rivelano molto interessanti con dietro tantissima ispirazione e idee di design veramente vincenti e originali che ben compensano gli ovvi limiti a cui devono far fronte. Noi di Stay Nerd ne abbiamo provati tantissimi, di tutti i tipi, e abbiamo deciso di spendere qualche parola su ognuno di essi perché si tratta di progetti in molti casi davvero validi. La scena indie dell’idustria è sempre pi importante ed è giusto quindi che abbia il suo spazio. Ma visto che c’è parecchia roba da trattare, bando alle ciance e lasciamo la parola ai nostri hands on.
Fringe Wars
Annunciato all’E3 di quest’anno, Fringe Wars è un MOBA fantascientifico dove il giocatore prende il comando di una navicella spaziale, da scegliere tra diverse disponibili e ognuna con le sue caratteristiche in termini di velocità, potenza di fuoco e altro, per poi gettarsi nello spazio profondo in diverse modalità 5 contro 5. La nostra prova si è incentrata su una mappa di Controllo, dove abbiamo saggiato parte della bontà del titolo che punta sul realismo dei mezzi, offrendo un feeling ben preciso di ogni nave: scegliendo per esempio la nave più potente, ci siamo ritrovati a pilotare una nave dalla lentezza quasi esasperante e, nonostante la potenza di fuoco ci rendesse delle macchine da guerra, la conquista dei vari punti è stata a dir poco faticosa. La cosa tuttavia ci ha decisamente intrigato, viste le numerose combinazioni a disposizione di una squadra che renderanno la cooperazione e la strategia di gioco elementi fondamentali per la vittoria. Abbiamo avuto ben più di qualche incertezza sul sistema di controllo ma stando agli sviluppatori questo problema era in fase di risoluzione. Dal punto di vista tecnico il gioco non offre ovviamente delle ambientazioni ricche di dettagli visto il setting, tuttavia i modelli delle navi sono dei piccoli gioielli per la mole di dettagli presenti, soprattutto nel caso di veicoli di dimensioni enormi tutti da ammirare e le navi del gioco saranno tutte customizzabili in ogni aspetto, sia esteticamente che in termini di equipaggiamento offensivo e difensivo
Fringe Wars è attualmente in closed beta e avrà una release ufficiale per PC, per poi sbarcare a tempo debito anche su PlayStation 4 e Xbox One.
Railway Empire
Con un concept che cavalca quell’ondata di nostalgia per i simulatori di una volta, Railroad Empire, sviluppato da Gaming Minds Studios, ci porta indietro nel tempo negli Stati Uniti nel 1830, anno in cui la Rivoluzione Industriale cambia per sempre il mondo dei trasporti grazie alle locomotive. Nel ruolo di imprenditori lanciati verso il futuro, dovremo creare la nostra personale società di trasporti, creando linee ferroviarie attraverso il Nord America e favorendo la crescita economica delle città, cercando al tempo stesso di primeggiare sui nostri avversari esclusivamente artificiali. Railroad Empire sarà un titolo destinato solo al single player, ma di cose da fare ce ne sono se si pensa alle cinque epoche tecnologiche durante le quali avrà luogo il gioco e la ricca campagna in sviluppo. Le opzioni di gioco permetto di diversificare la nostra società con trasposto passeggeri o merci, con più di quaranta locomotive da acquistare e migliorare nel tempo e la costruzione di luoghi specifici che aiuteranno i nostri affari. C sono poi piaciute le interazioni con i nostri rivali: potremo infatti sfruttare possibilità legali per sopraffarli, ad esempio acquistando pacchetti azionari, oppure boicottarli attraverso il sabotaggio sistematico delle locomotive o con delle spie che ci riveleranno i loro segreti tecnologici. L’alpha mostrataci in fiera ha mostrato un level design più che apprezzabile grazie ad una topografia degli Stati Uniti rivisitata per dare più respiro al gameplay e un livello di dettaglio apprezzabile soprattutto osservando i modelli delle locomotive, tutte realmente esistenti e ricreate digitalmente con ricercatezza in ogni dettaglio.
I fan delle simulazioni storiche e non dovranno però attendere il primo quarto del 2018, quando il gioco arriverà su PC, Linux, PlayStation 4 e Xbox One.
Wreckfest
Nella vita reale, nessuno vorrebbe distruggere volontariamente una macchina. Forse è per quello che titoli come Destruction Derby hanno saputo conquistare i videogiocatori avvolgendoli in tonnellate di lamiere pronte a contorcersi virtualmente attorno a noi. Certo i tempi sono cambiati ma Wreckfest, sviluppato da Bugbear, continua in direzione ostinata e contraria, viaggiando contromano e senza paura: nonostante un Kickstarter fallito, THQ Nordic ha voluto credere nel progetto e il titolo, già in accesso anticipato su Steam, arriverà nella sua interezza anche su console.
Wreckfest sulla carta è un titolo ambizioso, poiché vuole soddisfare sia l’animo distruttivo dei piloti più selvaggi in competizioni dove spesso a vincere sarà l’unico con la macchina ancora intera, ma anche un racing game solido e che accontenti chi vuole un’esperienza corsistica di prim’ordine. Il lavoro svolto sul motore fisico del gioco è uno dei punti su cui la presentazione ha spinto di più, proponendo un comportamento delle vetture realistico e differenziato in base al modello e alle modifiche che potremo effettuare, che interessano ogni dettaglio della macchina. A conferma di ciò, la nostra prova su strada ha confermato la bontà del lavoro, mettendoci in un destruction derby deathmatch, una delle numerosissime modalità ideate dal team già creatore della serie Flat-Out e che faranno scena in una carriera che si rivelerà corposissima. In aggiunta, il multiplayer online fino a 24 giocatori saprà essere una fonte inesauribile di divertimento.
Attenderemo con molta poca pazienza al banco di prova questo titolo che potrebbe rivelarsi un piccolo nirvana per gli appassionati dei giochi di guida. O dei provetti demolitori d’auto, chissà.
A Knight’s Quest
Grazie alle tecnologie moderne chiunque può fare cose una volta impensabili, ad esempio registrare un disco di livello professionale e, ovviamente, sviluppare un videogioco. È il caso di Sky9 Games, un team di appena due persone che a Colonia ha presentato il suo primo progetto su grande scala, A Knight’s Quest.
Il titolo è un action adventure che pesca a piene mani dai titoli del passato, in particolare The Legend of Zelda ed i metroidvania in generale ma non solo, per proporre un’avventura fresca, ricca di cose da fare e sulla carta coinvolgente. Protagonista del gioco è Rusty, personaggio irruento e che, al contrario di Link, ha una lingua abbastanza lunga, oltre ad essere colui che scatena gli eventi del gioco liberando un antico spirito malvagio nel mondo. Le abilità di Rusty, inizialmente limitate, si amplieranno man mano che andremo avanti nel gioco, permettendoci anche di superare ostacoli invalicabili ed enigmi ambientali altrimenti irrisolvibili. In generale, però, sono numerose le azioni eseguibili dal giocatore e se il level design farà il suo dovere, potremmo avere tra le mani un’esplorazione soddisfacente. Sul versante grafico il gioco è colorato e in stile cartoonesco, mostrando un design a metà tra citazioni pop e originalità che regala comunque un bel colpo d’occhio, almeno nei pochi ambienti che ci sono stati mostrati. Il lancio di A Knight’s Quest è previsto per il 2018 su Ps4, Xbox One, Switch e PC.
Brawlout
Negli ultimi anni i picchiaduro hanno riguadagnato buona parte del pubblico che li aveva messi da parte, per quanto il genere sia rimasto sempre sulla cresta dell’onda soprattutto in ottica competitiva. È proprio in questo frangente che Angry Mob Games ha curato nei minimi dettagli con il suo Brawlout, titolo che a prima vista può ricordare Smash Bros. e che, pad alla mano, fornisce anche qualche certezza in più. Personaggi che combattono in arene bidimensionali, ognuno con il suo moveset ricco di prese ed azioni speciali, senza barra della vita ma con un danno percentuale, insomma, un po’ troppe coincidenze. Nonostante le somiglianze, però, l’infrastruttura online del gioco farebbe invidia un po’ a tutti, tra numerose modalità volte ad incontrare le necessità di pro player e novizi, un network ricchissimo di statistiche e tornei competitivi per tutte le fasce di giocatori, nonché una TV dedicata allo streaming.
Il gioco pad alla mano ci ha lasciati tiepidi, perlopiù a causa del costante dejà vu causato anche dall’utilizzo di un controller del Gamecube, ma ha sicuramente il suo fascino ed il gameplay saprà comunque intrigare il giusto, grazie anche al lavoro di creazione di una community lodevole.
Brawlout è al momento disponibile su Steam in accesso anticipato, mentre le versioni per PlayStation 4, Xbox One e Nintendo Switch dovrebbero arrivare entro la fine dell’anno.
Bomber Crew
Ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, Bomber Crew si propone come un’originale simulatore/gestionale in cui dovremo gestire un caccia bombardiere e il suo equipaggio.
Il lavoro sulla carta può sembrare semplice, tuttavia le missioni che Runner Duck ha ideato per la campagna sono ricche di ostacoli e pericoli, ai quali dovremo trovare rimedio anche in situazioni disperate. La scelta dell’equipaggio è indubbiamente una delle fasi cruciali, soprattutto dovendo scegliere tra milioni di combinazioni possibili tra ruoli, caratteristiche ed eventuali perks che potrebbero aiutarci durante le nostre operazioni, così come sarà essenziale ragionare sull’equipaggiamento dell’aereo, customizzabile anche sotto il profilo estetico per essere tanto gradevole quanto minaccioso.
Il gameplay si rivela fitto di tatticismi, ma richiederà anche riflessi pronti ed una capacità di ragionamento rapido soprattutto mentre saremo sotto attacco. Sarà infatti molto difficile gestire la nostra compagine mentre il nostro aereo verrà letteralmente ridotto in groviera, essendo il nostro mezzo anche completamente distruttibile con tutti i guai annessi. Il tutto arricchito con una grafica essenziale ma chiara, a metà tra il serio e il faceto e, perché no, con dei piccioni bombardieri che non fanno mai male. Il rilascio ufficiale di Bomber Crew avverrà il 19 ottobre di quest’anno, con le relative versioni console attese per il 2018.
Lightfall
Sembra strano mettere a fianco due cose come l’intenzione di innovare e il genere platform e Bishop Games è consapevole della cosa. Iniziare questo paragrafo in questo modo però non vuol significare che Lightfall sia un gioco banale, tutt’altro. Il titolo ha tutte le caratteristiche tipiche dei platform indipendenti, da un comparto grafico minimale ad una progressione con un ritmo fisso e ben scandito. Una volta provato il gioco, però, ci siamo dovuti ricredere: Lightfall è infatti un titolo che basa la sua esperienza su un level design ragionato prima ancora che sui poteri destinati all’uso e che permette al giocatore di prendersi qualche libertà in più del solito nella risoluzione degli enigmi e degli ostacoli che vengono proposti di volta in volta. Ci sarà sempre più di un modo per superare un livello, così come l’esplorazione andrà a premiare i giocatori più coraggiosi, mostrando un coefficiente di difficoltà leggermente sopra la media ma che non sembra puntare alla frustrazione bensì ad una sfida stimolante, il che è soltanto un bene visti i tempi. Certo, il design non è tra i più originali e potrebbe sembrare qualcosa di già visto eppure, visto anche il tempo a disposizione prima del rilascio effettivo previsto per marzo dell’anno prossimo, Lightfall ha saputo affascinarci a dovere e i fan del genere potrebbero trovare qualcosa di decisamente interessante da giocare, inizialmente solo su PC ma successivamente anche su PS4 e Xbox One.
Lighfield
Così come i già citati picchiaduro, anche i giochi di corse futuristiche stanno godendo di una nuova giovinezza, grazie al ritorno di Wipeout e titoli simili come l’italianissimo Redout. Il team austriaco Lost in the Garden ha però deciso di rimescolare le carte in tavola con Lightfield, titolo dove l’unica regola è correre, fino alla fine. Contrariamente a tutti gli altri giochi di guida, infatti, il mondo di gioco è un tracciato a sé stante, lasciando libero il giocatore di affrontare la corsa come meglio crede: andare dritti è un’opzione standard, mentre saltare su un grattacielo potrebbe sembrare meno ortodosso ma non per questo non efficace. I comandi non sono molto intuitivi a dirla tutta e la loro padronanza è d’obbligo se si vuole gareggiare ai massimi livelli, ma ogni giro si rivela sempre capace di farci imparare qualcosa di nuovo, rendendo la curva d’apprendimento non eccessivamente tediosa. La mancanza di regole però non significa assolutamente mancanza di divertimento, anzi: staccarsi da Lightfield è una vera impresa, anche a causa di un design futuristico e a tratti astratto, unito ad una colonna sonora elettronica con pezzi ben più che orecchiabili. Nonostante i soli sette tracciati che saranno disponibili al lancio, Lightfield promette scintille e siamo sicuri che ne farà una volta approdato su PlayStation 4 e Xbox One entro il 2017.
Fugl
Il videogioco è un medium ormai maturo, al puto da essere fonte non solo di intrattenimento, ma anche di esperienze dalle molteplici sensazioni. Nel caso di Fugl, lo scopo dello sviluppatore è portare su schermo un’esperienza rilassante, basata su un’esplorazione fine a sé stessa comunicando un desiderio di libertà attraverso la più semplice delle idee: volare. Nel gioco saremo nei panni di un comune volatile in un mondo completamente procedurale dove ogni creatura con cui entreremo in contatto modificherà il nostro volo: un’aquila ad esempio ci permetterà di essere veloci ed agili, mentre una farfalla avrà movimenti molto più lenti. Non esiste uno scopo vero e proprio nel gioco ma solo un’abbondante relax che abbiamo vissuto in prima persona ed anche con un certo piacere vista la fatica della fiera. Accompagnati da una soundtrack ambient delicata ed un mondo ricco di colori e che vede nei numerosi animali presenti l’unica motivazione per andare avanti, Fugl quanto meno riesce nell’intento di essere un’esperienza quasi onirica volta solo a far rilassare corpo e mente. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che questo non sia un videogioco, eppure è proprio il suo essere così poco canonico a rendere questo titolo quanto meno curioso, per non parlare del fatto che rilassarsi con un videogioco è qualcosa che volte desideriamo un po’ tutti, specie superata una certa età. Il titolo uscirà il 14 settembre.
Northgard
Ispirato al mondo e alla mitologia norrena, Northgard è un gestionale che vede i Vichinghi alla conquista di nuovi mondi inesplorati, con l’obiettivo di creare colonie puntando al dominio delle nuove terre ma non solo. Ovviamente il fascino della conquista non è la sola cosa che ci è piaciuta del gioco, ma anche una serie di intuizioni di gameplay che possono fare la differenza in diversi frangenti: uno di questi è la scelta del popolo da guidare, con vari clan che dispongono di abilità che aiuteranno non solo a progredire, ma anche solo a sopravvivere. Basti pensare ai freddi inverni vichinghi, dove le razioni scarseggiano e sarà compito nostro cercare di tenere alto il morale della popolazione. Tra le altre cose, il gioco prevede numerose condizioni di vittoria, lasciando libero il giocatore di adottare la propria strategia soprattutto durante le partite multiplayer, uno dei fiori all’occhiello dell’esperienza creata da Shiro Games, ma anche un’accessibilità che potrebbe essere un punto di forza per i neofiti che non hanno confidenza con il genere. Graficamente il titolo vanta una realizzazione decisamente buona, con una palette di colori gradevole ed un livello di dettaglio più che soddisfacente, rendendo l’esperienza davvero interessante. Il gioco è attualmente in accesso anticipato su Steam e in continuo aggiornamento.
Rise of Industry
Rise of Industry è un altro gestionale che abbiamo visionato durante la nostra Gamescom, un gestionale ambientato all’inizio del secolo scorso e che ci farà vestire i panni di un industriale in cerca del successo. Il titolo di Dapper Penguin Studios, nonostante fosse in una build alpha non ancora perfetta, promette di essere un gestionale accessibile per i neofiti e crudele con i navigati. Dovremo infatti concentrarci sulle varie città a disposizione nella mappa di gioco, creata proceduralmente ogni volta, per instaurare reti di comunicazione e di commercio, ovviamente cercando di non essere sopraffatti dall’intelligenza artificiale: l’analisi del territorio e le esigenze delle varie comunità sarà la chiave per la crescita delle stesse, obiettivi che verranno messi in chiaro anche dal sistema di missioni che ci accompagnerà nella campagna per giocatore singolo. Ci ha colpito inoltre una meccanica di gameplay legata alla sostenibilità: l’industrializzazione massiccia infatti può comportare disastri ecologici, rendendo molti nostri sforzi vani sul lungo periodo.
Graficamente parlando il gioco si avvale di uno stile low poly molto gradevole ma che sfrutta i dettagli delle diverse costruzioni disponibili, oltre 100, per rendere l’esperienza più immediata anche sul fronte visivo, oltre che operazionale.
Rise of Industry arriverà in accesso anticipato su Steam durante il primo trimestre del 2018.
Kingdom Come: Deliverance
Nato come progetto Kickstarter e divenuto in poco tempo un successo di pubblico e critica, Kingdom Come: Deliverance è un gioco di ruolo story-driven ambientato nel quindicesimo secolo e con una fortissima caratterizzazione in termini di ambientazione. L’ambizione di Warhorse era infatti quella di ricreare una vera simulazione del periodo medievale e, pad alla mano, i risultati sono eccellenti. Il gioco, nonostante ci sia apparso ancora debole sotto il profilo tecnico, ci ha calati nei panni di Henry, figlio di un fabbro dal passato tragico e che, al servizio del lord Radzig Kobyla, cercheremo di affermarci come cavalieri per salvare un regno in rovina.
Il titolo pone enfasi sul realismo generale sotto tutti gli aspetti, con risolti interessanti: per esempio, mentre imparavamo i comandi abbiamo sguainato la nostra spada, ritrovandoci contro la guardia reale: questo perché se all’epoca si compiva un’azione simile, l’unica spiegazione poteva essere qualcosa di pericoloso. La nostra esperienza ha restituito un gameplay solido ed intrigante che mescola numerosi elementi RPG ed un mondo che risponde in modo dinamico alle nostre azioni, ponendo al centro di tutto la libertà del giocatore e lasciandoci in fremente attesa per l’uscita del gioco, fissata al 13 febbraio 2018.
Moonlighter
Tutti noi siamo soliti rifornirci da mercanti di ogni tipo durante le nostre partite, acquistando pozioni, armi ed altri oggetti che ci permetto di proseguire la nostra avventura più agevolmente. Qualcuno però si è mai chiesto come fanno i mercanti ad avere tutta questa roba? A rispondere a questo quesito ci pensa Digital Sun con Moonligher, action RPG che ci ha conquistato grazie ad un gameplay solido ed originale. Il gioco si divide infatti in due fasi distinte: la notte, il nostro personaggio affronterà dungeon irti di pericoli cercando di raccogliere quanti più materiali e oggetti possibili tenendo a mente che i rischi maggiori comporteranno premi migliori, mentre durante il giorno dovrà gestire il suo negozio personale, cercando di accontentare il maggior numero di avventurieri ma sempre facendo attenzione a generare profitto. In questa fase avremo modo di gestire i prezzi di vendita e anche l’esposizione, rivelando meccaniche gestionali che abbiamo molto apprezzato, soprattutto in virtù delle libertà concesse ma che non dovranno essere eccessive, pena l’abbandono di possibili clienti scoraggiati da prezzi elevati.
Moonlighter ha tutte le carte in regola per essere un titolo addictive ed intrigante e, notizia ancora più bella, arriverà entro il 2017 su PC, Mac, Xbox One e PS4.
Keyboard Sports – Saving QWERTY
Tanti indie spesso e volentieri nascono su PC ed arrivano successivamente su console, ma stavolta non parliamo di uno di quei casi. Non è pigrizia o incapacità, sia chiaro, piuttosto il fatto che un gioco come Keyboard Sports – Saving QWERTY nasce da un’idea di base impossibile da traslare, pena la perdita di tantissimo divertimento. Nei panni di un giovane allievo del maestro QUERTY, saremo catapultati in un mare di minigiochi dove il nostro unico strumento di input sarà la tastiera nella sua interezza: ogni tasto esistente ci permetterà di muoverci liberamente cercando di sopravvivere a folli prove che ci hanno ricordato titoli come Wario Ware. Il titolo vanterà comunque una campagna incentrata su una storia bizzarra ma non scevra di plot twist ed eventi inaspettati, basata sulla salvezza e la salvaguardia dell’unico strumento in grado di contrastare controller astrusi e nuove tecnologie che minano la sopravvivenza della cara e vecchia tastiera.
Il lancio del titolo di Triband e distribuito da Humble Bundle è previsto per l’inizio del 2018 per PC, Mac e Linux, lasciando per una volta gli utenti console a bocca asciutta per una buonissima ragione.
Staxel
Che Minecraft abbia pesantemente influenzato il mondo dei videogiochi è cosa nota. La sua libertà di fondo permette di fare una moltitudine di cose e, probabilmente, la possibilità di creare la propria fattoria è stata una fonte di ispirazione per Staxel, titolo che utilizza la veste grafica del titolo di Mojang con un gameplay che ci ricorda un moderno Harvest Moon.
Vestiremo i panni di un provetto fattore in una nuova comunità, animata da numerosi personaggi che dovremo aiutare accontentando le loro richieste, apprendendo pian piano tutte le meccaniche di gioco, numerose e che rivelano una profondità di gameplay notevole. Ovviamente siamo distanti dalle emozionanti avventure all’interno di miniere sotterranee piene di pericoli e Creeper pronti ad esplodere, ma gli amanti dei giochi distensivi potrebbero trovarvi un piccolo orticello pieno di cose da fare e che sarà sicuramente una fonte inesauribile di intrattenimento, così come la modalità online permetterà la creazione di mondi agricoli senza precedenti.
Staxel di Plukit arriverà sui nostri PC a gennaio dell’anno prossimo.
No Truce with the Furies
No Truce with the Furies, sviluppato da ZA/UM, è un titolo indipendente che ci ha rapito grazie ad un gameplay complesso e ricco di sfumature. Nei panni di uno sventurato tenete di polizia, il gioco racchiude al suo interno profonde meccaniche ruolistiche ispirate a Dungeons & Dragons applicate però ai dialoghi di gioco, siano essi con i vari NPC sparsi intorno oppure con noi stessi. La nostra coscienza è infatti un misto di emozioni e sensazioni con le quali spesso dovremo scendere a compromessi e che potrà esserci tanto d’aiuto quanto d’intralcio durante le numerose conversazioni, al punto da aver richiesto l’implementazione di un inventario appositamente studiato per i nostri pensieri. All’inizio del gioco avremo una scheda del personaggio con numerose opzioni psicologiche delineanti la nostra personalità, tutte tra l’altro influenzabili da eventuali interazioni con bevande alcoliche e persino droghe, ma anche vestiario e molto altro. Un gioco che pone numerose scelte di fronte al giocatore con risultati sempre diversi e inaspettati, coadiuvato da uno stile grafico sporco e realistico che ci ha affascinato sin dalle prime occhiate. Peccato che Humble Bundle non abbia ancora annunciato una data di uscita ma, dateci retta, tenete d’occhio questo titolo.
Crowfall
Cosa fare di nuovo in ambito MMORPG, a ben vent’anni dalla pubblicazione di Ultima Online? Due proposte le abbiamo provate alla Gamescom: la prima è questo Crowfall, la seconda è Dual Universe di cui vi parleremo a breve. Crowfall è un tipico MMORPG fantasy ad una prima occhiata, con occhio che guarda al PVP e si incentra su razze e casate. Le razze disponibili sono a tratti peculiari, e così il gioco cerca di staccarsi da un immaginario fantastico troppo canonico. La caratteristica principale è però quella dei mondi giocabili in Crowfall: da una parte infatti c’è una mappa persistente per ogni giocatore, in cui può costruire un proprio castello, e che più in generale è plasmabile a piacimento del giocatore. Dall’altra parte c’è invece la caratteristica che lo distingue dagli altri suoi simili: la possibilità di “completare il gioco”, con mondi persistenti ma non eterni forti una quest di fondo, diversa a seconda delle intenzioni degli sviluppatori. Così ogni partita gode delle sue regole peculiari, e non solo per quanto riguarda le condizioni di vittoria. Diverse possono essere le difficoltà, la quantità di equipaggiamenti trasportabili nel proprio mondo personale e via discorrendo. L’idea è quella di dare sempre nuovi spunti al giocatore, creando un sistema di dipendenza tra il proprio feudo e la quest del momento, da svolgere insieme alla propria fazione o razza. Un concept certamente interessante, per un gioco nato dal crowdfounding e già disponibile per i backers.
Dual Universe
Rimaniamo ancora in ambito MMORPG con Dual Universe, altro gioco online francese che ha ricevuto i fondi necessari su Kickstarter. Ancora una volta, si tratta di dare una nuova spinta al genere, introducendo un’importante aspetto sandbox e mischiando il tutto con un sistema politico economico player-driven. La prima promessa degli sviluppatori è quella di rendere il mondo di gioco totalmente distruttibile, in ogni minimo aspetto, e che queste modifiche riguardino ogni giocatore, essendo la mappa chiaramente condivisa. Per il momento, nella versione alpha del gioco, è disponibile solo un pianeta, ma avanzando nello sviluppo l’universo si riempirà di zone esplorabili. L’altro aspetto importante è quello della costruzione: sarà possibile ai giocatori costruire qualsiasi cosa, dandogli la forma che preferiscono, grazie ad un complesso editor. Inoltre, parlando ad esempio di astronavi, si renderà necessario utilizzare i diversi pezzi specifici, come i motori, e collocarli in modo corretto, per permettere alla nave di muoversi ed avere prestazioni ottimali. Insomma, l’obbiettivo ultimo è quello di rendere, con molte accortezze, possibile il fare qualsiasi cosa, in qualsiasi modo la si voglia fare. Volete fondare una città, con un suo sistema politico, i suoi ministeri e le sue leggi? Lo potete fare. Volete poi creare una flotta in grado di esplorare l’universo? Lo potete fare. Vi sta sulle palle la città-stato costruita sul lato oscuro della Luna? Andate a raderla al suolo.
Se tutto questo funzionerà poi davvero, ce lo dirà solo il tempo, ma la community sembra già abbastanza nutrita ed appassionata, con diverse Carte Costituzionali già redatte. Si può ben sperare.
Hacktag
La coop locale manca a molti di noi, che siamo cresciuti perdendo diottrie su piccoli schermi CRT a loro volta divisi in 4 rettangoli. Per fortuna alcuni developer indie pensano anche a noi, e quindi a volte spuntano cose come Hacktag, che devono tutto a quella voglia di sedersi fianco a fianco sul divano, pad in mano e zero cuffie+microfono. Nella nostra prova alla Gamescom, quindi, ci siamo trovati fianco a fianco con uno sviluppatore del gioco per un paio di partite a questo curioso stealth/puzzle asimmetrico dal design furry. I due giocatori interpretano rispettivamente un hacker e un agente sul campo, in diverse mappe con obbiettivi diversi. La collaborazione è il perno di tutto, così alcune porte possono essere aperte solo dall’hacker e alcuni sistemi possono essere violati solo fisicamente per permettere all’hacker di spostarsi nella rete. È quindi evidente come sia necessario coordinarsi per riuscire ad avanzare senza essere scoperti, pena la cattura, che può essere sventata dal proprio compagno con diversi espedienti. L’impianto stealth è molto semplice, si tratta quasi semplicemente di non entrare nel raggio visivo dei propri nemici, rendendo il gioco decisamente arcade. C’è poi una punta di competizione, perché il punteggio finale del gioco viene influenzato da diversi fattori non condivisibili, spronando così entrambi i compagni a cercare di arrivare un po’ prima a determinati obbiettivi rispetto al proprio partner, correndo ovviamente un rischio in questo modo. Se volete provarlo, il gioco è disponibile in accesso anticipato su Steam, e da quello che abbiamo visto è piuttosto divertente, a patto di avere qualcuno disponibile a giocarlo con voi.
Beyond the Void
Beyond The Void è una di quelle commistioni di generi che sembrano andare molto forte ultimamente nella scena indipendente. Un incrocio tra MOBA, RTS ed esplorazione spaziale, il tutto mischiato in un minestrone piuttosto semplice ad una prima occhiata; siamo lontani dalla complessità di un Endless Space 2, per dirne uno, e questo è anche ovvio visto l’obbiettivo ultimo del gioco: la competizione attraverso partite piuttosto semplici e veloci. A inizio partita sarà compito del giocatore scegliere una nave madre, equipaggiarla con alcune skills e prepararsi allo scontro contro l’avversario. La linea che collega i pianeti base dei due contendenti è semicircolare, protetta simmetricamente da diverse postazioni, utili ad evitare di venire distrutti in un battito di ciglia mentre si prepara una strategia adeguata. Strategia che, tra le altre cose, prevede la ricerca di nuovi pianeti da colonizzare, utili ad ottenere altre risorse. L’impianto di gioco è piuttosto semplice nella versione da noi testata, e il poco tempo a disposizione non ci ha permesso di sapere la reale profondità raggiungibile da Beyond The Void, anche per quanto riguarda le possibili personalizzazioni della nave madre, la varietà delle build realizzabili e soprattutto l’influenza delle carte che sembrano essere una delle principali caratteristiche del gioco che dovrebbe debuttare in early access a fine settembre, per i più curiosi di voi.
Graahl: Of Feather and Grit
Siamo combattuti, rispetto a questo Graahl di Swing Swing Submarine, già autori di Seasons After Falls. Siamo combattuti perché, al netto di una direzione artistica veramente piacevole, quello che abbiamo provato non aveva né capo né coda, trovandosi in una versione troppo embrionale che ci ha fatto domandare, a prova conclusa, perché non abbiano aspettato tempo per mostrare qualcosa di più sostanzioso. Ci troviamo di fronte ad uno strategico cooperativo orientato alla narrazione (???), un mix che difficilmente può suonare vincente. Il gioco, quello che abbiamo potuto testare almeno, è molto semplice: fino a quattro giocatori scelgono un eroe tra i quattro disponibili, ed iniziano il loro viaggio per delle isole galleggianti in cielo. In ognuna di queste è possibile imbattersi in diverse attività, puramente testuali, che vanno dalla raccolta di risorse necessarie a proseguire, ad incontri con personaggi, reclutabili nel party nel giocatore che li ha incontrati, per finire con momenti puramente narrativi. Arrivati su un’isola, a turno, ogni giocatore sposta una delle sue pedine su una delle suddette attività, per poi vederle svolgersi. Il problema è che in questo modo si hanno scampoli di lore, belle illustrazioni estremamente ripetitive dato lo stato iniziale dei lavori, e niente più. La generazione procedurale di quanto incontrato non aiuta certamente a dare un senso di solidità a Graahl. La strada intrapresa è ancora lunga e ci sembra veramente irta di insidie. Hope.
Aftercharge
È un concept particolare e rischioso, quello di Aftercharge. Ci troviamo di fronte ad un titolo multiplayer online, 3vs3, con due team decisamente fuori dagli schemi a fronteggiarsi: da una parte troviamo tre agenti di sicurezza invincibili e dall’altra tre robot totalmente invisibili. Al centro, sei estrattori che il team invisibile deve distruggere. Quando sono impegnati nella rottura di questi oggetti però, i robot diventano momentaneamente visibili, e quindi vulnerabili, data la loro incapacità di reagire agli attacchi. L’unica opzione è quindi la fuga, se scoperti, o un’attenta pianificazione tattica a base di diversivi e azioni mordi e fuggi. La mappa che abbiamo potuto vedere era piuttosto piccola, rendendo le partite veloci, ma anche abbastanza dettagliata da non rendere possibile un controllo visivo su tutta l’area. Tutto molto interessante, anche perché a quest’idea di base si andavano sommando altri dettagli, come la possibilità di rianimare istantaneamente i compagni, in grado di rendere il tutto ancora più veloce. Perché l’obbiettivo principale del team è quello di permettere ai giocatori partite rapide e alternate, in cui si gioca una volta da una parte della barricata, e quindi dall’altra, scegliendo di volta in volta una sottoclasse specifica. Tutto rose e fiori, quindi? Siamo certamente colpiti dal gioco in quanto tale, ma un po’ meno dall’aspetto estetico, un po’ piatto e poco ispirato. Ancora una volta, aspettiamo di poter provare una versione completa del gioco per poter capire se l’idea del team riuscirà a concretizzarsi in qualcosa di addictive, come promette.
Another Lost Phone
Dopo A Normal Lost Phone, un altro telefono è stato ritrovato, quello di Laura. Il concept rimane lo stesso: il cellulare nelle nostre mani diventa effettivamente il telefono che abbiamo ritrovato, con tanto di UI, applicazioni, messaggi e fotografie. Il nostro obbiettivo, da bravi curiosoni, sarà quello di capire la storia di Laura, indagando nel suo telefono, trovando password e accedendo alle sue app cercando di utilizzare la logica, sfruttando quanto riusciamo a trovare nel telefono stesso. Di cosa tratta la storia della povera Laura non ci è stato detto, per non farci spoiler, ma siamo stati rassicurati che tutto sarà incentrato su importanti riflessioni sociali. Per quanto riguarda l’estetica, il gioco si rivela interessante come il suo predecessore, con una buona art direction e grande cura nell’interfaccia utente del cellulare, che riesce a mescolare bene i vari elementi rendendo, ad esempio, le impostazioni del gioco le impostazioni del telefono stesso. Aspettiamo, perché di avventure investigative sopra le righe c’è sempre bisogno.
Battletech
Battletech è l’ultimo esponente di una serie di board game, libri e videogiochi iniziata nella prima metà degli anni ’80, e sostanzialmente sconosciuta ai più giovani. Battletech, il gioco di cui vi stiamo parlando, è invece un tattico a turni con movimenti liberi, dove i veri turni iniziano quando si ingaggia battaglia. Ed è anche uno di quei giochi di cui è difficile parlare senza averlo giocato a fondo, perché la complessità del sistema di combattimento è tanta, così tanta che gli altri giornalisti hanno lasciato a chi vi scrive il gravoso compito di combattere. Al comando di una squadra di quattro mech, siamo stati messi di fronte ad uno scontro nel quale eravamo in inferiorità numerica. Le azioni possibili sono tante, e variano da un movimento più breve che consuma meno azioni ad uno che ci permette di spostarci più lontano, sacrificando lo sparo, passando per un salto. I terreni influiscono sugli spostamenti, così come il peso del nostro mech. Una volta guadagnata la linea visiva dell’avversario, è possibile prendere la mira, puntando a parti diverse del corpo per arrecare danni diversi, consapevoli che anche il posizionamento sulla mappa permette di colpire punti, più o meno sensibili, a seconda della posizione rispetto al nostro bersaglio. Poi ci sono le skills, i robot che si scaldano e si spengono, e altre mille opzioni che veramente non c’è stato dato modo di approfondire. La dinamica priva di scacchiera permette poi ai giocatori una libertà di approccio enorme, ed anche una piccola sbavatura nel movimento può risultare in una posizione svantaggiosa, che abbassa drasticamente le percentuali di successo di un attacco. Le chiacchiere con lo sviluppatore, che ci suggeriva come muoverci mentre accettava approcci alternativi alla questione, ci hanno convinto abbastanza da dirvi che la sensazione finale è quella di avere per le mani un prodotto che, se rispetterà le promesse, uscirà come un tattico di enorme profondità e complessità, da studiare per mesi per poi aprirsi a ventaglio ad approcci tra loro diametralmente opposti. Siamo contenti di quello che abbiamo visto, molto.
Frostpunk
Direttamente dai creatori di This War of Mine, e ancor più nello specifico dalla stessa penna, nasce Frostpunk, un city builder con particolare cura per la politica. Siamo nel futuro, un freddo mortale cinge il pianeta, e noi saremo chiamati a gestire ogni aspetto della vista sociale e politica di un conclave di sopravvissuti, combattuti tra il portare avanti politiche eticamente accettabili e la necessaria voglia di sopravvivenza, con risorse limitate e una popolazione quasi sempre sull’orlo del precipizio. Qualche esempio? Se non avete abbastanza persone per accumulare risorse, è possibile promulgare una legge per far lavorare anche i bambini, o magari una per ampliare l’orario di lavoro a 24 ore, generando in ambo i casi malcontento, ma riuscendo a sfamare più bocche, o a curare più malati. Che fare? Nello stesso modo, vi verranno proposte delle quest man mano che le giornate trascorrono. C’è carenza di alloggi? Potete promettere di costruirne altri, con le ovvie conseguenze in caso di promessa non mantenuta, o semplicemente ammettere di non essere in grado di farlo. In ogni caso, praticamente, le conseguenze non possono che essere negative. Il tono è grave come in This War of Mine, le scelte da compiere pesanti e abbiamo ricevuto un buon feedback per quanto riguarda il senso di impotenza che si potrebbe provare in una situazione del genere, nel tentativo di gestire qualcosa di troppo più grande di noi. Il gioco dovrebbe essere previsto per l’inizio del 2018, e sinceramente non possiamo che essere positivi.
Hidden Dragon: Legend
Terminato il bando che vietava la vendita delle console in Cina, ecco che il mondo dello sviluppo cinese rifiorisce, allontanandosi brevemente dalle uscite PC e cellulare per confrontarsi con i colossi dell’intrattenimento casalingo. PlayStation 4, in particolare, forse anche solo per vicinanza geografica col Giappone, riscuote successo tra i team di sviluppo cinesi, ansiosi di mettersi alla prova non solo con la macchina, ma anche con il retaggio dei giocatori, ormai ampiamente disillusi da oltre 30 anni di videogame in salotto. In questa scena così fervente, si colloca Hidden Dragon: Legend, action adventure con piattaforme ormai prossimo al suo arrivo su PSN. Hidden Dragon: Legend non è un titolo innovativo, ma ripercorre alcuni dei canoni del genere che praticamente da Shinobi si sono consacrati ai videogiocatori: nei panni di un principe cinese, in quello che un mondo che ricalca in pieno il mito e cultura asiatica, avremo il compito di sconfiggere il male che attanaglia il regno. Il gioco è semplice e, tutto sommato, tecnicamente arretrato, ma l’ispirazione di matrice cinese dona comunque un certo fascino. Peccato per i controlli non pulitissimi e un’arretratezza che, tutto sommato, mostra quanto ancora ci sia da imparare per i volenterosi sviluppatori cinesi.
Epic Loon
Il gioco di Macrales Studio è uno dei giochi indie più “stilosi” che abbiamo avuto il piacere di provare. Tutto trasuda anni 90 e 80, dalla presentazione del gioco tutta con filtri che simulano la resa del VHS, all’estetica dei livelli veri e propri, che anzi vanno ancora più indietro con riferimenti a film classici come ad esempio Nosferatu e altri celebri film in bianco e nero (scelta cromatica che infatti accompagna tutti i livelli di gioco). La meccanica è semplice ma sorprendentemente divertente. Nei panni di un alieno dalle fattezze poco definite potremmo con un tasto trasformarci in un “grumo appiccicoso” e sempre con la semplice pressione di un tasto, saltare da una superficie all’altra, sia essa orizzontale o verticale. Il problema è che non sceglierete voi al direzione in maniera automatica ma sopra l’alieno comparirà una freccia che si muoverà perpetuamente da desta a sinistra. A noi spetta scegliere con tempismo giusto per lanciarci nella direzione desiderata. Nonostante a parole non sembra niente di esaltante, se non proprio frustrante come dinamica, vi assicuriamo che pad alla mano, e soprattutto in compagnia di un amico con il quale possiamo provare a completare i livelli insieme o competere per concludere uno schema per primi, difficilmente riuscirete a staccarvi da Epic Loon. Il look accattivante e super ispirato con cui tutto è confezionato poi, non può che essere un valore aggiunto. Epic Loon dovrebbe palesarsi entro l’anno e non abbiamo abbastanza voglia di metterci le mani sopra.
Skybolt Zack
Questo gioco,che al momento i giovani ragazzi di Isart Digital stanno cercando di dare alla luce, è un gioco arcade veloce, frizzante e con delle ottime e originali idee alla base, che ci ha piacevolmente colpito. In pratica all’interno di una struttura da platform 2D vengono inserite queste meccaniche che sono un perfetto ibrido tra rythim games e un action.In pratica muoveremo il nostro Zack per il livello come in un normale action ma potremmo colpire i nemici solo premendo il tasto corrispondente a livello di colore. Si innescherà così una velocissima sequenza di colpi la cui lunghezza e complessità dipenderanno dal nostro tempismo. Infatti se colpiremo con i giusti tempi non toccheremmo mai terra, un po’ come succedenei moderni titoli di Sonic. Ma se decideremmo di complicarci la vita e nella sequenza di attacchi riusciremmo a variare il colore e colpire quindi nemici diversi senza rompere la catena, raggiungeremo in nuove aree, accumuleremo potere per colpi più efficaci e ovviamente faremo lievitare il nostro punteggio, immancabile in un titolo arcade che si rispetti. Skybolt Zack al momento è ancora ben lungi dall’essere completato dai suoi sviluppatori, speriamo comunque di sentirne parlare nuovamente al più presto.