Segreti sepolti

Da qualche anno è ormai comune la tendenza tra le case videoludiche di dare spazio a una nuova forma di quello che potremmo definire merchandise: espandere l’universo narrativo dei propri videogiochi su carta, affidando a scrittori più o meno rodati il compito di inserire veri e propri tie-in tra le proprie avventure videoludiche. E una delle saghe più prolifiche in questo senso è stata quella di Assassin’s Creed. L’idea alla base dello scontro tra Templari e Assassini ben si presta alla narrazione di un romanzo storico-fantascientifico, fornendo un ricco filone da sfruttare a Ubisoft che, negli anni, ha affidato prima a Oliver Bowden e poi a Matthew Kirby il compito di scrivere storie che, nonostante i risultati non sempre eccellenti, hanno saputo stuzzicare adeguatamente il palato dei lettori-fan.

Questa volta l’onere di descrivere una nuova avventura con al centro l’Animus è toccata a Christie Golden, autrice di alcuni romanzi di genere horror che in passato hanno scalato la prestigiosa classifica del New York Times. La cosa appare come un forte tentativo di risollevare la parte cartacea della saga, specie considerata l’uscita ormai imminente del prossimo capitolo videoludico. La Golden, da questo punto di vista, risulta la scelta ideale. In passato ha pubblicato parecchi romanzi ispirati a grandi brand videoludici e non solo, ricevendo commissioni per storie dedicate ai franchise di Star Trek, Warcraft, Dungeons & Dragons e Starcraft. Insomma, una specialista di quello che è, a tutti gli effetti, un sottogenere che ormai ha trovato la propria strada.

Assassin’s Creed: Heresy ci propone una visione tutto sommato diversa della saga. L’autrice ha cercato di premere soprattutto sulla parte storica, riprendendo quella che è la vecchia cara tradizione dei videogame Ubisoft: inserire nel contesto della leggenda romanzata degli Assassini personaggi storici reali, in carne e ossa, piegando talvolta i fatti per poter dare loro una spiegazione all’interno del mondo videoludico.

Heresy ci propone però un periodo storico nuovo e un modo di utilizzare l’Animus completamente diverso. Protagonista della vicenda è infatti il professor Simon Hathaway, un Templare membro dell’Inner Sanctum e capo del dipartimento di ricerca storica della Abstergo Industries. Insomma, per la prima volta vediamo tutto nella prospettiva di uno degli antagonisti della saga, il quale riesce a convincere i suoi colleghi a lasciargli utilizzare l’Animus. Il suo scopo è quello di utilizzare la memoria genetica dei Templari per riuscire a risalire ai Frutti dell’Eden, cercando come primo obiettivo la spada di Jacques de Molay, ultimo Gran Maestro “ufficiale” dell’ordine. La spada, da tempo ritrovata, sembra tuttavia aver perso i propri poteri. Simon propone perciò di sfruttare le memorie del suo antenato, Gabriel Laxart, un ragazzo che, negli ultimi anni della Guerra dei Cent’anni, avrebbe combattuto al fianco della Pulzella di Orleans, Giovanna D’Arco. Con qualche remora, gli altri Templari accettano. Il responsabile della sezione Animus, Alan Rikkin, gli concederà però solo una settimana per riuscire a completare i propri studi, prima di interromperli per sempre.

Nel corso della sua ricerca Simon veste così i panni del suo giovane antenato, seguendo le vicende di Giovanna. Da subito si renderà conto che il suo predecessore era follemente innamorato di quella che un giorno sarebbe diventata la Santa Patrona di Francia. Ma, soprattutto, si rende conto che Giovanna ha nel suo sangue il DNA dei Precursori, i quali potrebbero aver guidato per tutto il tempo le sue azioni, dagli anni giovanili a Domrémy fino al rogo di Rouen…

L’idea alla base del romanzo presenta grande potenziale: da un lato fornisce una spiegazione fantasiosa ma adeguata al contesto nella saga di Assassin’s Creed delle famose “voci” di Giovanna D’Arco; dall’altro ci presenta un personaggio come Simon che costituisce una novità molto interessante, un utente dell’Animus completamente differente rispetto a quelli cui siamo abituati. Simon non potrebbe essere più diverso da Desmond. Razionale, pragmatico e capace di non lasciarsi coinvolgere nella storia, ha come scopo quello di portare avanti una ricerca che ritiene vitale. Non è un guerriero, ma uno storico, e questo comporta una forse differenza rispetto all’intera serie nel suo modo di approcciarsi ai ricordi che gli vengono svelati dall’Animus. Ben presto, tuttavia, Simon si ritroverà a scoprire verità ben diverse rispetto a quelle cercate. Scoprirà del coinvolgimento degli Assassini nella storia di Giovanna e, soprattutto, alcuni segreti sul suo antenato capaci di minare ogni sua convinzione.

Sotto diversi punti di vista il romanzo sembra funzionare e fa quello che viene richiesto da Ubisoft e dalla saga: riscrivere la storia delle fasi finali della Guerra dei Cent’anni in maniera coerente col canone di Assassin’s Creed, dando quindi al lettore l’idea di vedere un’estensione efficace del prodotto videoludico. Questo, per contro, rende fruibile il romanzo solo a un lettore che abbia anche giocato all’intera serie e messo mano ai precedenti volumi della serie. Un appassionato di storia potrebbe non essere del tutto soddisfatto del trovarsi di fronte a un’ambientazione basso-medievale appena abbozzata e alcune ricostruzioni storiche non sempre accurate. Tuttavia non è questo che si chiede al romanzo: lo scopo, come già detto, è quello di inserire un periodo storico appena sfiorato dai libri nel contesto della saga, estendere l’universo del videogame ad altre figure storiche e personaggi. Sembra banale affermarlo, ma potrebbero essere parecchi i giocatori che, abbagliati dal logo del videogame tanto amato, decideano di leggere il libro compiendo un loro personale Salto della Fede.

Stilisticamente il romanzo non si presenta impeccabile soprattutto per una questione dovuta al punto di vista traballante. Da sottolineare come la cosa non possa essere imputata tanto alla Golden, quanto alle necessità del romanzo stesso. Al momento di entrare nell’Animus le menti di Simon e del suo antenato Gabriel entrano in sintonia, ma questo complica la possibilità di riconoscere chi dei due stia osservando la scena. Il lettore può trovarsi spesso costretto a rileggere un passaggio per poter cogliere meglio quale dei protagonisti abbia formulato un certo pensiero, con la conseguenza di dover interrompere la narrazione e il rischio concreto di spegnere quella “sospensione dell’incredulità” necessaria per ogni romanzo.

Un altro piccolo problema è dovuto alla formattazione del racconto: sia le frasi formulate dal pensiero di Simon che quelle rivolte allo staff dell’Abstergo quando si trova nell’Animus dovrebbero presentarsi entrambe in corsivo. Ogni tanto questo non avviene. Si tratta di un piccolo errore di editing, ma che da una grande casa editrici come Sperling & Kupfer non può passare sotto silenzio. È bene sottolineare, comunque, come si tratti dell’unico possibile errore all’interno di una traduzione e una revisione che sono state svolte con competenza.

Verdetto:

Assassin’s Creed: Heresy difficilmente piacerà a tutti. I lettori più pignoli probabilmente non gradiranno qualche piccolo errore marginale e, senza la lettura dei precedenti libri e diverse sessioni videoludiche sui titoli della saga di Ubisoft, difficilmente si potranno godere la trama. Per contro ci troviamo di fronte a un’ottima reinterpretazione della vita di Giovanna D’Arco e della Guerra dei Cent’anni all’interno del canone di Assassin’s Creed. Si tratta di un romanzo che dimostra l’abilità della propria autrice nel caratterizzare i personaggi e nel gestire la scena, pur complicata da un’idea di base per niente semplice. Il libro è consigliato soprattutto ai fanatici della saga, quelli che non hanno alcuna intenzione di farsi scappare neppure un singolo episodio del secolare conflitto tra Assassini e Templari.

Federico Galdi
Genovese, classe 1988. Laureato in Scienze Storiche, Archivistiche e Librarie, Federico dedica la maggior parte del suo tempo a leggere cose che vanno dal fantastico estremo all'intellettuale frustrato. Autore di quattro romanzi scritti mentre cercava di diventare docente di storia, al momento è il primo nella lista di quelli da mettere al muro quando arriverà la rivoluzione letteraria e il fantasy verrà (giustamente) bandito.