Un viaggio breve alla scoperta di oltre 80 anni di mutande messe sui pantaloni
Con oltre 80 anni di vita editoriale sulle spalle, non deve meravigliarvi se Superman abbia ricevuto più o meno ogni tipo di costume. Dove per “tipo” si intendono tutte le innumerevoli mode attraverso cui il personaggio è passato ed è, per fortuna, sopravvissuto. Sups le ha viste tutte, dalle armature ai mullet, passando per improbabili trasformazioni energetiche, sino a look più militari o finanche casual.
Con l’arrivo di Justice League e la relativa bagarre mediatica attorno ai baffi dell’attore che lo interpreterà (l’ormai consolidato Henry Cavill), siamo stati rapiti dalla curiosità relativa ai più disparati costumi di Superman, il cui risultato è questa lista che cerca di proporvi il bene e il male di oltre 80 anni di mutande messe sui pantaloni.
Fuori concorso
La Golden Age
Benché sia ovvio identificare il Superman della Golden Age (ossia il periodo di immensa popolarità del fumetto americano che va dagli anni ’30 ai ’50) con quello delle origini, quel che più è interessante notare è il modo in cui la DC si trovò ad affrontare la crescente popolarità del personaggio. All’epoca il fumetto era passato rapidamente da un sollazzo domenicale ad un fenomeno di cultura popolare, tanto che l’offerta non era al passo con la domanda. Moltissimi supereroi, specie di DC, passarono quindi attraverso un lungo lavoro di messa a punto che investiva, per lo più, la parte tecnica della produzione. In questo specifico caso Joe Shuster, papà del kryptoniano, si rese ben presto conto di non poter gestire da solo la mole di lavoro richiesta da DC (all’epoca National Comics) per accontentare il pubblico. Si dovette quindi procedere per gradi, in primis arruolando una schiera poderosa di nuovi artisti che potessero far fronte alla richiesta di nuovi materiali su Sups. Nel periodo che va dalle origini a buona parte degli anni ’40, Superman passò quindi sotto molte, moltissime matite, con il risultato che l’eroe, pur mantenendo i suoi tratti caratteristici, finiva per essere disegnato in modi spesso diversi, talvolta impercettibili, il che investì in particolare la sua formazione fisica (a volte più massiccio, talvolta più longilineo), nonché il suo logo, l’inimitabile S sul suo petto, che diversi artisti faticavano a ricopiare a puntino. Pian piano la situazione andò migliorando, complice la popolarità in ascesa del personaggio. Anche se è sempre stato difficile segnare dei momenti storici in cui furono messi dei punti precisi alla caratterizzazione estetica di Sups. Forse, il più rimarcabile, riguarda proprio la S sul costume, che viene canonicamente standardizzata per opera di Paul Cassidy, che gli diede l’aspetto più conosciuto sulle pagine di Action Comics numero 26. Da lì in poi è storia.
I peggiori
Cacciatore di Mostri (Superman/Doomsday: Hunter/Prey)
Il ciclo “La morte di Superman” del 1992 fa schizzare le vendite della testata alle stelle. Sono gli anni in cui DC mette a dura prova i suoi beniamini più intoccabili, testando l’effetto che cambiamenti improvvisi e sconcertanti (e non a caso dopo pochi mesi leggeremo Batman: Knightfall) hanno sui lettori vecchi e nuovi. I risultati in termini di vendite sono eccellenti e l’evento della morte di Sups apre la testa a scenari del tutto inattesi, non ultimo quello di una guerra tra una accozzaglia di pseudo-Superman, tutti con il pregio di essere di una rara bruttura. Comunque, gli eventi si succedono, personaggi introdotti durante la saga della morte, così come eventi causati dallo scontro, finiscono per avere ripercussioni su diversi pezzi dell’universo DC finché, in ultima istanza, Superman ritorna in vita dopo essere stato in ibernazione per mesi nella Fortezza della Solitudine, la qual cosa gli ha anche fatto crescere un discreto mullet. Tra i vari eventi che portano Sups a tornare ad essere l’unico Superman in circolazione, assistiamo alla miniserie Superman/Doomsday: Hunter/Prey, nulla più che una caccia da parte di Superman al suo carnefice, Doomsday che, come lui, era misteriosamente ancora in vita. Scoprendo i misteri sulle origini del villain, Sups comprende anche che Doomsday non può essere ucciso due volte nello stesso modo, poiché il mostro è stato creato per tornare in vita senza i difetti che ne hanno causato la morte (un Cavaliere dello Zodiaco, in pratica). In un crescendo di eventi in cui c’è di mezzo pure Cyborg Superman, la scena si sposta ad Apokolips dove grazie al ritrovamento di una Scatola Madre (aka un supercomputer in miniatura che può fare tipo TUTTO), Superman ne guadagna un costume che più anni ’90 non si può. Qui c’è tutto: il mullet, gli stivaloni, quel pezzo di tuta che ti copre la testa ma non i capelli stile Gambit, pezzi di armatura attaccati sulla spalla, le cinghie con i tasconi, il braccio meccanico, il mantello gigante stile Spawn e persino una spada di energia. Come se qualcuno avesse aperto un numero di un fumetto di Liefield ed avesse detto: “pure io!”.
Espressionista (Superman’s Metropolis)
Nel 1996 DC pensa che sia una buona idea mettere su una serie di storie di stampo elseworld che uniscano alcuni dei suoi supereroi al cinema espressionista degli anni ’20. Ora, so che qualcuno di voi particolarmente hipster starà pensando che questa fu una buona idea, ma fidatevi non lo fu. Il risultato fu un trittico di storie con protagonista Batman, Wonder Woman e ovviamente Sups. Nel particolare per Kal fu messa su Superman’s Metropolis, una storia che raccontava di una versione futuristica (e futurista) di Metropolis fondendo immagini e tematiche con il capolavoro del cinema di Fritz Lang. La storia era un concentrato di cliché sulla lotta di classe, e benché alcune tavole fossero pure apprezzabili il risultato fu un Superman dal retrogusto steampunk, in giacca di pelle e cinturone dorato. Una roba brutta regà, ma veramente brutta. Still recuperare tutte e tre le uscite (Batman: Nosferatu e Wonder Woman: The Blu Amazon) fa comunque la sua porca figura in libreria.
Fulmini dagli occhi e saette dalle chiappe (Superman Red/Superman Blue Special #1)
La storia di Superman blu è unanimemente noto come uno dei momenti più tristi della storia del supereroe e si è snodata in un bel po’ di pubblicazioni, trovando la sua genesi negli eventi che succedettero al crossover “The Final Night”, in cui il Sole della nostra galassia fu spento. Quando poi il Sole fu riattivato, il corpo di Sups cominciò a metabolizzare l’energia solare in modo differente, trasformandolo in un’agglomerato di pura energia che, per essere contenuto, richiese la realizzazione dell’arcinota tutina blu attorniata di fulmini che lo rese una sorta di emulo (estetico) di Kid Flash. E vabè. A mettere benzina sul fuoco ci fu poi una cospirazione di Cyborg Superman che, attraverso un dispositivo, riuscì a dividere l’energia del corpo di Sups in due, portando alla nascita di Superman Rosso. I due Sups hanno condiviso il titolo per un po’ di tempo, con poteri simili ma personalità praticamente agli antipodi. Più tardi, in seguito ad una battaglia contro i Millennium Giants, le due personalità dell’eroe si rifusero, e Sups tornò unico e con il suo costume più classico. Il bello è che tutto fu fatto con una spiegazione così vaga e no sense, tanto che ancora oggi si ricorda quello specifico momento di Sups a fischi e pernacchie. Inoltre sia Blu che Red tornarono più tardi nella vita del personaggio, il primo come effetto involontario dell’assorbimento dell’eroe da parte di Brainiac (ma fu una cosa breve), il secondo in una comparsata sul numero 25 della testata Superman/Batman, in cui i due affrontarono diverse loro versioni alternative. L’idea del Sups splittato in due parti, comunque, non era nemmeno originale e faceva in qualche modo il verso ad una storia one shot del ’63 di Leo Dorfman, disegnata da Curt Swan, in cui a causa di una macchina per ampliare i suoi poteri e la sua intelligenza, Superman finì per dividere se stesso in due entità, una blu e una rossa, entrambe con le mutande nel posto sbagliato.
Il Superman dell’Unione (Superman: Nation Divided)
Originariamente un elesworld del 1999 con testi di Roger Stern e matite di Eduardo Barreto, Nation Divided è un one shot che racconta di una Terra alternativa (poi canonizzata in Terra-1863) nel cui anno 1863 Superman partecipa alla guerra civile americana. Occorre qui specificare che non parliamo di Clark Kent, ma di tale Atticus Kent (comunque originariamente noto come Kal-El). Atticus si schiera quindi con l’Unione nella battaglia contro i Confederati, sfoggiando un costume che cerca di fondere il design classico di Sups a quello di un’uniforme di un generale dell’Unione, così come ci sono pervenute nel tempo. Se il pantalone con la costina laterale e la cinta/fusciacca alla vita non vi turbano abbastanza, impossibile che non lo faccia l’imbarazzante combo tra colletto rigido e logo sul petto a cui, per l’occasione, alla S tipica e simbolo della Casata El, furono aggiunte una U e una A. It’s U.S.A bro!
Superman in armatura (vari ed eventuali)
Tracciare un profilo dei Superman in armatura è quanto mai arduo e periglioso. Diverse sono infatti le situazioni in cui a qualcuno è sembrata una buona idea mettere un’armatura sul supereroe indistruttibile per antonomasia. Onde evitare che questo paragrafo diventi un articolo nell’articolo, facciamo allora riferimento al solo Superman del ciclo New 52, che resettò il guazzabuglio di Flashpoint in concomitanza del nuovo interesse DC per il mondo del cinema. E dunque, dopo un periodo da working class heroes (in tutti i sensi), Sups torna ad indossare un costume vero e proprio. Che però non è solo un costume ma anche una vera e propria armatura. Il pretesto è uno scontro mortale con Brainiac che l’eroe, ovviamente, vince e che è anche l’occasione per fondare la JLA. E bene così! Il nuovo design fu progettato dalla leggenda Jim Lee, e non sarebbe neanche stato malissimo se non fosse per un terribile (e immaginiamo strettissimo) colletto alto con uno spacco a V, e per un carico di dettagli assurdo su praticamente tutto il corpo, dato dal dover identificare, per l’appunto, il costume come una vera propria armatura, come fosse assemblata a placche. Avete presente Iron Man? Ecco, su quel mood lì più o meno. L’armatura, per fortuna, fu poi alleggerita da John Romita Jr, altro mostro sacro che era da poco approdato in DC e che in qualche modo rese il design più sottile e più simile ad una tuta.
Diplomatico (JLA: Age of Wonder)
Agli inizi degli anni 2000 se non riportavi indietro la storia dei tuoi personaggi del fumetto non eri nessuno. Il trend lo aveva lanciato Neil Gaiman che con la controversa serie 1602 aveva riportato i supereroi Marvel indietro nel tempo, immaginandoli ai tempi del’Europa coloniale. La serie, per inciso, era una schifezza per diversi motivi. DC a questo punto fa più o meno la stessa cosa, ma non tira su una serie in più numeri, bensì un elseworld in due parti con testi di Adisakdi Tantimedh. Questi decide di ambientare l’arrivo sulla Terra di Sups nel lontano 1850, facendogli vivere l’ansia degli eventi del conflitto Mondiale per cui, infine, si alleerà persino con Nikola Tesla. Superman, dotato di tutti i poteri che conosceremo, fonderà persino una locale versione della JLA, per l’occasione rinominata la League of Science, sfoggiando un costumino simil diplomatico europeo che ancora oggi lo si guarda esclamando “ma io bho”.
New 52 originale (DC Comics: The New 52 #1)
A bordo valle della lista dei bruttissimi, e giusto a metà tra i salvabili, ci mettiamo la versione originale del costume New 52, che poi non era un costume. Era praticamente Sups in jeans e anfibi da lavoro, con una t-shirt attillata con sopra l’iconica S e un mantellino misura bambino sulla schiena. Ok, lo sappiamo: descritto così fa cagare come poche cose al mondo, ma allora perché è “il migliore dei peggiori”? Lo abbiamo messo qui perché il costume “New 52 Original” è stato indossato in due momenti diversi della storia del personaggio, all’inizio ed alla fine del ciclo New 52 di Sups. Rispettivamente prima e dopo che questi perdesse i suoi poteri dopo aver sfoggiato il poderoso e chiacchieratissimo potere finale: il Solar Flare. Dopo quest’ evento, il corpo di Superman è prosciugato da ogni forma di potere, e il nostro diventa vulnerabile e mortale. In questa occasione Sups vive un breve ciclo di storie in cui, sostanzialmente, picchia le gente a mani nude, usando i resti del suo mantellino come stracci con cui rivestirsi le nocche dei pugni. Una cosa veramente, ma veramente “stile Miller anni ’90”. Nonostante la bruttezza, questo costume si becca questa posizione, paradossalmente, proprio per quelle storie senza poteri, in cui un Sups che soffre, sanguina e prende a schiaffi la gente era, in effetti, una trovata molto interessante. Still, lo ripetiamo: “il migliore tra i peggiori”.
I salvabili
Soggetto 1 (Flashpoint: Project Superman)
Riassumervi cosa sia stato Flashpoint non sarebbe semplice, quindi non scoraggiatevi e se proprio siete curiosi recuperatevi una delle diverse raccolte originali visto che si tratta di uno snodo fondamentale di quelli che sono stati i più recenti eventi DC. Flashpoint ha il via nel 2011, ed è il maxievento di quell’anno che ha come protagonista Flash (Barry Allen) e che finirà poi per cambiare tutto, ma tutto il mondo DC. Praticamente tutti gli eroi vengono modificati per l’occorrenza in versioni più cupe o riottose e per quanto concerne Superman, assistiamo qui ad una delle sue versioni più deboli e fragili di sempre. In Flashpoint la Terra ha avuto una storia e una evoluzione diversa, così come gli eroi che non si sono uniti che per motivi politici. Il kryptoniano, nel particolare, non è atterrato a Smallville ma è precipitato direttamente su Metropolis causando, per altro, una strage di innocenti. Il governo americano, dunque, arrivato subito sul posto, requisì l’infante spaziale e lo confinò in una struttura di ricerca dove, compresa la sua biologia, lo relegò quasi del tutto lontano dal sole, usandolo come prima cavia per il “Progetto Superman”, il cui scopo era la creazione di un super soldato governativo. Il Superman di Flashpoint non è quindi Superman, ma è una cavia che è stata tenuta lontana dal Sole quasi da sempre. Ha un corpo magro e cianotico, è fragile e debole, e solo con l’incedere della storia comincerà a mostrare al mondo i suoi poteri. Benché il suo design sia veramente brutto, la contestualizzazione con la storia è eccellente ed ecco perché resta un Sups brutto ma, fondamentalmente, accettabile.
Police Superman is still Superman (Superman: World of New Krypton #2)
Nel corso del 2009, nella storyline di Sups la città in bottiglia di Kandor viene finalmente “stappata”, ma anziché sollevare i boccali la popolazione della terra si ritrova con 10,000 kryptoniani senza fissa dimora. Onde evitare di finire confinati dietro qualche muro, le genti di Krypton decidono quindi di emigrare su un pianeta artificiale messo su in quattro e quattr’otto che, con grande fantasia, chiamano “Nuova Krypton”. Superman decide quindi di lasciare la Terra per vivere con la sua gente, anche se scopriremo che è tutta una finta, solo per esser sicuro che non succedano altri casini. Che se sei una popolazione a cui è esploso il primo pianeta, forse è bene tenerti d’occhio. In questo ciclo di dodici uscite, Superman abbandona il suo costume classico per sfoggiare invece un’uniforme nera e bianca, con delle spalline forse un po’ troppo rigide. Il termine uniforme è il più corretto, poiché con il titolo di Comandante, entra in forza all’esercito locale per mantenere ordine e pace sul nuovo pianeta. Il design della nuova super tuta fu ad opera di Gary Frank, a cui va il pregio di non aver in alcun modo fuso diverse idee in qualcosa che richiamasse anche solo vagamente il costume classico. Questa è semplicemente un’uniforme, il cui design è giustificato dalla posizione di Sups nella gerarchia di New Krypton. Tutto considerando, dunque, va bene così.
Rinato (Superman Rebirth #1)
Per quanto bello e appagante sia stato (ma non per tutti), Flashpoint ebbe il pregio di creare un casino tale nella continuity DC da non avere né capo né coda. Quel casino, lo avrete capito, fu chiamato New 52, e nonostante la buona volontà di autori e artisti fu ben presto accantonato come un fallimento. Ma come rimedi al caos? Che domande! Con un casino ancora più grande! Ecco dunque che dopo New 52 arriva Rebirth, che ancora oggi non è chiaro se sia una realtà alternativa, un reset no sense o un “fate un po’ come cazzo vi pare”. Comunque, cercando di mettere un minimo di ordine, successe che dopo la morte del Sups New 52, arriva sulla scena un nuovo Superman, e pure questo si chiama Clark Kent. Si tratta di un personaggio pre-Flashpoint, che in pratica non ha vissuto né il casino fatto da Flash, né la successiva situazione New 52. Questo Sups si è fatto la sua vita, con sua moglie Lois e suo figlio Jon che, tuttavia, ha smarrito da qualche parte e quella parte è l’universo New 52. Spiegarvi perché questo Superman sia Superman a tutti gli effetti, onestamente, non lo abbiamo capito neanche noi. Ad un certo punto ci sono stati degli inghippi con La matrice di Resurrezione, con i paradossi e con uno spiegone notevole sugli universi paralleli e cazzi e mazzi vari e quindi bon, Rebirth è l’attuale corso DC e fate sempre in tempo a recuperarlo dal numero 1. Fatto sta che per l’occasione Sups presenta un costume che cerca di fondere lo stile New 52 a quello classico, ma senza la storia dell’armatura. Semplicemente questo è un costume con un blu molto scuro e la tipica S gialla e rossa, a cui si associano giusto un paio di inserti come una cinta integrata al costume e degli inspiegabili polsini metallici. Detto ciò il costume nel complesso non è brutto, ed è quanto di più simile alle origini sia visto nel corso degli ultimi anni.
I bellissimi
Tovarich! (Superman: Red Son)
Vincitrice di un Eisner Award nel 2004, Red Son è forse l’elseworld più popolare degli ultimi 15 anni, e per certo uno dei più apprezzati in assoluto. All’epoca Mark Millar ipotizzò che a causa di una piccola differenza con la linea temporale originale, Superman non fosse atterrato in America ma in Unione Sovietica, dove era diventato un campione del popolo e del comunismo. La storia, per inciso, è una perla e va letta, ed ha il merito di aver dato vita ad una delle versioni di Sups più controverse ma apprezzate. Anche in termini di costumi, la semplicità del Superman: Red Son è disarmante ma efficace. Il Costume è praticamente quello classico in termini di stile, salvo che per una vistosa cintura. Le differenze stanno nelle colorazioni, che sostituiscono l’originale blu cangiante con una tonalità più cupa, quasi grigia. Al centro del petto non più il simbolo della Casata Kryptoniana, ma l’incrocio di falce e martello le cui forme ricordano però quasi la versione specchiata di una S. Incisivo ed elegante, resta oggi un costume iconico e bellissimo.
Il Dio (Kingdom Come)
Elseworld come se piovesse in questa lista, e dunque non possiamo non citare anche la storia per eccellenza, certamente la storia what if più bella di sempre, che sia Marvel o DC.
Kingdom Come è una pietra miliare del fumetto, ancor più del semi corrispettivo marvelliano “Marvels”; è un momento in cui DC quasi si interroga sul senso del supereroismo. Le tavole tinteggiate in modo dinamico e impareggiabile da un Alex Ross in stato di grazia, delineano una trama magnifica e magistrale elucubrata dal genio innegabile di Mark Weid. Dovreste leggere tutti Kingdom Come, perché se in prima istanza è già di per sé una bellissima storia di supereroi, i più attenti vi scorgeranno tutta una serie di spunti e riflessioni sul supereroismo in sé. Cos’è un supereroe? A che serve? Perché lo si divinizza? Le tematiche di Weid sono innumerevoli e l’autore, per altro, ha anche il pregio di tratteggiare versioni degli eroi canonici per certi versi inedite. Dal punto di vista estetico, abbiamo qui un costume di una semplicità disarmante la cui variazione consiste (oltre che nella solita cintura differente) in una S sul petto ridisegnata da zero e con sfondo nero, in sostituzione del consolidato giallo. Questo accostamento, unito ad un aspetto di Superman più maturo ed invecchiato, ma non stanco ed anzi più potente che mai, restituisce un’aura al personaggio quasi sacrale. “Divina” se vogliamo, che si sposa precisamente con le tematiche del racconto. “Less is more”.
In black (Superman: Lois & Clark #1)
E visto che abbiamo parlato di New 52, in questo mega inghippo di universi paralleli che non sanno dove piazzarsi, si finisce per avere il Superman pre-Flashpoint nel mondo del Superman New 52. Questa caciara, che prenderà il nome di “Convergence”, si risolverà con la famigliola del primo (composta da Sups, Lois e il piccolo Jon) che vive sul mondo del secondo. Desideroso di farsi i cazzi suoi e di non interferire con il Sups New 52, il Clark Kent pre-Flashpoint decide quindi di operare in segreto, che tanto i poteri ce li ha ed anche un notevole bagaglio di esperienze di merda sulle spalle. Compreso che il mondo New 52 è un mondo “giovane” e convinto che i cattivoni che gli hanno rotto le scatole per anni ci siano pure lì, Clark (pre-Flashpint) abbandona il mantello per combattere il male segretamente, sfoggiando per l’occasione un fighissimo costume nero con inserti argentati. Si tratta del costume “all black”, che per altro Sups aveva già indossato in due precedenti occasioni: la prima ai tempi della sua resurrezione, ma sfoggiava spesso anche cinghie e sacchetti attaccati alle coscie, oltre che a un terribile mullet (del resto erano gli anni ’90). La seconda nello story arc “Reign of Superman), e lì pur essendo più elegante aveva dei vistosi bracciali metallici. Il costume “Lois & Clark” è invece sobrio al massimo, pulito, elegante ed è pertanto l’unico dei tre ad essere meritevole di finire tra i bellissimi. Motivo per cui ringrazieremo per sempre il suo autore: il talentuoso Lee Weeks.
It’s classic (Action Comics #1)
Ovviamente in cima non poteva esserci che questo. Il primo costume. L’icona. Le fondamenta del supereroismo americano così come furono mostrate per la prima volta sull’ormai leggendario Action Comics numero 1 del 1938. Non è il costume più bello di sempre, ed anzi, praticamente a causa dei “problemi” della Golden Age fu, come detto a inizio di questo pezzo, più e più volte modificato. Ma qui si è fatta la storia. Creato da Jerry Siegel e Joe Shuster, da quel primo e embrionale supereroe si diede vita, di fatto, alla Golden Age dei fumetti, un processo di creazione, influenza, e resurrezione del genere avventuroso la cui eredità è l’intro al mondo del fumetto così come lo conosciamo. Ispirati dai racconti sul personaggio di John Carter immaginato da Edgar Rice Burroughs, e influenzati dall’aspetto di Douglas Fairbanks, Johnny Weissmuller e Harold Lloyd per ciò che riguarda i tratti tanto di Sups quanto di Clark Kent, il duo creò un eroe semplice ma riconoscibilissimo la cui summa derivasse da racconti e ispirazioni di vario genere. Dalla slapstick comedy che giustificava la goffa presenza di Clark Kent, al mito degli strongman circensi e dei lottatori greco romani, da cui il duo prese l’idea di una tuta aderente. Da Zorro derivò l’identificazione del personaggio con una lettera dell’alfabeto (la S ovviamente), e dalle riviste pulp (che poi generarono più o meno allo stesso modo Batman) derivò l’introduzione di un mantello. Gli si diede un nome ebraico (poiché i due erano ebrei): Kal-El, letteralmente “Voce di Dio”, che ne ricordasse in qualche forma l’aura divina e, con il tempo, gli si donarono poteri quasi illimitati. Il Costume classico è la summa del personaggio, certamente quello a cui tutti hanno guardato quando hanno disegnato la loro versione di Sups e, pertanto, resta l’icona assoluta, forse imperfetta ma comunque bellissima. Il costume classico di Sups è il mondo del fumetto nella sua genesi moderna. Un punto di inizio eccezionale e unico da conservare “a memoria eterna” nei libri di storia.