Pronti a puntare il dito sul maggiordomo?
Nel 2004 usciva una particolare avventura grafica punta e clicca ad opera di Future Games chiamata Black Mirror. Il gioco, che si sviluppò in seguito con una trilogia, aveva una impostazione abbastanza classica ed era caratterizzato da un’atmosfera gothic-horror veramente affascinate. La storia raccontava di Samuel Gordon, erede della famiglia Gordon che in occasione della morte del nonno William, si trovava costretto a tornare al castello in cui dimorava dopo 12 lunghi anni di assenza, per scoprire la verità sulla tragedia, avvolta da circostanze misteriose.
Torniamo ai giorni nostri. Gli sviluppatori di KING Art e THQ Nordic come producer, hanno deciso di riportare in superficie questo titolo con un completo reboot che cambia molti elementi, nomi, situazioni, e naturalmente componenti ludiche e stilistiche rispetto all’originale, ma mantiene il soggetto di fondo e anche l’inconfondibile mood e vena investigativa.
Questa volta vestiamo i panni di David Gordon, che come il protagonista del gioco originale (a cui questo titolo, in qualità di reboot non è assolutamente legato narrativamente), si reca in Scozia dopo una lunga permanenza in India, chiamato ad assolvere alcune questioni burocratiche legate alla scomparsa del padre. David ha vissuto interamente con la madre per la maggior parte della sua vita e non sa quasi nulla della sua famiglia. Anche il padre John Gordon rappresenta per lui una figura poco conosciuta, in quanto ha lasciato moglie e figlio diversi anni prima del fattaccio, per seguire le proprie ricerche. Curioso che il gioco si apra proprio mostrando le circostanze della morte di John prima di metterci nei panni di David, spostando da subito la curiosità del giocatore dal “come” al “perché”. Ma torniamo al nostro protagonista. Dopo un lungo viaggio David raggiunge la magione, che si rivela un vero e proprio castello, appartenuto alla ricca famiglia Gordon da generazioni. Il setting della trama, ambientata nei primi del ‘900, la location isolata e oscura, le musiche, il modo di parlare aristocratico dei personaggi, l’arredamento e l’espediente narrativo che innesca tutta la storia, danno la riuscitissima impressione di trovarsi di fronte a qualcosa che unisce in maniera armoniosa un contesto alla “Gosford Park” (film del 2001 di Rober Altman), un giallo alla Agatha Christie, le tinte oscure di un racconto di Allan Poe, e infine, temi esoterici che buttano nel calderone spiriti, occulto e follia tanto cari alla letteratura di Lovecraft.
L’enorme magione è abitata da Margaret, la nonna di David e madre del defunto John, il maggiordomo Angus McKinnon e l’avvocato Andrew Harrison, incaricato di formalizzare tutte le pratiche legate all’eredità della famiglia, più un’altra piccola parte della servitù. Queste sono le pedine iniziali del racconto che contribuiranno a tessere i primi intrecci della vicenda. Ad essi se ne aggiungeranno altri ma, approfondire tali dettagli sarebbe un delitto peggio di quello che siamo chiamati a svelare in Black Mirror. I personaggi sono tutti scritti molto bene e ottimamente caratterizzati. Avrete subito dei dubbi su chi è degno della vostra fiducia e chi no, ma Black Mirror saprà anche ingannarvi e uno dei suoi meriti è quello di non farvi capire subito né dove andrà a parare la storia né le reali intenzioni dei personaggi, i quali, non saranno mai dispersivi nei loro dialoghi e riusciranno ad essere attraverso questi sia ben delineati che utili nell’economia degli sviluppi narrativi.
Il gioco ridimensiona il vecchio concetto di avventura punta e clicca al moderno modello “Telltale”. Black Mirror si trasforma in un’esperienza in terza persona in cui potremmo muoverci liberamente tra le stanze del castello, in cui dovremo lavorare di osservazione, analisi e riflessioni sull’ambiente circostante, sugli oggetti che troveremo lungo il cammino posti all’interno di zone di interesse interagibili e spesso celati dietro al risoluzione di alcuni enigmi. I rompicapo in Black Mirror non sono tantissimi ma sono stimolanti e abbastanza impegnativi. A volte l’intuizione giusta arriverà senza troppi sforzi ma molte altre dovrete ragionare intensamente sul problema posto la cui chiave di lettura potrebbe emergere solo se unirete gli indizi che trapelano da oggetti (esaminabili in ogni dettaglio dal menu degli item), note, o magari elementi non direttamente collegati al puzzle che avete di fronte.
Ci vuole quindi un po’ di pensiero laterale, per interpretare l’utilizzo di oggetti e simboli. Ma per non rendere la presenza di queste sfide eccessivamente pretestuosa e quindi il racconto poco verosimile, come detto, non sarete chiama in continuazione a sfidarvi con il gioco in tal senso, ma tali attività verranno intervallate in maniera bilanciata con gli spostamenti e l’esplorazione tra i vari piani del castello, e soprattutto, con gli intriganti dialoghi da cui ricavare importanti informazioni per sbrogliare la matassa che cela gli oscuri segreti del passato della famiglia Gordon.
Oltre a questa progressione di stampo classico, avremo dei momenti in cui in preda a visioni più o meno concrete, avremo a che fare con spiriti o riminiscenze del passato (la natura di tutto questo la lascio scoprire a voi) con cui potremo interagire. Questi sono gli unici casi in cui è contemplato il game over. Se infatti indugeremo per troppo tempo in una zona dello schermo non consona alla risoluzione della scena, verremo sopraffatti e costretti a riviverla da capo. Questa è l’unica variabile di un titolo altrimenti estremamente lineare. In Black Mirror non ci sono bivi da prendere, non c’è un modo per scegliere come approcciarsi agli altri personaggi, dire una cosa o dirne un’altra compromette solo ed esclusivamente la quantità di informazioni di cui andrete in possesso. Questo perché la struttura del gioco, nonostante le modifiche superficiali, è rimasta identico a quella delle avventure punta e clicca “vintage” in cui non c’era modo di plasmare l’avventura a cui partecipavamo, ma potevamo solo impegnarci per superarne le sfide. Inoltre in Black Mirror non c’è alcun tipo di meccanica action. Non si scappa e non si combatte. Il ritmo è quello di un romanzo gotico, un giallo/thriller i cui momenti più adrenalinici corrispondono a colpi di scena e plot twist narrativi. Badate bene, non si tratta assolutamente di un difetto in quanto la compostezza della sceneggiatura accompagna fino all’ultimo una storia veramente intrigante e avvinghiante, cesellata di piccole sfide davvero soddisfacenti da risolvere (sebbene non così complesse come quelle delle avventure grafiche degli anni ’80 e ’90).
A livello tecnico il discorso è duplice e -ahimè- problematico nel tirare le somme del titolo in questione. La “superficie” di Black Mirror infatti è a mio parere veramente apprezzabile. La grafica è “semplice”, questo è innegabile, ma il “tratto”scelto per delineare i personaggi è particolare e azzeccato. Sembrano realizzati con uno stile a metà tra il realistico e il “fumettoso” e questo dona loro un’espressività molto accentuata e allo stesso tempo un design interessante. Tale espressività viene però meno durante i dialoghi visto che purtroppo, le animazioni sono veramente grezze e tradiscono le scarse risorse con cui questo reboot è stato realizzato. Il castello dei Gordon è ben realizzato e quanto meno c’è da fare un plauso per le scelte compiute a livello di illuminazione. Esplorarlo a lume di candela è suggestivo e dona un certo fascino e senso di inquietudine che ben si sposano con l’esperienza complessiva di gioco. Anche il doppiaggio è convincente e aderente al contesto, con quel modo di parlare inglese così aristocratico di tutti i personaggi. Purtroppo però, Black Mirror si perde in un bicchiere d’acqua, mostrando il fianco ad alcuni problemi tecnici francamente intollerabili. Innanzitutto il gioco è pieno di glitch e bug per i quali succede un po’ di tutto. L’immagine frigge, i sottotitoli non sono tradotti, elementi nello schermo compaiono e scompaiono, robe che compenetrano con loro e grossi cali di frame rate. Niente di grave ma secondo me non ci voleva poi molto a rendere il gioco un po’ più pulito da sto punto di vista. Ma veniamo alla cosa che proprio non ho tollerato assolutamente. Prima di tutto una precisazione. Ho testato la versione PlayStation 4 e solo quella, quindi non so come si comporta su PC o altre piattaforme. quindi metto le mani avanti. Ebbene su PS4 abbiamo un problema di caricamenti che ci riporta indietro di 20 anni, se non peggio. Nemmeno nell’Amiga e nel Commodore erano così tediosi. Ogni volta che cambierete stanza, o uscirete da un’inquadratura per entrare in una location differente, dovrete sorbirvi dai 20 ai 30 secondi di schermo nero con scritta “caricamento”. Anche nelle scene cinematografiche se prevedono un cambio di scenario, anche solo per pochissimi istanti, avrete lo stesso tipo di attesa.
Questo rende muoversi in Black Mirror veramente frustrante. Immaginate di dover percorrere tutto il castello perché non sapete bene dove dirigervi e quindi volete rigirarvene ogni stanza. Dovrete praticamente aspettare 20 secondi ogni 3 di camminata, una cosa che nel 2017 è francamente intollerabile e fastidiosa ai massimi livelli. Per di più manco si può giustificare una cosa del genere. La grafica di Black Mirror, per quanto piacevole è come detto semplicissima per gli hardware attuali, quindi si tratta solo di un’ottimizzazione del tutto inesistente. Vi giuro che questo difetto ha compromesso tutta l’esperienza e mi indisponeva perché rovinava totalmente il ritmo di un gioco altrimenti veramente appassionante (quanto meno sul piano della narrazione). Un vero peccato.
Verdetto
Black Mirror ci propone una piacevole storia gothic noir con una vena horror e un’impostazione da giallo, a base di misteriosi omicidi, segreti di famiglia ed elementi paranormali. Un gioco ben confezionato, elegante e discreto che non cerca di sovvertire la formula classica delle avventure punta e clicca portando particolarmente ammodernamenti al genere. I fan di questo tipo di giochi troveranno in Black Mirror tutto quello che cercano. Un comparto artistico funzionale ma di classe, qualche occasione per far funzionare la materia grigia in puzzle ben inseriti nel racconto, un’ottima colonna sonora, e una storia che, pur perdendo leggermente qualche colpo verso il finale, non mancherà di appassionarvi, rivelandosi, nel suo ripescare un soggetto dal passato, paradossalmente originale e diversa da quello che offre oggi il panorama delle avventure story driven. Peccato per le troppe e pesanti pecche di programmazione che pesano come una spada di Damocle nell’esperienza complessiva, la quale troppe volte viene bruscamente svilita da brutture visive, e come detto in fase di analisi, soprattutto da soporiferi lunghi e continui caricamenti che inficiano in maniera determinante il coinvolgimento durante le circa 7 ore necessarie a concludere il titolo. La speranza è che una patch risolva al più presto almeno in parte questi problemi, perché Black Mirror se lo meriterebbe.