Dopo aver intervistato Lee Unkrich, regista del film Coco e Darla K. Anderson, produttrice Pixar, abbiamo avuto modo di assistere anche alla conferenza stampa dei doppiatori Michele Bravi, Valentina Lodovini, Matilda De Angelis e Mara Maionchi.
Cosa ha significato per voi partecipare ad un film Disney/Pixar, entrando dunque un po’ nella storia dell’animazione? Come vi siete sentiti all’idea?
Lodovini: Per me è stato un onore ed entrare nella storia della Pixar mi emoziona, soprattutto perché Coco è un film incredibile, e lo dico sia da attrice che da spettatrice.
De Angelis: Pure per me è stato fantastico, anche perché era un sogno che coltivavo sin da piccola e mi sarebbe piaciuto persino fare qualcosa sul piano musicale, visto che artisticamente nasco come musicista. Ad ogni modo è stato difficile, il doppiaggio non è assolutamente un’abilità da dare per scontata e quando abbiamo avuto occasione di vedere il film doppiato ci siamo resi conto di essere davanti ad un’opera meravigliosa.
Bravi: Come artista sono ancora molto giovane ma in quel poco che ho fatto, in ogni intervista in cui mi chiedevano il sogno nel cassetto ho sempre risposto di voler fare qualcosa con la Disney, quindi adesso non saprò più che rispondere! Quando ho ricevuto la telefonata, ho cominciato ad urlarlo in giro e mi è piaciuto che non fosse un film canonico, diverso dai precedenti, per non parlare della pressione personale visto che il protagonista si chiama Miguel ed è fuori di testa per la musica. Sento che parla un po’ anche di me.
Maionchi: Io invece avevo molta paura; avevo già messo le mani avanti e quando mi hanno detto che c’era da cantare mi stavo rifiutando, per non rovinarmi la reputazione per quel poco di carriera che mi rimane! Alla fine, però, è andato tutto bene grazie anche al direttore del doppiaggio, che ha reso questa esperienza molto divertente e a sentire l’opera finita non mi sono nemmeno vergognata più di tanto.
Visto che Mara lo ha accennato, come è stata l’esperienza di doppiaggio? Inoltre, quale personaggio Disney o Pixar avreste voluto doppiare nei vostri sogni?
Maionchi: Mi sarebbe piaciuto doppiare Grimilde (la strega di Biancaneve n.d.R.), anche se all’epoca ero troppo piccola.
Lodovini: Dorothy, senza alcun dubbio!
De Angelis: Intendi Dory di Alla Ricerca di Nemo?
Maionchi: Ah eccola, è perfetta per la parte! (risate n.d.R.)
De Angelis: Per quanto riguarda il doppiaggio avevamo al nostro fianco Massimiliano Manfredi, forse uno dei più grandi doppiatori italiani, che si è rivelato un angelo e ti faceva sentire brava anche quando sapevi di aver fatto una schifezza. Il personaggio da doppiare non saprei, ce ne sono tanti, ma mi sarebbe piaciuto interfacciarmi con la Barbie chiusa nella scatola di Toy Story!
Bravi: Non avendo partecipato al doppiaggio del film mi sposto sul mio piano di competenza, ovvero colonne sonore, anche se comunque non saprei scegliere: è come se mi chiedessero se voglio più bene a mamma o a papà. Sono tutte meravigliose e non potrei mai indicarne una.
Mara, come hai reagito alla vista del tuo personaggio del film? Voi altri invece, avete cercato di imprimere nelle parti qualcosa di vostro, una caratteristica unica?
Maionchi: Mi ha fatto piacere, l’ho vista e ho detto perbacco, è più vecchia di me! Inoltre il personaggio è molto interessante, dato il suo rappresentare una certa eredità familiare e mi sono impegnata nel cercare di fare una voce meno pimpante del solito.
Lodovini: Ho cercato di metterci molta dolcezza, immaginando di parlare ad uno dei miei nipoti ed è andata bene.
De Angelis: Per me le cose non sono state semplici, perché il mio personaggio è più grande di me ed è anche un po’ più bacchettona. Ma a conti fatti, visto che mi hanno sempre detto di non avere una voce che rappresenti la mia età per fortuna non ci sono stati problemi.
Bravi: Io ho pianto tutto il tempo, sia alle registrazioni che alla visione completa del film. La cosa più divertente è che alla proiezione stavo vicino a Mara e, mentre lei rideva come una matta io ero in lacrime.
Maionchi: Beh, anche io ho pianto; il punto è che io sono stonatissima e mi rifiutavo di cantare al doppiaggio, poi quando ho sentito il risultato mi sono rilassata, anche perché io faccio cantare gli altri.
Gli animali sono un perno del film, in particolare gli Alebrije, spiriti guida messicani. Quale sarebbe il vostro spirito guida?
De Angelis: Io ho un cane che si chiama Coco e, vi giuro, non è fatto apposta! È un piccolo maltese isterico e indubbiamente sarebbe lei, dato che è identica a me.
Lodovini: In Toscana si dice che quando una farfalla entra in casa rappresenta un’anima dei nostri cari, quindi ora che ci penso ti rispondo indicando proprio la farfalla.
Maionchi: Al momento da me non si è presentato nessuno, ma voglio immaginare che un giorno ci incontreremo, anche se sono sicura che non sarà in forma animale.
Bravi: Nel film c’è un cane di nome Dante, molto storto e, guarda caso, somiglia molto al mio cane che è pure un po’ brutto. Volevo portarlo qui oggi ma non è stato possibile. Ad ogni modo si chiama Signora Longari; penso riassuma molto bene il senso dello spirito guida!
Una tematica molto importante del film è quella del sacrificio personale in nome dei nostri sogni, un argomento che vi tocca anche da vicino. Come vi siete sentiti a riguardo, vista anche la presenza di molta musica, fattore inedito nei lungometraggi Pixar?
Bravi: Sicuramente i sacrifici ci sono, ma si deve anche guardare ai grandi risultati che si ottengono, alla bellezza che si va a creare nel film grazie alla musica e che, non a caso, è la protagonista assoluta.
De Angelis: Io ho una concezione diversa del sogno: i sogni non sono cose che si realizzano o non si realizzano, piuttosto rappresentano ciò che fai; è quella cosa che ti fa svegliare la mattina e ti fa lavorare. Il bello di un personaggio come Miguel infatti è che ogni giorno si sveglia perché ha quell’obiettivo in testa e lo rende vivo, così come io da piccola suonavo la chitarra davanti allo specchio facendo i videoclip, e già mi sembrava tanto. In ogni caso c’è sempre bisogno di un’attitudine positiva nei confronti del mondo, perché anche quella può servire per renderlo più positivo con te, proprio come accade a Miguel.
Lodovini: Il sogno per me è qualcosa di molto puro, è qualcosa di incosciente e se penso alle mie esperienze diventa quasi un modo automatico di vivere. Io mi sento privilegiata perché tanti artisti non riescono ad arrivare a fine mese e, vivendo in questo stato di minoranza percepisco che se tutto dovesse svanire continuerei comunque a lottare per ciò che faccio. Per me questo è il mestiere più bello del mondo e per quanto incerto sento di non poter fare altro.
Maionchi: Io sono nata impiegata quindi non avevo grandi sogni, potevo solo scegliere che lavoro fare e solo alla fine mi sono imbattuta nel mondo della musica. Essendo realista sapevo di non poter cantare, perciò ho aiutato a cantare chi ne fosse capace ed assolvere il proprio compito. Non pensavo neanche di fare televisione, tant’è che X-Factor è capitato per caso, però capisco il sogno degli altri e a volte è quasi spiacevole assistere alla loro determinazione che li rende dei bulldozer senza controllo. E infatti c’è anche chi non segue questo sogno in modo costruttivo e si cerca di aiutarli.
Michele, tu hai ricevuto indicazioni da parte di Michael Giacchino per eseguire al meglio il tuo lavoro?
Bravi: Diciamo che l’obiettivo principale era mantenere il clima di dolcezza della canzone, che assume delle connotazioni fondamentali all’interno del film, una densità di tenerezza che poi è quella che mi faceva piangere ogni volta.
Il Dia de los Muertos non è uguale al nostro corrispettivo italiano, resta però quel concetto di famiglia che invece è molto radicato nel nostro paese, non trovate?
Maionchi: Io invece credo che questa idea si sia un po’ persa: da bambina ricordo che la notte tra l’1 e il 2 novembre si metteva a tavola il cosiddetto pan dei morti in Lombardia. Si festeggiava la notte dei morti, mentre adesso è andata scemando questa cosa, che tuttavia è rimasta un po’ nel sud Italia.
Lodovini: Io non nascondo il mio affetto per le radici che ti permettono di affrontare la vita e, ora che ci penso, mi è sempre stato detto quando muore qualcuno di guardare il cielo e sorridere, per cercare di colmare un dolore e ricordare con affetto chi non c’è più.
De Angelis: Come tutti i film Pixar, Coco è tanto per bambini quanto per adulti, con un messaggio profondo al suo interno. Trovo assurdo proteggere i bambini dall’idea della morte, soprattutto perché loro comprendono bene questo concetto e non devono averne paura come gli adulti.
Maionchi: Sì, ma questo perché per gli adulti si avvicina maggiormente man mano che gli anni passano, poi mi può anche far piacere che le persone portino il mio ricordo, però finché non mi tocca mi faccio comunque girare le scatole perché il muro è vicino. Almeno l’ironia permette di eludere un po’ quella paura, per quanto da piccolo un dolorino lo avverti senza pensarci e adesso lo prendi per la discesa definitiva. Avrò premura di lasciare foto mie sparse in giro.
Bravi: Il film tra l’altro non pone la morte come una tematica antagonista, il vero “cattivo” è la paura di essere dimenticati. In Coco il mondo dei vivi e dei morti sono separati dal petalo di un fiore, non c’è una reale distinzione tra le due realtà ma la paura di essere dimenticati è invece un problema molto serio nell’ambito del film.