“Andiamo a recitare”
Scordatevi i video e le gag su Facebook, toglietevi dalla testa le improbabili hit che ci hanno accompagnato, nel bene o nel male, durante questi anni con il benestare di Fedez, perché adesso Fabio Rovazzi ritorna protagonista improvvisandosi attore e, paradossalmente, riuscendoci, grazie all’ultima fatica del regista Gennaro Nunziante: Il vegetale.
In arrivo nelle sale italiane il 18 Gennaio e, inaspettatamente, distribuita da The Walt Disney Company, la commedia che vede Rovazzi protagonista e Luca Zingaretti e Ninni Bruschetta a spalleggiarlo, segue lo stile di humour pacato e genuino già ampiamente visto nelle passate opere di Nunziante con Zalone one man show.
Partiamo dal presupposto che, per potersi godere questa pellicola, bisogna necessariamente resettare la propria opinione riguardo la figura di Fabio Rovazzi.
Fatto ciò, potremo accomodarci in sala e gustarci una simpatica commedia leggera e spensierata, mai volgare (ed è un vero e proprio miracolo visti i tempi che corrono, dove bisogna arrivare ai limiti della decenza e del decoro per provare a far ridere il pubblico) e con un accenno di critica sociale che non guasta (quasi) mai.
Rovazzi (che interpreta se stesso, ma senza fama) è un giovane studente neolaureato desideroso di affacciarsi con successo nel mondo lavorativo, ma tra uno stage non retribuito e qualche crisi familiare, si ritroverà a doversela cavare da solo nel bel mezzo della giungla economica di Milano, per poter riuscire a portare avanti i propri progetti.
Inizialmente temevamo che realizzare una pellicola incentrata quasi del tutto sul giovane Fabio, potesse essere un azzardo, visto che quest’ultimo è privo di un background nel mondo della recitazione e, soprattutto, non possiede la carica di humour tipica di Zalone.
Ma ci sbagliavamo, perché se da un lato il comico e musicista pugliese è un personaggio irriverente, dissacrante e “cafone”, dall’altro troviamo un Rovazzi onesto, genuino, capace di far ridere attraverso il suo modo macchiettistico di affrontare qualsiasi situazione della vita.
Come ha detto lo stesso regista, la costruzione del personaggio interpretato da Rovazzi è ricalcata sull’attore stesso, un tentativo di trasporre su pellicola la carica comica di un ragazzo alle prime armi nel mondo della recitazione, ma abile lo stesso nel trasmettere molto allo spettatore in sala.
L’esperimento, o scommessa che sia, è riuscito, sostanzialmente sia perché il giovane milanese riesce a far ridere più volte il pubblico, senza dover utilizzare i soliti artifizi triti e ritriti delle commedie nostrane, sia perché la regia di Nunziante ci sa offrire una storia solo velatamente paradossale, ma essenzialmente vera e di facile comprensione, capace di arrivare, ahinoi, allo spettatore più giovane che prova, e riesce, ad immedesimarsi nel protagonista della commedia.
L’umorismo della pellicola è donato, oltre che ad un ritmo equilibrato, privo di punti di sospensione sostanziali, anche dalle improbabili coppie che si formano con il protagonista.
In ciò si vede l’aiuto di Zingaretti, il quale mette a disposizione la sua grandissima esperienza, alle prese con una figura grottesca, che si amalgama facilmente con il mondo circostante, ma, inaspettatamente, il più efficace nel creare un personaggio assai caricaturale, seppur mai esagerato, è Alessio Giannone (l’inviato barese di Striscia la Notizia), il quale interpreta l’improbabile coinquilino di Rovazzi.
Il duo che si crea è senza dubbio il più divertente e meglio riuscito dell’opera, e sa far ridere lo spettatore ogni volta che appare sullo schermo.
Apprezzabile, in ultima analisi, anche la non troppo velata critica sociale rivolta al mondo del lavoro incapace di voler puntare sui giovani e sulle loro idee, lasciandoli abbandonati al proprio destino.
Tutto bene, direte, promosso Rovazzi, coadiuvato da un cast tanto improbabile, quanto efficace, buona regia, e idea originale e trasparente, ma c’è un non so che di già visto in tutto ciò.
Il regista Nunziante tenta di distaccarsi dalle sue precedenti opere (Cado dalle Nubi, Quo Vado, ecc…), proponendoci un personaggio diametralmente opposto a quello di Zalone, tuttavia ci sembra sempre di ritrovarci davanti la stessa identica struttura narrativa, davanti allo stesso copione, nonostante l’idea risulti sostanzialmente nuova.
Una pecca che destabilizza lo spettatore, che una volta uscito dalla sala, si trova a riflettere se ha appena visto questa o quell’altra proiezione del regista, perché, sostanzialmente, si assomigliano un po’ tutte.
Verdetto:
Il vegetale, pellicola che vede come protagonista l’improbabile, quanto riuscito ed efficace Fabio Rovazzi, è una commedia italiana leggera e divertente, capace di arrivare facilmente allo spettatore e di fargli passare velocemente e in maniera spensierata l’ora e mezza di proiezione.
Un film semplice, con una velata critica sociale che viene affrontata senza pesantezza ma, nonostante ciò, dandoci degli strumenti di riflessione.
Promosso in pieno il personaggio di Rovazzi, che grazie al proprio umorismo, mai volgare e sopra le righe, riesce a strappare più di un sorriso in sala, anche per via della comicità dei suoi collaboratori (in particolare Giannone).
Niente male la regia di Nunziante, che sa tenere sempre le redini della sua creatura, peccando, però, nel non riuscire a distaccarsi totalmente dalle sue precedenti opere, donando al tutto un senso di déjà vu.