“Dove fioriscono i fiori, fiorisce anche la speranza”
A margine di ogni parere, non si ottiene per caso un punteggio di 99% su Rotten Tomatoes.
A dirla tutta, Lady Bird per un periodo aveva stabilito persino un nuovo record, superando Toy Story 2 in quanto a gradimento sul sito di aggregazione e toccando la cifra del 100%, ma col tempo si è dovuto arrendere ed accettare di scendere di un gradino perché evidentemente non si può piacere a tutti.
A tutti no, ma quasi. Di certo Lady Bird non è un film perfetto, anzi hai i suoi difettucci, qualche punto debole, eppure si fa davvero fatica a credere che possa “non piacere” a qualcuno.
L’opera di Greta Gerwig, alla prima regia in solitaria, trionfa ai Golden Globe portandosi via due prestigiosi premi quali Migliori film commedia o musicale e migliore attrice in un film commedia o musicale grazie a Saoirse Ronan, e mentre in America hanno già potuto apprezzare questa pellicola in tutte le sale, da noi arriverà soltanto il 1° marzo.
Ma cosa rende Lady Bird un film amabile?
Di sicuro il modo in cui la Gerwig dipinge il personaggio di Christine ‘Lady Bird’ McPherson (Saoirse Ronan), donandogli tantissime sfaccettature tutte contenute in un unico ed affascinante corpo, che si mostra senza trucco, in tutti in sensi, con le acne in bella vista e con tutte le fragilità di una ragazza adolescente alle prese con una necessaria crescita e i problemi che questa comporta.
Lady Bird, come vuole essere chiamata da tutti, persino dalla mamma, è una ragazza con molte insicurezze ma al tempo stesso è estremamente determinata e se vuole raggiungere un obiettivo dà il 100% (o il 99%, dovremmo dire) perché ciò avvenga.
Le sue ambizioni si scontrano spesso con la realtà, generando contraccolpi ed effetti domino che si ripercuotono sulla sua vita quotidiana, sulle amicizie e sulla sua famiglia.
È proprio il rapporto madre-figlia uno dei punti nodali dell’opera della Gerwig, che analizza il difficile ruolo di una mamma (Laurie Metcalf) che deve tenere in piedi la baracca in una famiglia in cui il marito (Tracy Letts), e quindi papà di Lady Bird, non ha più un impiego, il loro figlio adottivo Miguel (Jordan Rodrigues) si barcamena con qualche lavoretto ed ha pure la fidanzata in casa e quindi a carico della sua famiglia. Poi c’è appunto Christine, Lady Bird, che mal sopporta l’idea di vivere dalla “parte sbagliata della ferrovia“, si spaccia per ricca per far bella figura con alcune compagne di classe e si vergogna del padre, chiedendogli tutti i giorni di farsi lasciare molto distante dalla scuola. Ma Lady Bird fa tutto questo in maniera in fondo inconsapevole, solo per accontentare il proprio ego e le proprio inconsce necessità, senza la minima cattiveria perché il suo cuore è grande e puro, e non è una “snob“, come a volte la madre la etichetta.
Greta Gerwig è una sorpresa bellissima, ed è incantevole il modo in cui riesce a tratteggiare i sentimenti contrastanti di questa ragazza, sospesa tra l’amore incondizionato verso la famiglia e il desiderio di far parte di una differente classe sociale.
È proprio questo aspetto che diviene spesso il co-protagonista silente della narrazione, ponendo dei bivi continui sul tragitto di Lady Bird e le sue decisioni sono il frutto dei suoi desideri nascosti e delle sue considerazioni in merito a quel conflitto tra classe sociali che vive dentro di sé e che per lunghi tratti caratterizza la sua vita, con l’ambizione che spesso supera i suoi valori. Spesso, ma non sempre. Perché appunto Lady Bird è una ragazza dal cuore grande, che tuttavia deve far fronte ai problemi della sua età, così come il resto dei giovani.
Nel racconto della Gerwig c’è spazio quindi, ed anche molto, per l’amicizia, quella inossidabile che sopravvive a tutto, come nel caso del rapporto tra Lady Bird e Julie (Beanie Feldstein), o quella di circostanza, come con Jenna (Odeya Rush); e poi c’è l’amore, difficile e a volte crudele per gli adolescenti, il complesso rapporto con Kyle (Timothée Chalamet) e soprattutto con Danny, interpretato da Lucas Hedges, del quale fino a poco tempo ci chiedevamo il motivo di tanta sovraesposizione cinematografica, dal momento che lo vediamo sempre più spesso e in film di rilievo (Manchester by the sea e Tre manifesti a Ebbing, Missouri), ma che finalmente dimostra a tutti di essere un attore vero, non tanto sullo schermo, dove pure si difende mettendo in piedi una più che dignitosa performance, quanto sul palco del teatro all’interno del film stesso, in bellissimo gioco di scatole cinesi che ha il risultato di farci ammirare ancor di più l’immensa bravura della Ronan, e appunto di Hedges, che si muove da consumato attore fornendoci, nel complesso, forse la sua prova più matura e meno compassata fino ad ora.
In tutto questo c’è anche spazio per sfumature politico-sociali, con il ritratto di un’America di inizio 2000, quella post 11 settembre, dipinta in chiave nostalgica con la Gerwig che sembra voler raffigurare una realtà danneggiata ma non compromessa come quella attuale, ed è anche in questo che affiora la vena malinconica che fa da sottofondo all’opera, con la città di Sacramento, luogo in cui è cresciuta la nostra protagonista, che diviene un simbolo di tutto questo. Molte persone nascono e crescono in realtà verso le quali provano al tempo stesso amore e odio, la voglia di evadere dal proprio contesto è forte e la propria meta viene mitizzata, ma è solo quando ci si allontana da determinate situazioni che si apprezza il reale valore delle cose. Perché una città non è solo un luogo. È la famiglia, un ricordo, un profumo, un oggetto, e tutto ciò che la nostra mente accantona fino a quando si perde il contatto con esso, facendoci accorgere quanto fosse alto il suo valore per noi.
Lady Bird è un film di una sensibilità disarmante, al quale perdoniamo qualche piccolo intoppo, qualche leggero ostacolo su di un flusso narrativo scorrevole e un racconto di base che di certo non è nuovo nell’universo cinema. Dettagli, o lievi imperfezioni, all’interno di un’opera disinvolta e vera, che ci fa scoprire una regista fantastica come Greta Gerwig.
Verdetto:
Lady Bird, il film che ha vinto il Golden Globe come miglior film commedia o musicale e donato a Saoirse Ronan il premio come miglior attrice per la categoria sopra indicata, ci fa scoprire una regista fantastica, ovvero Greta Gerwig. Il suo ritratto dell’America di inizio anni 2000, quello post 11 settembre, è meravigliosamente nostalgico ed analizza moltissimi aspetti all’interno della nostra società, come l’adolescenza e la crescita, i problemi economici, i rapporti interfamiliari e quelli d’amore e d’amicizia, in un modo autentico e con una sensibilità incredibile.