Un tuffo nel passato, cadendo di pancia

Alla soglia dei miei trent’anni, benché consapevole del mio essere vecchio dentro sto sempre più rivalutando il mio bisogno ossessivo di essere nostalgico. Quell’impellente necessità di pensare con dolcezza ad un passato che spesso si ritiene migliore del presente per tante ragioni, perlopiù legate alla mancanza di responsabilità e anche quel pizzico di invidia che si riservava nei più grandi, ingenuamente. Non penso dunque che il ritorno in auge di generi ormai desueti come i platform in 2D sia un caso, piuttosto un riflesso condizionato nei confronti di un pubblico alla soglia dei trent’anni ed oltre, libero di affermare il proprio amore per i videogiochi e che necessita delle fughe dalla realtà per qualcosa di nostalgico.
In quest’ottica, Rad Rodgers: World One avrebbe tutte le carte in regola per riuscire nell’impresa ma, come leggerete, strizzare l’occhio al passato non è abbastanza per rinverdire dei ricordi.

 

Protagonista della nostra avventura è Ricardo “Rad” Rodriguez, ragazzino irrequieto ed amante dei videogiochi che si ritrova in un mondo virtuale per cause ignote, con tanto di risucchio della TV in modalità Stargate. Assieme a lui c’è Dusty, la sua fida console che in questa nuova dimensione ottiene coscienza, due braccia metalliche e una mitragliatrice pronta all’uso per il buon Rad, al grido di “Let’s make it dangerous to go alone”, alla ricerca di un modo per tornare nella realtà.

Come abbiamo chiarito nell’introduzione, Rad Rodgers è una graziosa trappola per trentenni, ovvero un platform 2D che vuole glorificare i bei vecchi tempi passati a giocare titoli storici come Commander Keen e Jazz Jackrabbit, giochi semplici all’apparenza, ma supportati da piccole intuizioni geniali, un level design intrigante e azione forsennata. Tutte cose che a Rad riescono molto bene, tra l’altro: pad alla mano, si vede come l’amore per i giochi che furono è stato tradotto in una buona esperienza, fatta di livelli non eccessivamente grandi ma complessi che rendono l’esplorazione piacevole e mai frustrante, ricchi di aree nascoste tutte da trovare che regalano enormi soddisfazioni ai completisti che vogliono trovare ogni piccolo segreto delle mappe.

A ciò si aggiunge il gunplay, se così vogliamo chiamarlo: l’arma di cui siamo dotati è un mitragliatore già di per sé devastante e con i power-up messi a disposizione da vari NPC o trovati gironzolando, diventa un’autentica bestia in grado di buttare giù qualunque nemico in un’esplosione di pixel, garantendo inoltre versatilità ed estrosità. Ci sono poi numerose sezioni dove sarà possibile controllare il fido Dusty, ad esempio quando ci troveremo davanti a glitch di gioco che bloccheranno il nostro cammino. D’altronde, chi meglio di una console può navigare nei codici di gioco? Ecco dunque delle piccole sezioni a tempo che spezzano nel modo giusto il ritmo, introducendo anche qualche enigma ambientale che fa sempre bene.

Chiudono il cerchio poi un gran numero di livelli bonus, ad esempio il Pogo Vertigo dove cercheremo di raggiungere la maggiore altezza possibile saltellando con un pogo stick e dei livelli puzzle che si rivelano abbastanza ispirati e interessanti.

Cos’è dunque che non funziona in Rad Rodgers? Prima fra tutte, sicuramente la longevità e le motivazioni dietro al sottotitolo World One. Come gran parte delle idee nostalgiche del web 2.0, Rad Rodgers nasce su Kickstarter e, sebbene la raccolta dei fondi sia stata un successo, lo stesso non è stato per lo stretch mark relativo al World Two che non è stato raggiunto. Di fatto, il gioco consta quindi di un solo mondo di gioco completabile nel giro di due o tre ore, lasciando in sospeso il resto della storia a tempo indefinito in base al successo che il gioco potrebbe avere nel lungo periodo. Il tutto ad un prezzo di 20€ che potrebbe non essere invitante per un’esperienza tutto sommato molto breve.

C’è poi il comparto tecnico insufficiente: il gioco, sviluppato in 3D con una prospettiva bidimensionale, è indubbiamente molto piacevole di base, ma affetto da numerosi problemi e che testimoniano uno sviluppo tutt’altro che ben riuscito. A testimoniarlo ci sono texture inspiegabilmente in bassa risoluzione e spigolose, tanto per i protagonisti che per i nemici, oltre a cali di framerate che, in un platform, sono tra i problemi più gravi che possano esistere, insieme ad un sistema di controllo problematico che rende la giocabilità spiacevole oltre ogni livello. L’idea di non essere padroni della situazione è onnipresente e la mancanza di precisione rende il trial and error una circostanza più spiacevole del solito, generando parecchia frustrazione, il che è un peccato visto il lavoro ben svolto su altri fronti.

Lato audio, il gioco mostra una colonna sonora senza infamia e senza lode, mentre merita un piccolo plauso il lavoro di doppiaggio, soprattutto nel caso di Dusty: la nostra polverosa console, infatti, è decisamente volgarotta e le sue linee di dialogo sono fonte di un buon umorismo in salsa nerd più che godibile per coloro che appartengono alla vecchia guardia e, nel caso vi ritrovaste in contesti più familiari, è possibile edulcorare i dialoghi attraverso le opzioni di gioco.

rad rogers recensione

Verdetto:

Rad Rodgers è una piccola occasione mancata. Nonostante l’impegno profuso sia evidente, la nostra prova è stata un’autentica autoflagellazione a causa di un comparto tecnico non pervenuto e afflitto da problemi che gravano in modo enorme sulla giocabilità. Inoltre, l’idea che questo gioco difficilmente vedrà un’eventuale prosecuzione lo rende senz’altro meno appetibile.

Francesco Paternesi
Pur essendo del 1988, Francesco non ha ricordi della sua vita prima del ’94, anno in cui gli regalarono un NES: da quel giorno i videogiochi sono stati quasi la sua linfa vitale e, crescendo con loro, li vede come il fratello maggiore che non ha mai avuto. Quando non gioca suona il basso elettrico oppure sbraita nel traffico di Roma. Occasionalmente svolge anche quello che le persone a lui non affini chiamano “un lavoro vero”.