La Storia di tutte le storie
Onestamente siamo un po’ indecisi in quale categoria andare a inscatolare questo prodotto da poco pubblicato su Steam e dal titolo evocativo di Where The Water Tastes Like Wine. Si è sentito molto parlare di questo titolo sui generis, i trailer che ne hanno annunciato l’uscita non hanno fatto altro che solleticare ancora di più la curiosità di videogamer alla ricerca di qualcosa di nuovo e a dirla tutta riponevamo un bel po’ di speranze in questo approccio alternativo al videogioco come mezzo di comunicazione.
Se volete saperne di più, sedetevi qui accanto a noi, intorno a questo falò, avete una storia da ascoltare…
La storia, non chi la racconta
Where The Water Tastes Like Wine basa l’intera trama su una partita a poker venuta male, dove il nostro protagonista, uno Scheletro Senza Nome, si gioca un all-in e, nonostante una mano che è tutto un programma, si ritrova a dover contrattare per estinguere un debito troppo grande per le sue tasche.
Con questa intro secca e immediata, il gioco ci catapulta in un’America degli anni 30 estremamente magica e onirica: impersoneremo uno Scheletro Vagabondo e il nostro interlocutore e maestro di poker è un lupo che a sua volta è doppiato da un meraviglioso Sting che, nonostante la sua tenuta, non ha ancora preso l’accento toscano.
Il prezzo da pagare per aver giocato male le nostre carte è quello di continuare a gironzolare di città in città, attraversando i confini delle decine degli stati che compongono gli USA, con il solo compito di raccogliere e collezionare Storie, racconti orali di ogni genere, episodi di vita quotidiana o intermezzi di natura fantastica.
Queste storie saranno poi la moneta di scambio per poter conquistare la fiducia dei tanti coprotagonisti che incontreremo nel nostro errare, personaggi che tratteggiano categorie umane e che dal loro canto vogliono solo raccontare la propria vita. Si va dal Monello che vive per strada, il cowboy che cerca disperatamente la libertà e, sotto sotto, se stesso, il poeta sfuggito dalle sue amicizie.
Ci sono più di dieci personaggi ‘importanti’, gli unici con cui potremo veramente interagire e la bravura nel venire incontro alle loro richieste (‘Raccontami una storia triste’, oppure Voglio sentire una storia divertente’) aprirà nuovi capitoli e nuovi retroscena nella vita dei nostri interlocutori.
E il gioco andrà avanti così, tra racconti e avvenimenti: ci sono oltre duecento storie da collezionare e l’idea che il gioco continua a perseguire e inseguire è quella che qualsiasi racconto tramandato oralmente è a tutti gli effetti una cosa viva, come vive sono le persone che ascoltano. Nel corso della nostra avventura incapperemo in nuove versioni delle storie che abbiamo sentito precedentemente, con particolari inventati di sana pianta che ne valorizzano il senso, o lo cambiano del tutto. La progressione in questo senso è assolutamente random e non sapremo mai cosa ci aspetta quando mettiamo in giro un racconto.
Sulla strada
Descrivere una qualsiasi sorta di gameplay di Where Water Tastes Like WIne è difficile e facile allo stesso tempo.
Da una parte il gioco in quanto tale si limita a farvi spostare da uno stato all’altro, da una prateria del sud alle montagne del nord, da Philadelphia a Denver… e basta. Nel corso delle vostre peregrinazioni random, incapperete in icone che spuntano su fienili, chiese o su case qualsiasi. Un click e vi ritroverete una nuova storia in saccoccia.
Per attraversare un intero paese, il gioco mette a vostra disposizione ben tre mezzi di trasporto, tutti scomodi e che odierete dopo pochi minuti, purtroppo. Potrete andare a piedi, ma sarete lenti, lentissimi, a meno che non vorrete imbarcarvi in un minigioco che sembra più una gara di multitasking del dottor Kawashima (ve li ricordate?): mentre con la mano sinistra usate il ben noto WASD per spostare lo Scheletro Errante, potrete tenere premuto Ctrl e seguire le indicazioni a schermo e pigiare i tasti direzionali con la mano destra. Tutto questo sforzo solo per avere una piccolissima accelerata di passo. Insopportabile.
Per le lunghe distanze, esiste sempre l’autostop, anche se è un po’ inquietante che esistano degli automobilisti che carichino sulle proprie macchine degli scheletri con il cappello da cowboy. Ma d’altronde sono gli anni 30 e tutto è possibile.
Purtroppo l’autostop, per quanto veloce e comodo possa sembrare, ha un enorme lato negativo: non avrete alcun controllo sulle auto che vi prendono a bordo. Una volta iniziata la corsa, dovete aspettare che il conducente vi faccia scendere e questo può avvenire dopo pochi chilometri nella direzione in cui desideravate andare, o dopo centinaia di miglia in una direzione assolutamente arbitraria e senza possibilità di lanciarsi fuori dalla macchina in corsa.
Il terzo modo di arrivare a una qualunque destinazione sono i treni, il vero orgoglio americano, interamente costruiti da manodopera cinese. Per salire su un treno basta comprare un biglietto e viaggiare sicuri e veloci, ma se siete al verde, potete sempre saltare su una carrozza qualsiasi e sfruttare le strade ferrate clandestinamente… peccato che se vi beccano i controllori, ve le danno di santa ragione e vi lasciano mezzo (o tutto) morto ai bordi della strada.
E così scoprirete che nel gioco si può anche morire… anche se la cosa non ha molto senso e neanche molto peso, visto che vi rimanderà dal Lupo Sting (che è evidentemente una punizione sufficiente) e ricomincerete tutto dall’ultimo punto di salvataggio automatico.
Purtroppo il gameplay di Where The Water Tastes Like Wine finisce qui: non c’è davvero nient’altro da fare, se non muoversi in una mappa relativamente grande, completamente vuota se non per alcune icone cliccabili. Il resto è tutto un ascoltare di storie e bisbigli, leggere righe e righe di testo, cercando di mettere insieme le varie linee narrative sparpagliate per il paese.
E per rendere le cose ancora più interessanti, il gioco non vi dice niente su come iniziare a giocare e su come continuare a farlo: per essere tutto basato su racconti, WTWTLW non si spreca in informazioni, se non in alcuni punti. Con il passare delle ore ho scoperto l’esistenza dei generi in cui venivano catalogati i racconti e come utilizzare questa caratteristica a mio vantaggio, ma è una cosa che ho dovuto scoprire da me, mentre per una buona parte della mia partita andavo avanti per inerzia, cercando di capire come interpretare le immagini davanti a me. Considerate poi che la maggior parte del tempo sarete dispersi in mezzo al brullo paesaggio americano e capirete che non avrete molte occasioni per ‘sperimentare’ e stressare il gioco.
Da questo punto di vista, WTWTLW non è un gioco, ma qualcosa di diverso, è un contenitore di storie, una sorta di antologia di pezzi di narrativa popolare, con una sovrastruttura videoludica forzata e ridondante, che quasi rovina tutta l’esperienza.
Forse i realizzatori avrebbero dovuto spingere ulteriormente sul concept testuale, e lasciarsi gli orpelli grafici tridimensionali alle spalle, per confezionare un prodotto che sarebbe stato assolutamente unico nel suo genere: un testo racchiuso in una cornice videoludica, qualcosa di diverso dalle visual novel, ma sicuramente più amalgamato allo stile che WTWTLW cerca di far emergere.
Art is not optional
Where Water Tastes like Wine ha due enormi pregi (a metà): il primo è la splendida colonna sonora composta da Ryan Ike, un mix di jazz, bluegrass, country, che sottolinea l’aspetto americaneggiante dell’avventura, fatta di spazi immensi e lunghi percorsi on the road. Le tracce sono varie e sono in un numero abbastanza elevato e si diversificano per la zona degli States che si sta visitando.
A prescindere da questo, purtroppo, dato il passo estremamente lento dell’avventura, visto l’incedere singhiozzante delle storie, le sottolineature sonore diventano a loro volta ripetitive e già sentite, e sembra davvero di viaggiare in una macchina con una vecchia cassetta incastrata nel mangianastri… ma senza l’aspetto goliardico e divertente che ci ha insegnato How I Met Your Mother.
L’altro sicuro valore aggiunto del gioco è la direzione artistica. Badate, non parliamo di grafica, perché in quel caso, WTWTLW è povero e quasi brullo. Il contenuto 3D, la mappa degli Stati Uniti, i modelli delle auto, le case e i paesini, sono davvero scarni e sembrano lì solo perché dovevano metterci qualcosa. Non c’è quasi vegetazione e il paesaggio è sottolineato solo dai colori dei campi coltivati o dalle montagne (di poligoni) invalicabili.
Quel che invece sorprende e forse rinfranca da questo approccio estremamente minimalista è la resa artistica che emerge ogni qualvolta ci imbattiamo in una Storia. Tutto il testo è contornato da splendide illustrazioni (statiche), realizzate dal talentuoso Kellan Jett, perfettamente integrate nel testo raccontato da essere delle vere e proprie diapositive di viaggio.
Vi perderete tra i tratti aggressivi e i colori lisergici e carichi con cui i personaggi incontrati vengono incorniciati, vi troverete di fronte delle figure immobili e che allo stesso tempo ‘vi seguono con lo sguardo’, tanto vividi sono i sentimenti dipinti sui loro volti, e, insomma, gran parte del divertimento di questo gioco sta proprio nel bearsi di questi sprazzi artistici.
Verdetto
Where The Water Tastes Like Wine non è un videogioco.
Lo dico così, a bruciapelo, perché è la verità: adotta alcuni aspetti del videogame, come l’interattività e il movimento simulato, ma al di là di questo, il gioco dei Dim Bulb Game e di Serenity Forge cerca in ogni modo di travestirsi da videogame, per celare quella che è la sua vera natura: un progetto ambizioso e crossmediale, dove la parte più importante e curata è proprio quella narrativa, sotto forma di centinaia di racconti da scoprire e dissotterrare tra i cumuli di inutili poligoni che compongono la mappa.
WTWTLW sarebbe un perfetto esperimento di libro illustrato interattivo del terzo millennio se si spogliasse di quei rudimenti da videogame che ne tarpano la potenza creativa e la forza comunicativa, relegandolo nel cassetto dei giochi monotoni. In un altro contesto e con una realizzazione più orientata a sottolineare i veri pregi della produzione, sarebbe stato sicuramente molto più vincente come esperimento.
Per adesso dobbiamo dire che le storie (tra l’altro scritte da fior di scrittori americani, che pubblicano su quotidiani e rotocalchi a tiratura nazionale) e le illustrazioni sono quel che di meglio il gioco ha da offrire, a patto che siate pronti a sopportare anche il condimento noioso e ridondante.