L’ultima fatica del creatore di Ultima

Richard Garriott, Lord British per gli amici, è una leggenda nel panorama videoludico. È una di quelle figure che, quando negli anni ’80 i videogiochi stavano iniziando a muovere i primi passi per poi affermarsi come una forza predominante nel settore dell’intrattenimento, ha contribuito a creare uno di quei titoli che hanno radicalmente cambiato il concetto di videogame e aperto un mercato completamente nuovo. Garriott, infatti, è la mente dietro Ultima, un titolo che nonostante sia datato 1986 viene considerato sia come uno dei primissimi titoli RPG che una sorta di precursore degli open world (pensateci quando oggi, 30 anni dopo, vi ritrovate l’ennesimo gioco di ruolo a corridoi…).

Lord British è stato un pioniere, uno a cui è sempre piaciuto osare e spingersi a di là dei suoi limiti, anche oltre il mondo del videogame, finendo per lanciarsi nello spazio (si, è anche astronauta) ed essere il secondo americano ad andare tra le stelle che può vantare un parente diretto come astronauta (suo papà lo era). Non è stata quindi una sorpresa quando Garriott, dopo anni di silenzio, si è presentato con un progetto ambiziosissimo, approdando su Kickstarter per avere supporto dei fan ma soprattutto libertà creativa: Shroud of the Avatar si è conquistato da subito una nicchia di accanitissimi fan, inebriati dal ritorno del Generale (altro nome di Garriott) e dalle promettenti premesse del prodotto. Purtroppo sin dalle prime prove, SotA si è rivelato un progetto abbastanza complesso, fin troppo per un piccolo sviluppatore come Portalarium, iniziando ad insinuare il dubbio nei cuori dei suoi sostenitori. A distanza di cinque anni dal suo annuncio, il progetto è stato rilasciato nella sua release definitiva e purtroppo quei dubbi si sono trasformati in terrificanti certezze.

 

 

Shroud of the Avatar è il successore spirituale di Ultima. Molti sono i riferimenti al precedente titolo di Garriott, sin dall’incipit: il giocatore veste i panni di un Avatar, una figura mitologica del passato, che secondo una profezia dopo essersi reincarnata poterà cultura e prosperità nel regno di Nuova Britannia. SotA è pensato per essere un prodotto episodico con una storia piuttosto immersiva e ramificata, supportata dalla penna di Tracy Hickman, altro precursore della narrazione nei videogiochi. Come ogni RPG che si rispetti le vicende narrate sono piuttosto lineari, con bivi nei quali il giocatore dovrà effettuare delle scelte che portano ovviamente a delle conseguenze piuttosto marcate.

In linea di massima le vie percorribili sono tre: amore, verità e coraggio, con delle quest associate piuttosto definite nelle quali appunto trovano spazio le ramificazioni citate sopra. Questo approccio è uno dei primi paradossi del titolo di Lord British, una sorta di spaccatura tra la voglia di proiettarsi verso il futuro e una certa dipendenza dal passato, una dicotomia che passa anche dal gameplay.
Il titolo, infatti, si presenta come un classico RPG in terza persona piuttosto spartano, con delle limitazioni che i giocatori moderni potrebbero trovare frustranti: per esempio le nuove quest non hanno nessun segnalatore sugli NPC e capire dove andare o cosa fare può essere davvero complicato, tedioso e lungo da sopportare. D’altro canto una volta ingranato il meccanismo, il titolo si dimostra anche godibile, con un sistema di combattimento per certi versi innovativo e decisamente coraggioso. Infatti da un lato ci ritroveremo davanti una serie di combattimenti con una impostazione familiare, dall’altro l’introduzione delle carte abilità sovverte completamente il feeling generale e strizza l’occhio a titoli che decisamente non ci saremmo aspettati (in alcuni punti Clash Royale, per quanto pazzesco possa sembrare, può essere un accostamento valido).

shroud of the avatar recensione

Il giocatore durante le quest guadagnerà una serie di punti da spendere nel suo mazzo abilità, ottenendo accesso ad una serie di azioni che possono essere fatte in gioco: quando un combattimento inizia, la barra delle azioni si riempie con le skill a nostra disposizione pronte per essere usate con un click. Le skill svaniscono una volta utilizzate o se non vengono usate abbastanza in fretta, sostituite da altre azioni presenti nel nostro mazzo. La probabilità con la quale le skill appaiono nella barra è correlata al numero di punti che abbiamo speso su quella particolare azione.
Da questa breve descrizione è semplice capire come questo approccio dia un senso piuttosto dinamico e nuovo al combattimento, che però purtroppo non si converte in un’esperienza necessariamente bilanciata o alla lunga divertente, vittima di una certa ripetitività. D’altro canto non si può dire che gli sviluppatori non si siano impegnati per dare massima scelta al giocatore: SotA infatti si autodefinisce come un titolo senza classi con un albero abilità piuttosto complesso e profondo, capace di portare l’utente a spendere diverse ore per provare ad ottimizzare il proprio personaggio, soprattutto in vista dell’online.

Proprio la parte multiplayer è un’altra componente decisamente diversa da un classico RPG, con uno spirito sandbox che non ci saremmo aspettati, viste le premesse. Il titolo può essere giocato interamente offline e il giocatore può portare quanto acquistato nel single player all’interno della modalità multiplayer. Qui ci si trova di fronte ad un mondo preesistente nel quale le nostre azioni hanno la capacità di modificare completamente e in modo permanente l’esperienza di gioco: ogni giocatore o gruppi di essi possono decidere di dedicare i propri sforzi alla gestione di un villaggio, un’operazione che richiederà una quantità di grinding costante per pagare le tasse e mantenere in piedi la baracca. I benefici sono molteplici: infatti gli avventurieri di passaggio potranno effettuare degli scambi nel villaggi o pagare per soggiornare. Purtroppo questo sistema è nuovamente vittima di un mancato bilanciamento che rischia di distruggere l’esperienza di gioco per i nuovi giocatori che si ritrovano in un reame quasi interamente controllato dai una manciata di power players.

 


Verdetto

In conclusione SotA è un’accozzaglia di “vorrei ma non posso”, generata da buone idee implementate in modo frettoloso e poco bilanciato. Il titolo non è certo aiutato dalla scarsa qualità grafica che rende il look ‘n’ feel altamente antiquato. Stesso giudizio dobbiamo riservare in generale ai controlli e all’ottimizzazione che tolgono qualsiasi fluidità al titolo e in certi frangenti lo rendono estremamente frustrante, specialmente se si guarda alla gestione della camera e dei dialoghi. Shroud of the Avatar non è un gioco per tutti, ma solo per quei pochi temerari che, come il suo creatore, non hanno paura di gettarsi in avventure azzardate.