Molto più di un titolo… una promessa per il videogiocatore
Madmind Games è un giovanissimo studio indipendente polacco fondato da alcuni veterani del settore, che da un paio d’anni lavoravano su un titolo che sin dall’annuncio incuriosì parecchio. Sembrava infatti stessero preparando un titolo realmente angosciante e turpe, violento ed eccessivo, una rappresentazione dell’inferno talmente schietta che solo uno studio indipendente avrebbe potuto permettersi di confezionare. Oggi, a poche ore dai titoli di coda di Agony sul mio televisore, posso assicurarvi che in effetti il vero inferno l’ho visto e l’ho vissuto… Ma non in senso buono.
In Agony vestiamo i panni di un’anima dannata scaraventata all’inferno per misteriosi, ma presumibilmente poco nobili, motivi. Abbandonati a noi stessi ci troviamo immersi in un ambiente malato e deviato, oscuro e macabro. Corridoi e saloni fatti di carne e viscere aggrovigliate, che percorriamo ad ogni passo accompagnati da strazianti lamenti e suoni poco rassicuranti. Il gioco si configura come un’avventura in prima persona in cui noi impersoniamo un martire, come tanti altri ne incontreremo lungo la strada. Le nostre possibilità sono assai limitate, possiamo saltare, accucciarci, raccogliere oggetti e torce, e abbiamo la possibilità di sfruttare un po’ di stamina, rappresentata dai nostri polmoni, per correre qualche istante o trattenere il fiato. Questo dovrebbe servire soprattutto per le numerose fasi stealth del gioco, anche se poi alle prove dei fatti, la meccanica risulta talmente mal concepita da rendere inutili la maggior parte dei vostri tentativi di non farvi sentire dai molti demoni che abitano l’inferno. Quando infatti si incrocia uno di essi, basta pochissimo per farvi scoprire e farvi uccidere con un singolo colpo. Impossibile sfruttare pertugi in cui nascondersi e appunto, qualche espediente per limitare la nostra presenza (i demoni sono ciechi ma sentono tutto) almeno fino alle fasi avanzate del gioco in cui, per mezzo di alcune “mele organiche” da collezionare, potremmo accresce cosi tanto le nostre abilità per non far rumore, da rendere finalmente concreta la loro utilità. Sembra infatti che il titolo sia mal bilanciato, che gli sviluppatori non abbiano saputo calcolare bene la componente “causa-effetto” rendendo il “giocare a nascondino con i demoni” più un fattore di casualità che altro. Una pecca molto grave in un gioco che presenta ben poche altre meccaniche.
Nel tragitto che ci porta alla misteriosa Dea Rossa, entità demoniaca che dovrebbe darci la possibilità di tornare tra i vivi, come detto dovremmo agire nell’ombra, talvolta risolvere enigmi ambientali, per lo più composti da oggetti, come cuori e altre componenti umane, da raccogliere nell’area e da posare in recipienti in grado di sbloccarci il passaggio, oppure da simboli da trovare nelle vicinanze di pareti in cui andranno disegnati con il sangue del nostro dito indice. Anche in questo caso la formula non è cosi ben pensata e si tratterà sempre di fare avanti indietro per memorizzare (automaticamente per fortuna) uno dei molti simboli falsi sparsi in giro e provarlo, fino a trovare quello giusto. In tutto ciò, in quanto anima, avremmo la possibilità di uscire dal nostro corpo se uccisi, o in determinati punti in cui potrà essere fatto a nostra discrezione, per possedere il corpo di un altro martire vagante nell’area. Spesso questi hanno un cappuccio in testa che andrà tolto manualmente, pena l’impossibilità di possederlo in caso di bisogno, ma altrettante volte troveremo in giro, vagando come anima etera, alcuni di essi senza cappuccio da poter possedere direttamente. Ecco quindi che questo rompe decisamente il gameplay di Agony in alcune delle sue fondamenta: in soldoni, è spesso più facile farsi ammazzare direttamente e cercare un corpo da abitare oltre l’ostacolo, che cercare di portare incolume il nostro attuale corpo allo step successivo. Come anima in ogni caso non potremmo agire indisturbati, oltre al fatto che volare troppo alto ci farà inghiottire da alcune entità “mangia anime” in un sol boccone, c’è un timer di alcuni secondi esaurito il quale la morte diverrà concreta e dovrete iniziare nuovamente dall’ultimo checkpoint, rappresentato da grotteschi specchi vivi da attivare al nostro passaggio.
Ma a proposito di morte, è il caso di parlare di alcune scelte di design davvero scellerate che attanagliano questo titolo. Morire 3 volte di fila ci riporterà al checkpoint precedente all’ultimo raggiunto, e in un titolo così tedioso in cui la morte è quasi totalmente arbitraria una caratteristica tanto stupida sembra più un “dispetto” che altro. Inoltre altrettanto stupida è la scelta di nascondere dall’HUD l’indicatore di quanto fiato nei polmoni abbiamo e quanti oggetti utili abbiamo raccolto. Infine, premendo R3 (PlayStation 4) possiamo attivare un fascio luminoso che ci indica la via, ma anche questo è incredibilmente limitato a pochi utilizzi. Fortunatamente, basta agire sulle impostazioni per modificare tutti questi aspetti e rendere l’esperienza leggermente più “vivibile”.
Ma perché tutto ciò pesa particolarmente su Agony? Perché, almeno sulla piattaforma da noi testato (PS4), si rivela tecnicamente al di sotto della soglia di decenza sotto tutti gli aspetti. Agony da questo punto di vista è semplicemente un disastro. Passi la scarsa conta poligonale, e gli effetti da gioco 3D di un ventennio fa, passi un riciclo di assets incredibile e una generale povertà di dettaglio a tratti imbarazzante, ma avere un titolo che va dall’inzio alla fine a scatti, o non superando mai i 15 frame al secondo (almeno questa è la percezione) è davvero intollerabile. Tearing e framerate scandaloso fanno venire il mal di testa ad ogni sessione, provocano un lag assurdo e rendono ancora più difficoltosi i movimenti di un avatar già di suo scarsamente agile. Inoltre illuminazione e tutto quello che riguarda la palette cromatica del titolo è gestita francamente con i piedi. A meno che non alziate l’illuminazione del vostro schermo al massimo (ma spesso anche in quel caso) per quasi tutto il gioco non si vede assolutamente NIENTE, brancolerete nel buio dall’inizio alla fine (in cui fortunatamente l’ambiente si apre un po’ sotto il cielo). La beffa è che la torcia che dovrebbe in qualche modo dare letteralmente “uno spiraglio di luce”, illumina poco e spesso dovrete gettarla in quanto i demoni sono attirati da essa (ma non erano ciechi???). Il level design è pure abbastanza complesso, esistono molte stanze segrete e luoghi nascosti in cui si celano statuette collezionabili da scoprire, ma tutto ciò è totalmente svilito da questa perenne oscurità avvinghiante e deficitaria che a malapena, aguzzando un po’ la vista, vi permetterà di scorgere quella texture sporca, slavata e piena di rumore all’orizzonte, che indica la via per proseguire. E poi bug a non finire… Insomma il porting su console è francamente inaccettabile allo stato attuale.
Mi dispiace aver dovuto riempire tutto lo spazio di questa analisi per massacrare il titolo, ero davvero ben disposto verso Agony perché mi sembrava un titolo interessante e avrei voluto avere più ampia manovra per parlare anche dei pregi. Perché concettualmente è coraggioso e originale, portando per la prima volta nel mondo dei videogiochi una visione così disturbata e suggestiva dell’inferno. Artisticamente tocca addirittura punti alti quando si tratta per esempio, di dare forma e voce a tutte le creature maledette che abitano l’inferno, sicuramente interessanti dal punto di vista del level design.
Anche la meccanica della possessione era potenzialmente vincente. Come detto è possibile passare da martire a martire, ma andando avanti, si acquista la possibilità anche di impossessarci per qualche istante del corpo degli stessi demoni che ci danno la caccia (ce ne sono diverse tipologie) ma non è praticamente MAI veramente sfruttata questa caratteristica e serve a poco, quasi nulla, al massimo per portare il demone lontano dalla nostra meta o cercare di farlo suicidare da qualche parte per non averlo più tra i piedi. Ma si tratta comunque di espedienti pretestuosi e poco armoniosi, in un game design che si rispetti, perché abbiano veramente senso.
Non salvano la baracca nemmeno i finali alternativi o la modalità aggiuntiva in cui si può utilizzare una succube per rendere il gioco più agile e diretto. Perché molto difficilmente farete un qualsiasi tipo di secondo giro. Anzi sarà già difficile finirlo una volta in queste condizioni. Io stesso, se non avessi dovuto scrivere questa recensione, non avrei certo perpetuato questo supplizio per le circa otto ore di gioco necessarie alla conclusione del titolo.
Verdetto
Con non poca amarezza, sono costretto a bocciare totalmente il gioco di Madmind Games. Amarezza che deriva dall’idea che si è totalmente gettata alle ortiche un’ambientazione potenzialmente piena di fascino, suggestiva e capace di essere visceralmente angosciante. Se a livello tecnico fosse stato tutto perfetto, o quanto meno funzionale, se molte ingenuità di game design fossero state pesantemente levigate, ci saremmo trovati davanti a qualcosa comunque non di eccezionale (troppo blanda la struttura di gioco alla base) ma sicuramente sufficiente, e forse addirittura consigliato per gli amanti del genere horror. Ma ogni nefandezza tecnica è profonda e radicata in Agony, soprattutto (solo?) in questa versione PS4, e come un virus si attorciglia intorno al prodotto in toto, strangolandolo e distruggendo tutto ciò che lo compone, compresi i pochi pregi. Benvenuti nel girone infernale dei videogiocatori peccaminosi!