La crisi adolescenziale di Disney
Quand’è che la Disney ha smesso di fare la Disney? Una domanda da un milione di dollari a cui forse non è nemmeno possibile rispondere precisamente, fatto sta che a oggi, con Big Hero 6 in tutte le sale cinematografiche italiane, possiamo sicuramente dire che ancora più di quando sono state introdotte le tecniche digitali per la prima volta, ancora più di quando hanno assimilato Pixar, si nota bene che la magica casa di Topolino, dopo 54 film, non è più la stessa.
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La goccia che farà traboccare il vaso modificando definitivamente il DNA dei film Disney quindi è l’introduzione dell’universo Marvel appena acquisito? È presto per dirlo, vedremo come si evolve il futuro, fatto sta che Big Hero 6 non sembra più nato sotto l’egidia creativa di chi stilisticamente crea tendenze nel campo dell’animazione, quanto piuttosto di chi le segue, anzi, di chi ne segue il più possibile.
C’è un po’ di tutto in questo film come se si volesse accontentare praticamente qualsiasi tipo di pubblico: c’è un personaggio buonissimo e morbidoso, il robot infermiere Bymax che richiama gli archetipi più classici dei protagonisti “coccolosi” Disney che piacciono tanto ai bimbi, ci stanno un gruppetto di adolescenti, che parlano “giovane”, si vestono “giovane”, e piacciono ai giovani (quelli casa e chiesa eh… non confondeteli con i teppistelli che si fanno le canne ben inteso), ci stanno robot, super eroi, azione, portali dimensionali, gente volante, super cattivi, amore per la geek culture, per i fumetti, una strizzata d’occhio a roba come Ben 10, Teen Titans (ovviamente realizzata centomila volte meglio, non temete) e all’animazione giapponese in generale (lo stesso background del film ha un’identità confusa tra Occidente e Oriente a volte, basti pensare che il film è ambientato a San Fransokyo… un incrocio tra Tokyo e San Francisco).
Non entrerò troppo nei dettagli della trama, che rovinerebbero la carica emotiva dei pochi colpi di scena del film, diciamo solo che la storia racconta inizialmente del rapporto del già citato Hiro Hamada, spigliato e intelligente adolescente, con il fratello Tadashi, brillante universitario che si occupa di robotica, e successivamente con l’invenzione di quest’ultimo, Bymax, un robot “gonfiabile” infermiere il cui unico scopo è occuparsi della salute di Hiro.
Questa è la parte del film più “Disneyana” se vogliamo, quella che strappa qualche spontaneo sorriso, e probabilmente, la migliore del lungometraggio. Successivamente, con il dipanarsi delle vicende, Hiro e i suoi nuovi amici (i colleghi di studio del fratello) si troveranno nella condizione di dover fermare un misterioso criminale in maschera che semina il panico in città grazie ad una prodigiosa invenzione rubata al ragazzino.
Da questo punto in poi, la regia lascia spazio all’azione, i 5 protagonisti e il goffo robot Bymax, indossano costumi e armature create da loro stessi e si lanciano alla caccia del suddetto villain, in una serie di scene veloci e frizzanti (anche se “banalotte” per lo più) che non lasciano spazio a troppi tipici momenti cantati (solo uno che io ricordi, tra l’altro, con una una canzone tradotta in italiano che non rende giustizia alla versione originale), né a consolidare o approfondire i rapporti tra i protagonisti. Hiro e Bymax quindi abbandonano l’introspezione fino ai momenti finali della pellicola, lasciando la sensazione che da questo punto di vista sicuramente si poteva fare di più. Nonostante questo, Big Hero 6 non è un film totalmente deludente, anzi, ha dalla sua dei pregi non indifferenti. Tecnicamente, per quanto lo stile utilizzato comincia ad essere non più propriamente originale, è veramente superbo, pulito, colorato e animato splendidamente, rappresenta davvero il top di gamma dell’animazione digitale da questo punto di vista. Il ritmo è veramente sostenuto e non annoia mai.
Inoltre, per quanto pervaso da una sorta di buonismo spinto e un’ingenuità di fondo che probabilmente da contratto non può mancare in questo tipo di film, Big Hero 6 aggiunge qualche piccolo ingranaggio alla trama che non si vede spesso nei film Disney, mettendo sul piatto temi come la morte, la vendetta, e qualche espediente narrativo un po’ più sofisticato del solito.
Diciamo che per certi versi, seppur dalla Casa delle Idee ha preso spunto solo per quanto riguarda il contesto narrativo pre-esistente (Big Hero 6 è un fumetto realmente esistente anche se profondamente diverso), il film sembra da un certo punto in poi una versione edulcorata e formato baby di un classico lungometraggio della Marvel. In sostanza, BH6 è particolare e godibile, ma probabilmente verrà ricordato più per essere il primo prodotto “ibrido” di Disney, piuttosto che un nuovo capolavoro dell’animazione occidentale.