Minit è una spremuta di grafica e gameplay appartenenti a tempi lontani, usata per creare qualcosa di nuovo.
Cosa succede se prendi uno dei più grandi capolavori di tutti i tempi, il primo storico The Legend of Zelda, e lo riduci ai minimi termini, strizzandolo e asciugandolo da ogni contesto narrativo, pretesa grafica, ambizione di magniloquenza paesaggistica, epica e gargantuesca mole di contenuti, fino ad arrivare al nucleo più puro della formula che ha reso il cult 8bit di Nintendo una vera leggenda? Il team indie Vlambeer cerca di rispondere a questa domanda con il suo Minit.
Ad essere sinceri, un contesto narrativo per quanto essenziale, è presente. Uno strano papero recupera una spada maledetta e ne subisce l’infausto sortilegio: ogni 60 secondi la morte sopraggiunge, costringendo il bislacco paperotto ad un ciclo di morte e rinascita infinito. L’unica via di uscita da tale condizione, sta nello restituire la spada al posto da cui proviene, una fabbrica che banalmente, produce proprio queste spade maledette.
Se la trama di Minit vi sembra strampalata e senza capo né coda, non siete cosi lontani da immaginarvi la natura del titolo. Il mondo di Minit è pieno di strani personaggi dalle forme curiose e dall’indole imperscrutabile. Non si perdono mai in molte chiacchiere e nel giro di brevissime battute, vi danno tutti gli input necessari per intuire il da farsi, spesso con un velo di ironia. Questo perché Minit è un gioco scandito da un ritmo veloce che rintocca sempre una nuova battuta dopo 60 secondi. Uscite di casa, andate velocemente a desta, o sinistra, a nord o sud, vi guardate in giro, parlate con una persona, recuperate un oggetto, fate altri due passi, e siete morti. Allora ricominciate, fate una strada diversa, investigate nei dintorni pochi istanti, trovate un nuovo npc, che magari vi dice che ha bisogno di legna per costruire una barca, fate altri 2 passi, e caput. Morti di nuovo. Sessanta secondi per comprendere il problema, sessanta secondi per risolverlo. Non uno in più, non uno in meno. In una struttura ad incastro dove ogni quest richiede passaggi veloci e ricompensa con una nuovo equipaggiamento che probabilmente vi darà in maniera permanente una nuova abilità, come spostare massi o nuotare, oppure un oggetto richiesto, in maniera più o meno ambigua (niente mappe né istruzioni precise quasi mai), da qualche curioso abitante.
Ecco quindi che i vostri progressi saranno scanditi da quei piccoli passi che riuscirete a fare ad ogni breve vita. Passi che in linea teorica, vi torneranno utili solo pochi istanti dopo, per abbreviare la vostra distanza con l’obiettivo finale del gioco. Questo non è poi cosi distante, giusto 2 o 3 ore prima di vedere la fine. Come portare avanti più a lungo in fondo un’esperienza simile, talmente pura e depauperata da ogni sorta di diversivo per l’occhio e l’orecchio?! Basti vedere la grafica monocromatica che riduce le geometrie a poche linee di pixel, pur riuscendo nella sua stilizzazione estrema a creare un certo stile personale. Sullo stesso principio di sottrazione, anche le musiche sono totalmente inesistenti, e sostituite solo da divertenti suoni che escono dalla “bocca” dei personaggi.
Minit quindi è un puzzle game preciso e diretto. Che tutto sommato funziona come un orologio svizzero nel cadenzare a ritmo sostenuto “sfida” (capire dove andare e che fare) e relativa ricompensa. Nel mentre cerca pure di inserire qualche elemento di contorno che lo avvicini al classicismo degli adventure. Monete da raccogliere, cuori, e “combattimenti”, talmente basici e ingenuamente superficiali, da essere più una nota colorata dell’esplorazione che una vera componente di gameplay. In Minit niente è fuori posto nella sua formula, eppure, arriva un momento in cui, la forzata morte diventa un artificioso espediente per rendere più difficoltosa l’esplorazione, senza portare di fatto nulla di stimolante in essa. Andando avanti l’ambiente si apre un po’, le direzioni si moltiplicano e il giusto ordine degli obiettivi da conseguire diventa meno evidente.
Certo parliamo comunque di questioni risolvibili in un battito di ciglia, se rapportate ad altri giochi, ma talvolta, non è questione di velocità nel fare le cose, ma di spaesamento. E orientarsi con il fiato sul collo del timer che inesorabilmente ci sottrae ancora e ancora ai nostri traguardi per farci ricominciare da uno dei vari checkpoint che possiamo raggiungere, può essere un po’ fastidioso. Ma tant’è… Vlambeer conosce bene i limiti del loro titolo, e ha avuto il buon gusto e buon senso di definire perfettamente la vita dell’intera esperienza, non troppo più lunga di quella dello sfortunato papero. Il titolo è quindi breve ma per questo sfizioso e interessante fino alla sua conclusione.
Verdetto
Minit sarebbe un gioco appena discreto sulla carta, eppure una serie di fattori lo eleva qualche gradino più in alto. Intanto il prezzo di 9,99 euro è ampiamente ripagato da circa 3 ore di gioco tutto sommato intense. In secondo luogo, è un titolo perfetto per Nintendo Switch sopratutto in condizioni di portabilità (è presente anche per altre piattaforme, ma noi lo abbiamo giocato qui). La sua grafica semplicissima ma subito leggibile, e la sua struttura a mini step, ne fanno un ottimo passatempo “da una partita veloce e via”, formula curiosamente applicata al genere “adventure” con grande originalità. Inoltre, la consapevolezza che in ogni situazione, la chiave di volta sta sempre e comunque a non più di “60 secondi di distanza” è un inaspettato incentivo a riaccendere la console fino alla conclusione del titolo pure quando pensate di non averne molta voglia. Mica male, tutto sommato.