Un topos antico e millenario, dove ogni epoca ha la sua Bella e la sua Bestia.
Se esiste una vicenda comune a tutta l’umanità, che si ripete nel tempo e nello spazio, con modalità sempre differenti, questa è senza dubbio la storia del rapimento di una donna e delle peripezie del suo salvatore per riconquistarla. Le storie di rapimento, facilmente riconoscibili e riconducibili a luoghi comuni, sono divenute dei veri e propri topos letterari, per quanto la società che le concepisca abbia naturalmente apportato la propria visione a questo tema senza tempo: se fin da bambini siamo stati abituati a vedere un Bruto rapire Olivia, e un giovane Braccio di Ferro riprendersela con la forza, oggi i ruoli di questa commedia del rapimento non sono più definiti per forza dall’identità di sesso degli attori della vicenda. L’ultimo esempio di questa nuova tendenza letteraria lo ritroviamo tra le pagine che descrivono il regno fatato di Prythian, dove è ambientato il new adult di genere fantasy nato dalla penna della Statunitense Sarah J. Maas e portato in Italia a marzo da Mondadori.
In un panorama letterario teso a etichettare le storie di genere, è sempre meglio fare un po’ di chiarezza terminologica: a differenza delle storie young adult, in cui i protagonisti hanno al massimo 18 anni e le tematiche trattate sono quelle tipiche dell’età adolescenziale, le trame new adult descrivono le vicende di personaggi da poco entrati nell’età adulta, quindi impegnati a confrontarsi con problemi piccoli e grandi, ma con l’occhio critico della neo acquisita maturità. E quest’ultimo è proprio il caso del nuovo libro della Maas.
La Corte di Rose e Spine (ACOTAR), primo capitolo dell’omonima tetralogia, vuole raccontare il tema del rapimento giocando su un improvviso capovolgimento dei ruoli: la rude bestia rapitrice chiamata Tamlin, che si rivelerà molto presto essere un sofisticato quanto affascinante essere fatato, si adopererà a proteggere la protagonista, Feyre, fino al momento in cui toccherà a lui essere fatto prigioniero dall’antagonista di turno. Starà allora all’eroina liberare Tamlin, superando con la sua astuzia l’onnipotenza delle creature fatate.
Muovendosi secondo gli archetipi della narrazione teen a cui ci ha abituato Katniss in Hunger Games, restando comunque la trama nello schema fiabesco teorizzato da Prop, la protagonista di ACOTAR si adopera personalmente per la risoluzione della vicenda, comportandosi come un vero e proprio cavaliere bianco, consumato però da un amore carico di sessualità bruciante. Infatti, nella narrazione, non manca qualche velato riferimento a 50 sfumature di grigio di E. L. James.
Il ratto come strumento di relazione umana
Per quale ragione una tematica come quella di ACOTAR continua ancora oggi a interessarci? Il fenomeno del rapimento, come dimostrano anche le antiche produzioni letterarie, sembra essere qualcosa di profondamente radicato nella nostra cultura: altrimenti, a millenni di distanza, difficilmente troveremo ancora interessanti i racconti delle insidie sessuali perpetrate da Zeus ai danni di Europa, oppure il rapimento di Elena che è alla base della guerra di Troia raccontata nell’Iliade di Omero. Alcuni di questi episodi hanno impressionato fecondamente anche l’immaginario artistico, come nel caso fortuito della storia di Amore e Psiche, fiaba narrata nelle Metamorfosi di Apuleio: l’amore bruciante tra i due, che imprigiona e lega la mortale al dio, è stato d’ispirazione non solo per libri e operette teatrali, ma anche per prestigiose sculture come nel celebre caso dell’ Amore e Psiche giacenti scolpito da Antonio Canova. Per spiegare la nascita di queste storie, può esserci utile prendere in esame il caso del Ratto delle Sabine, un episodio certamente mitizzato ma che nasconde la visione umana di un’epoca.
L’antropologia della parentela ci insegna che il metodo più semplice di creare un legame tra due gruppi umani è il matrimonio. Quest’ultimo è un atto di scambio che non riguarda solo due individui, ma anche i rispettivi gruppi di origine: se una comunità concede un suo membro a un’altra, quest’ultima dovrà a sua volta darne uno in cambio, per sopperire al passaggio di un soggetto da un gruppo a un altro. Da questa procedura, dal creare così un legame di parentela, nacquero le prime alleanze tra compagini umane. La pratica del matrimonio per ratto, molto meno diffusa, può avere alla propria origine una situazione di disequilibrio all’interno di un gruppo, come nel caso del controllo della riproduzione. La verità del caso Sabino si trova presumibilmente a cavallo di queste due pratiche matrimoniali, le cui necessità non sono più manifeste nella cultura occidentale, ma sopravvivono ancora come rappresentazioni sceniche in altre culture, come ad esempio presso i Kykuyu nel Kenya, dove si inscena il rapimento della promessa sposa. E indubbiamente sopravvivono inconsciamente nel nostro bagaglio culturale.
Il connubio tra matrimonio e rapimento ha trovato terreno fertile anche nell’immaginario fantasy moderno, come nel caso di Game of Thrones: basti pensare che il “rapimento” di Rhaegar Targaryen ai danni di Lyanna Stark, oltre ad innescare lo scontro tra famiglie rivali e gruppi sociali di tutto Westeros, ha solleticato talmente tanto la fantasia dei fans della saga da portarli a interrogarsi proprio sulle modalità e i fini di questo ratto, così tanto avvolto dal mistero da generare molteplici teorie.
Il rapimento come propaganda politica
Rapimento e appartenenza etnica sono due tematiche che camminano di pari passo, e così è anche in ACOTAR. Infatti durante la sua prigionia, la protagonista è additata da alcuni personaggi come stupida in quanto umana. In altri passi emerge come in passato i fatati più integerrimi rapivano e schiavizzavano gli umani, poiché considerati inferiori e dunque degni di ogni sopruso. Il concetto dell’inferiorità umana rispetto ai fatati, uscendo dalla chiave fantasy, ha i suoi riscontri anche nella nostra Storia Contemporanea. Senza scomodare la seconda guerra mondiale e le pulizie etniche di metà ‘900, meno conosciuta è la propaganda del rapimento su base etnica nata negli ambienti nazionalisti ottocenteschi.
Una fiorente letteratura rivoluzionaria, basata sull’idea di una “purezza del sangue” che identificasse un gruppo etnico nazionale, descrive il patriota come un eroe romantico, destinato a una fine violenta, il cui compito era quello di proteggere la propria amata, insidiata dalle pulsioni sessuali di uno straniero barbaro e desideroso di contaminare la sua discendenza. Il messaggio, in altre parole, recitava: “se non combatterete per la patria, il nemico si prenderà le vostre spose”. Un proclama propagandistico, costruito su uno schema letterario ben definito, tanto forte da avere un efficacia diretta sull’immaginario collettivo di un popolo, come quello Italiano, che vedeva negli Austriaci dei potenziali rapitori delle proprie donne.
Una questione di scelte razionali
Il concetto di un conflitto etnico, e le conseguenti insidie sessuali ai danni della protagonista, sono alla base delle azioni di molti personaggi di ACOTAR, ma il loro metro di giudizio cambia quando Feyre inizia a mostrare la sua razionalità. Infatti, l’eroina della Maas non è l’oggetto passivo di una contesa: è dotata invece di una forte agency ovvero, come direbbe l’antropologia, di una spiccata capacità umana di agire. Esattamente come nelle riletture moderne della Bella e la Bestia, alla cui favola ACOTAR si ispira, Feyre lotta per affermare il proprio desiderio. Non si tratta pertanto di un caso degno della Sindrome di Stoccolma -in cui la vittima si innamora del proprio carceriere o finge per poter essere al sicuro- in quanto in Feyre non c’è nessun atto di difesa o di dipendenza nei confronti di Tamlin, la bestia. Anzi, Feyre lotta a lungo per essere indipendente da Tamlin, fino al momento in cui non è lei a decidere di fidarsi della bestia: e sarà sempre lei a decidere di lottare attivamente per salvare Tamlin dal ratto dell’antagonista.
Abbiamo di fronte un’eroina moderna, in cammino sul sentiero dell’età adulta, in grado di manifestare con le sue azioni atti di volontà molto forti, sulla base dei propri desideri. Di fronte alla passività di molti personaggi maschili, sono le azioni di Feyre a innescare gli avvenimenti, oltre al far sbocciare focosi rapporti interpersonali. È lei a decidere di amare qualcuno diverso da se, anche quando le vengono fornite innumerevoli occasioni per essere libera o per rinunciare ai propri sentimenti per tornare alla normalità.
E forse è proprio questa la chiave di lettura che vuole lasciarci la Maas alla fine di ACOTAR: si è veramente liberi solo quando si ha la possibilità di agire, di scegliere chi amare indipendentemente dalla sua identità e di poter decidere chi essere, se la preda o la predatrice in un gioco sano fatto di sentimenti. Dunque una ricerca di se stessi, un confronto con l’altro da se, che culmina con l’affermazione delle proprie felicità: decidere, insomma, se amare quella che per gli altri è solo una bestia.