Intrappolato in un insolito destino
Le icone pop e nerd sono una moltitudine informe che continua a crescere a dismisura, alimentata da un sistema di diffusione delle informazioni sempre più ampio, capillare e veloce. C’è però una piccola considerazione da fare. Molti dei nostri eroi e delle nostre eroine preferite affondano le loro radici in periodi storici in cui molti di noi non erano neanche nati e sono riusciti a sopravvivere in barba a cambiamenti “climatici” e di opinione di ogni genere. Uno degli esempi che si può fare è ovviamente Batman, il Crociato Incappucciato, che ha mosso i suoi primi passi di carta alla fine degli anni ‘30. Ma non è di Batman che vogliamo parlarvi adesso. Nelle prossime righe parleremo di un Batman in particolare, un interprete che è stato il supereroe più improbabile e più incredibile che abbiamo mai incontrato. Il protagonista di questo piccolo excursus sarà il compianto Adam West, che se n’è andato dopo una coraggiosa lotta contro la leucemia.
Tutta un’altra musica
Adam West si è ritrovato a vestire i panni dell’Uomo Pipistrello perché William Dozier l’aveva visto recitare in una pubblicità della Nesquik. Insomma, se anche allora ci fosse stato il maledetto coniglietto di cioccolata, non avremmo avuto quella piccola perla che fu il Batman del 1966. Ma facciamo qualche passo indietro: William West Anderson, di Walla Walla, nello Stato di Washington, aveva deciso, in piena rotta di collisione con il padre, di abbandonare i suoi studi e tentare la fortuna come attore a Hollywood. In questa scelta, forse, ci si può vedere qualcosa di freudiano, visto che sua madre aveva rinunciato alla sua carriera di pianista e cantante di Opera per scegliere (forse a malincuore) la vita domestica al fianco del marito. Come ogni attore che si rispetti, la prima cosa che William fece fu di adottare un nome d’arte, che è un po’ come cambiare pelle, lasciare che la farfalla emerga dalla crisalide. Scelse “Adam” perché, come lui stesso confessa nella sua autobiografia Back to The Batcave (un libro da avere in libreria), “Adam” suonava bene accanto al suo secondo nome, “West”. Insomma, una scelta dettata da profondi conflitti interiori.
La carriera iniziale di West a cavallo tra gli anni ‘50 e i ‘60 fu caratterizzata da apparizioni in molteplici show televisivi western o crime drama. Riuscì anche a recitare accanto a Paul Newman ne I segreti di Philadelphia. Nonostante questi ruoli, il successo per il povero Adam non arrivava e, come il nostro amato Joey di Friends, continuava a sbarcare il lunario tra pubblicità, telefilm e apparizioni varie. Fin quando la sua pubblicità del Nesquik non arrivò agli occhi di William Dozier, produttore e narratore di una nuova serie televisiva basata su Batman, il celebre personaggio di Bob Kane. Non possiamo mai sapere davvero cosa spinse Dozier a scegliere proprio Adam West, ma sicuramente il suo appeal e il suo savoir-faire nella pubblicità della polverina al cioccolato ebbero il suo peso: un atteggiamento sbarazzino e scanzonato, un’espressione che lasciava intravedere meno di quello che celava e le movenze quasi da James Bond definirono il personaggio di Batman già prima che fossero iniziate le riprese.
Batman, nel bene e nel male
Dal 1966 al 1968 andarono in onda ben tre stagioni di Batman The TV Series, e fu un successo strepitoso che ebbe ripercussioni su molteplici fronti. Tutto è iniziato affidando la produzione al già citato Dozier, che vantava nel suo curriculum di non aver mai e poi mai letto nessuna strip di Batman. Insomma, un terreno vergine, il suo, in cui subito si fecero largo e attecchirono idee molto lontane da quelle che avevano in ABC e Fox. Dopo essersi fatto un minimo di cultura, Dozier concluse che l’unico modo per rendere bello questo show fosse prenderlo per il c-ehm, farne una commedia. Così, da questa piccola considerazione, che in tempi odierni gli sarebbe come minimo costata qualche minaccia di morte in amicizia, Adam West iniziò il suo più grande e intramontabile sogno. In sole tre stagioni e tre anni di messe in onda, il telefilm sull’Uomo Pipistrello divenne un cult, uno di quelli che si fanno amare già al primo incontro e continuano ad avere qualcosa da dire anche cinquanta anni dopo, visto il seguito di aficionados che continuano a seguirlo e a discuterne (tra cui anche noi, ovviamente).
Il format era quello di una sit-com, ma senza le risate preregistrate, e aveva il suo marchio di fabbrica in un peculiare elemento che ne tradiva l’irriverenza verso il medium da cui era nato: le onomatopee disegnate nel bel mezzo dell’azione. Adam West racconta nella sua autobiografia che quello fu il periodo di maggior fortuna e gloria, in cui era davvero un eroe, un momento di fama senza precedenti. Lo visse appieno e si lasciò travolgere da tutto questo, nonostante gli alti e bassi, le difficoltà e i mille imprevisti. Ad esempio, la maschera usata nel travestimento da Uomo Pipistrello non gli permetteva di vedere bene sul set e il buon Adam era costretto a prendere le misure con tutto il mobilio posticcio per evitare di inciampare, un po’ come Al Pacino fa con la celeberrima scena del tango in Scent of Woman. Inoltre, altra cosa che balzava subito agli occhi era la sua mimica eccessiva, l’enfasi messa nella gestualità del personaggio, tanto da definirne l’aspetto macchiettistico. Anche questo ha una spiegazione logica e anzi rivaluta, e anche di tanto, l’aspetto recitativo di Adam West. Alla base di questo approccio c’è una considerazione ovvia e semplicissima, ma a cui difficilmente si fa caso: con la maschera a coprirgli il volto, West non aveva la possibilità di sfruttare le espressioni facciali per recitare, perché nessuno si sarebbe accorto delle sue sopracciglia aggrottate o di uno sguardo in tralice. Gli rimanevano solo le braccia, le gambe e il resto del corpo per trasmettere energia al pubblico che lo guardava da casa, enfatizzando appunto i movimenti per infondere emozioni.
Il personaggio di Batman di Adam West, visto il target di pubblico composto da teenager, aveva anche valenza educativa, come mostrano le scene in cui lui e Robin indossano le cinture di sicurezza in auto, o le miriadi di spot girati per sensibilizzare i giovani americani verso i pericoli della vita da adulti. In quest’ottica, il telefilm era un’operazione commerciale e didattica di prim’ordine, travestita da un approccio del tutto surreale e sopra le righe. Era in perfetto stile campy, un po’ parodia, un po’ commedia, completamente folle, che fece breccia nei cuori di tutti i teenager americani a suon di battute esilaranti, scene incredibili e sequenze al limite dell’imbarazzante. Adam sguazzava in tutto ciò, lasciandosi prendere dal personaggio e godendoselo fin quanto poteva, arrivando persino a cantare canzoni a tema (la meravigliosa Miranda ne è un esempio folgorante, carica di elementi divertenti e ammiccate squisitamente sessuali completamente anni ‘60).
Il successo incredibile della serie televisiva ebbe ripercussioni anche nel mondo del fumetto. In quel periodo, prima che il telefilm prendesse piede, in casa DC si stava pensando di fare pulizie e tra gli scarti era finito anche Batman, ormai asfittico per numeri di vendita e senza grosso appeal verso il suo target. Complice il Comics Code Authority, il periodo della Silver Age non era stato benevolo nei confronti del Crociato Incappucciato, e a Julius Schwartz fu dato l’arduo compito di rinnovare la testata. Anche lui e la sua visione oscura del Cavaliere Oscuro dovettero fare i conti con il successo dilagante dello show televisivo. Ci fu quindi una contaminazione tra le due versioni di Batman, con elementi parodistici che entravano quasi di forza nelle storie a fumetti e un mutuo scambio di personaggi per allineare la continuity cartacea a quella televisiva. Un esempio: Alfred dovette ritornare in scena, annullando quella che si pensava fosse la sua morte, perché il personaggio del maggiordomo era presente sul set. Di pari passo con il telefilm, nonostante la distanza quasi siderale tra le atmosfere cartacee e quelle da tubo catodico, il fumetto risorse dalle sue stesse ceneri, diventando nuovamente il fenomeno che noi tutti conosciamo, raggiungendo addirittura centinaia di migliaia di copie vendute, accompagnato da un merchandising spietato che invase e travolse il mercato americano. Batman Everywhere!
Mai più senza
Purtroppo, come tutte le cose belle, anche la serie di Batman arrivò alla terza e ultima stagione, quella degli ascolti in ribasso, quella del risparmio. Tanto che i fumetti, una volta aggiunti in post-produzione, ora erano davvero dei cartelloni colorati che emergevano dal set, a sua volta ridotto a scene disegnate per dare un minimo di profondità. Fu la stagione in cui l’appuntamento con le puntate divenne settimanale, perdendo definitivamente la doppia trasmissione del lunedì e del giovedì. Fu anche la stagione in cui venne alla luce Batgirl, alias Barbara Gordon, la figlia del Commissario. Fu purtroppo la stagione in cui il sogno si infranse e la serie di Batman morì, vittima di se stessa e del suo stesso successo. Purtroppo, come il sudore e l’eco delle urla di un incubo, il successo di Batman rimase attaccato ad Adam West come una maledizione da cui non sarebbe venuto fuori.
Dopo aver goduto della notorietà, dell’amore del pubblico, della gioia dei fan, Adam passò il resto della vita a cercare di liberarsi dal ruolo di Cavaliere Oscuro, senza riuscire mai a togliersi la bat-cintura. Ovunque egli andasse, non era più Adam West ma era “quello che faceva Batman”. Nella sua stessa autobiografia (che dovete leggere!), descrive questo periodo post-Batman come un’esperienza triste, affossante, da cui non vedeva quasi via d’uscita. D’altronde, anche le sue ospitate in costume, fatte esclusivamente per racimolare soldi, erano un sentore di quanto West stesse soffrendo come attore, schiavo di una parte da cui non riusciva a liberarsi.
Io e Batman: riflessioni di un artista mascherato
Adam West però era un grande, sotto molti aspetti. E laddove molti si sarebbero lasciati trasportare dall’autocommiserazione e sarebbero annegati nella loro stessa frustrazione, l‘attore americano riuscì a uscire fuori, a superare queste avversità e venire a patti con la dura realtà: alla fine lui esisteva sotto due forme: se stesso e il caro vecchio Batman. E così ha continuato a riproporsi, reinventandosi e cercando nuove soluzioni. Data la potenza e l’espressività che aveva, ha iniziato a nascondersi dietro la sua stessa voce, diventando doppiatore a tutto tondo, con un sacco di scritture da mettere nel curriculum. Inoltre, la sua forza come icona conosciuta l’ha fatto comparire impersonando se stesso in ogni forma possibile. La consacrazione (come se ce ne fosse stato bisogno) è avvenuta con la sua elezione a Sindaco di Quahog nel cartone animato di Seth McFarlane, I Griffin. Per ammissione dello stesso autore, pur di non rivangare il bat-passato, ha evitato di scrivere battute con riferimento alla sua interpretazione degli anni ‘60.
La vena introspettiva e riflessiva di Adam West è emersa già con la sua autobiografia, Back to The Batcave, ma ancora di più con un progetto nato quasi per caso, un fumetto che lo vede come protagonista. Pubblicato come una mini-serie di quattro numeri, fece il suo debutto nel 2011, The Mis-Adventure of Adam West, in cui l’ex Batman ricorda i suoi tempi e commenta quelli presenti, nel contesto di avventure a base realtà parallele e nemici da sconfiggere. La nostalgia che traspare da quelle pagine è bilanciata da una lucida osservazione delle dinamiche moderne, con una dura critica alla società e a quello che è diventata allo stato attuale. La mini-serie è poi diventata una serie regolare ancora in corso. Non sappiamo come andrà a finire…
Il Batman con la pancia
Ora Adam West se n’è andato, quasi in silenzio, senza sbattere la porta, con la dolcezza e la calma imperturbabile di un vero eroe, portato via da una malattia terribile e senza scampo. Noi siamo qui a celebrarlo, perché è giusto che sia così, perché ancora oggi fermiamo il nostro zapping convulsivo e compulsivo quando vediamo quei colori saturi che urlano sixties da tutte le parti, quando emergono i costumi inguardabili, fatti di cotone elastico, con tutte quelle trovate naive che ci fanno tanto sorridere.
Ci piace ricordarlo per tutto quello che è stato, Adam West, ma soprattutto perché ci ha regalato l’inarrivabile interpretazione di un Batman che non potrà più esistere se non nella nostra collezione di DVD. Non si avrà mai più un periodo culturale tale da poter ripetere quel successo, da poter giustificare quell’approccio. Perché ormai, a furia di prendersi sul serio, i fumetti sono diventati una cosa troppo seria. Non fa niente, sapremo superare anche questo, e nel frattempo consegniamo ad Adam West quel pezzo di storia che gli appartiene e che lui ha dato a noi.
Grazie Adam, per essere un Batman incontestabilmente unico in ogni propria sfumatura. ZOT SOCK ZAP!