L’afrofuturismo si può collocare nella fantascienza sociologica: quest’ultima, infatti, ha come scopo il tentativo di ricondurre i lettori verso una linea che rappresenti il pensiero dello scrittore. Solitamente si tratta di un pensiero di uguaglianza che fa rientrare al suo interno anche tematiche più intime degli autori, come il caso della poligamia di Heinlein.
Quella dell’Afrofuturismo è una corrente che sfrutta la tecnologia e la fantascienza per approfondire e sviscerare i temi che si trovano alla base del suo pensiero.
Da dove viene l’Afrofuturismo
L’Afrofuturismo nasce negli anni Cinquanta grazie alla musica di Sun Ra, ma prende piede, come potrete immaginare, negli anni Settanta. Come tante altre correnti limitrofe annovera tra le sue fila ideologie e tematiche che vedono come primo step l’uguaglianza tra le varie etnie, mettendo ovviamente in primo piano gli afroamericani.
Quella dell’afrofuturismo è una corrente che ha preso piede in maniera esponenziale soprattutto negli ultimi anni, il termine è infatti stato coniato da Mark Dery nel 1993.
In vista dell’uscita di Leopardo Nero, Lupo Rosso di Marlon James che arriverà in Italia a ottobre per Frassinelli, e che è stato accolto come una delle migliori opere della corrente sopracitata, abbiamo voluto prendere la palla al balzo per analizzare e comparare due opere facenti parte dello stesso pensiero.
Parlando infatti di letteratura possiamo trovare molti esponenti dell’Afrofuturismo, e prima tra tutti Octavia Butler che con le sue opere ha espresso chiaramente l’idea e le fondamenta che stanno alla base del pensiero afrofuturista.
I temi dell’afrofuturismo
Tra i temi che stanno alla base dell’afrofuturismo troviamo il femminismo: sono molte infatti le esponenti della corrente che hanno creato opere che rivendicano i loro diritti non soltanto in quanto afroamericane, ma anche e soprattutto in quanto donne e a prescindere dal loro orientamento sessuale, politico e religioso.
L’alienazione è il secondo dei temi principali: per alienazione viene inteso il concetto di specie aliena sradicata dal proprio paese natio e imprigionata dall’uomo “bianco” che ne vuole sfruttare le potenzialità.
In ultimo, tra i temi principali, troviamo la Riappropriazione delle Origini: in tutte le opere afrofuturiste è possibile trovare elementi di tradizione africana. Questo succede perché gli esponenti della corrente hanno il terrore che, essendo stati sradicati dalla propria patria ormai da molte generazioni, le tradizioni e la cultura che li contraddistingue e crea una parte della loro identità possa andare perduta.
Tra tutte le esponenti della corrente ricordiamo Beyoncé, Serena Williams, Nancy Farmer, N.K. Jemisin, Nnedi Okorafor e, ovviamente, Octavia Butler.
Ciò che vogliamo però analizzare in questo frangente sono due opere sensibilmente diverse tra loro e che, tuttavia, fanno parte dello stesso movimento.
Le due scrittrici in questione sono Nnedi Okorafor e la N.K. Jemisin: entrambe autrici di fantascienza che hanno vinto uno o più Premi Hugo per le loro opere.
La Quinta Stagione
Non è facile descrivere il primo libro di una trilogia che ben presto, negli Stati Uniti, è diventata caso editoriale. Questo perché N.K. Jemisin è riuscita, con i suoi tre libri, a vincere ben tre Premi Hugo andando così a ottenere un primato storico.
La Quinta Stagione: La Terra Spezzata è senza dubbio uno dei migliori romanzi di genere usciti negli ultimi anni e questo non è dovuto soltanto a una world-building estremamente originale e a dei personaggi accuratamente costruiti, ma anche grazie alle riflessioni sociali e politiche che vi sono dietro le avventure delle tre protagoniste: Damaya, Syenite ed Essun. Tre donne, dall’età e il trascorso differenti che tuttavia hanno un tratto fondamentale in comune: tutte loro sono orogeni.
Gli orogeni sono la “razza”, se così vogliamo chiamarla, perseguitata all’interno del mondo de La Quinta Stagione. Sono esseri umani con grandi poteri psichici che vengono temuti dalla popolazione ma che, allo stesso tempo, vengono schiavizzati e sfruttati dal sistema.
Gli orogeni hanno poteri che permettono loro di controllare le catastrofi a cui il mondo de La Quinta Stagione è destinato: il titolo della trilogia non è casuale. Quello di Jemisin è un mondo in cui si alternano le quattro stagioni a noi conosciute, ma al quale se ne aggiunge una quinta che prelude, però, la fine catastrofica e apocalittica del mondo.
Gli umani sono in qualche modo riusciti a evitare, per moltissimi anni, l’arrivo della quinta stagione e lo hanno potuto fare soltanto grazie a un sistema che sfrutta gli orogeni per far in modo che essi impediscano l’arrivo di terremoti, eruzioni vulcaniche e altre catastrofi.
La denuncia dietro la scrittura della Jemisin si trova proprio qui e ritroviamo qui il suo tratto afrofuturista: gli orogeni sono una popolazione numerosa e potente, ma che, dopotutto, non è pienamente consapevole delle proprie potenzialità e proprio per questo viene sfruttata e messa in catene da quella che è la maggioranza.
Inutile dire che uno dei temi fondanti dell’Afrofuturismo viene più che rispettato in quest’opera: parliamo del femminismo. Le protagoniste sono tre, e tutt’e tre vengono da un passato terrificante e possiedono un futuro incerto. Questo però non impedisce loro di combattere con tutte le forze per cercare di ottenere la tanto agognata libertà.
Laguna
Se la world building de La Quinta Stagione risulta essere estremamente accurata e originale, al contrario, Laguna è ambientato nei giorni nostri e nel nostro mondo. L’opera della Okorafor è estremamente attuale e intrigante, anche perché si colloca in Nigeria, paese del quale è molto difficile leggere in fantascienza.
Laguna utilizza uno degli espedienti forse più inflazionati del genere che si trova, tuttavia, alla base dell’Afrofuturismo: quella dell’invasione aliena.
Partendo da un concetto inflazionato, la scrittrice riesce a renderlo comunque originale non soltanto perché lo ambienta in uno stato dove non si erano mai viste invasioni aliene (parliamoci chiaro, gli alieni, la stragrande maggioranza delle volte, invadono l’America, perché gli piace un sacco), ma anche perché riesce a creare e ricreare delle situazioni e dei personaggi non convenzionali che vanno tuttavia a denunciare gli stereotipi collegati al suo paese d’origine. Cerca in tutti i modi di sfatarli o, in alcuni casi, di confermarli. Allo stesso tempo, nonostante mostri la “devastazione” della Nigeria, la Okorafor regala anche tratti colorati e tipici di una zona del mondo tanto tartassata dai luoghi comuni quanto sconosciuta nella sua realtà di vita quotidiana.
La Okorafor non cerca soltanto di smontare gli stereotipi legati ai nigeriani e agli africani in generale, mostra anche ciò che essi stessi discriminano. Nel caso di Laguna parliamo della comunità LGBT+ nigeriana. La delicatezza con la quale la scrittrice affronta un tema tanto pericoloso in un paese tanto “chiuso” la dice lunga su quanto l’afrofuturismo, in realtà, stia in tutti i modi cercando di accogliere dentro se stesso non soltanto le minoranze afroamericane, ma anche tutte quelle minoranze che in alcuni paesi sono del tutto ignorate o, nei casi peggiori, severamente punite.
L’Afrofuturismo come simbolo di rivalsa
Che cosa hanno, quindi, queste due opere in comune, a parte l’essere classificate come fantascientifiche?
L’afrofuturismo. A questo ci eravamo arrivati.
Le protagoniste di questi libri sono nere in luoghi dove l’essere neri non è oggetto di discriminazione e non lo è mai stato. Tuttavia, abbiamo davanti dei personaggi femminili che si ritrovano discriminate non più per il colore della pelle, quanto soltanto per il fatto di essere donne.
Ciò che si evince da entrambe le opere che, nonostante siano tanto diverse tra loro restano comunque accomunate da tratti fondamentali, è il clima di rivalsa e di uguaglianza papabile che colpisce il lettore e lo accompagna attraverso mondi e pensieri che probabilmente non lo avevano mai sfiorato.
È vero che la maggior parte della cinematografia e della letteratura è formata da persone bianche ed è vero che i protagonisti dei più grandi classici sono persone caucasiche e proprio per questo è giusto che anche una minoranza come quella afroamericana sia e venga rappresentata in modo equo.
L’afrofuturismo si occupa soprattutto di sfatare gli stereotipi etnici, cerca in tutti i modi di dare voce a tutte quelle persone che non ce l’hanno e che troppo spesso vengono categorizzate all’interno di luoghi comuni e giudicate soltanto tramite il colore della loro pelle o da tratti somatici distintivi.
Laguna e La Quinta Stagione si curano molto delicatamente di questo aspetto che è soltanto una delle basi dell’afrofuturismo: le due scrittrici sono molto attente ad analizzare e a sfatare luoghi comuni e risultano essere particolarmente brave a fare in modo che volti e colori diventino persone.
Persone non categorizzabili per il colore della pelle, l’orientamento sessuale o il credo religioso o politico. Sono persone e, in quanto tali, creature uniche e non accomunabili a dei luoghi comuni e stereotipi che non sono mai in grado di giudicare e definire una società né tanto meno un essere umano.