Sesso, droga e fumetto…
Airboy è il protagonista di una serie a fumetti nata nel 1942: un asso dell’aviazione statunitense che combatte i nazisti durante la seconda guerra mondiale. Al suo fianco, una squadra di uomini e donne coraggiosi e intrepidi che scendono sul campo di battaglia a testa alta, certi che le loro azioni aiuteranno gli uomini a costruire un mondo più roseo di quello in cui vivono loro. La storia editoriale del personaggio è stata scandita da svariate nascite e altrettante chiusure: durante la golden age del fumetto americano, le storie sull’aviazione e gli eroi tutti d’un pezzo andavano molto forte (e le vendite di conseguenza). Nei decenni successivi, invece, quando abbiamo assistito alla nascita di un altro tipo di protagonisti, la maggior parte dei quali aveva tanti problemi quanti poteri, un personaggio come Airboy e la sua cricca non permetteva da solo a un fumetto di stare in piedi, economicamente parlando.
Ma gli assi dell’aviazione hanno sempre e comunque avuto un certo appeal, inutile negarlo, su pubblico e sugli soprattutto editori statunitensi, permettendo quindi a Airboy di raggiungere le fumetterie fino ai giorni nostri. Arriviamo quindi a grandi passi cronologici alla graphic novel di Saldapress, che oggi ci racconta la genesi dell’ultima incarnazione letteraria di Airboy e lo fa attraverso una prospettiva tutta particolare.
L’opera, infatti, fin dall’introduzione, si mostra per quella che è: un fumetto che racconta di fumettisti alle prese con la rinascita di un personaggio del fumetto della golden age americana. Più meta-fumetto di così, si muore. Le fonti di ispirazione dello sceneggiatore James Robinson, come scrive lui stesso, sono la graphic novel autobiografica di Chester Brown, Io le pago, e il film Il ladro di orchidee, di Spike Jonze (in redazione abbiamo trovato molto divertente il piccolo cortocircuito creato da quest’ultima fonte, visto che è la stessa che viene citata da Roberto Recchioni e Lorenzo Bartoli nel primo numero meta-fumettistico di John Doe, il 21, Morte in diretta).
Ma tornando a Airboy, la graphic novel, non il personaggio, presenta una delle storie più gustose degli ultimi tempi: immaginate un paio di fumettisti piuttosto scoppiati che, per cercare la giusta ispirazione, si mettono a fare festa con un mix di alcool e droghe pesanti, andare in giro per i club equivoci di San Francisco e abbordare travestiti per veloci avventure nei bagni. Se questo non fosse abbastanza, ai due protagonisti se ne aggiunge quasi subito un terzo: Airboy, il personaggio del fumetto nel fumetto, con tanto di divisa d’ordinanza e mentalità dell’uomo anni ’50.
Leggendo questa storia, ci è venuta in mente più volte la saga Marvel Zombie (scritta, forse non a caso, dall’attuale chief operating officer di Image Comics, casa editrice della versione originale della graphic novel): il presupposto che ha reso possibile tutta la saga a tema zombie è stato quello di prendere i supereroi Marvel e lanciarli in un mondo in cui il virus che trasforma gli uomini in non-morti affamati di cervello può colpire anche i supereroi. Il principio alla base di Airboy è lo stesso, solo che l’eroe della seconda guerra mondiale si trova catapultato in un mondo in cui invece degli zombie dovrà fronteggiare le nuove droghe in circolazione, la differenza sempre più labile tra i sessi, il linguaggio scurrile dei giorni nostri e la disillusione dei suoi Virgilio, alle prese con la carenza di idee che tutti gli artisti temono.
James Robinson e Greg Hinkle (ai disegni) sono riusciti a confezionare una storia davvero molto divertente, grazie ai loro talenti e ai presupposti di cui sopra: si passa facilmente dalla presa per i fondelli all’intero mondo dei fumetti, citando autori e opere vere, alla guerra contro i nazisti in un mondo in perfetto stile steampunk. E la vera abilità dei due autori è stata proprio rendere tutti questi passaggi assolutamente normali e godibili.
Sicuramente l’esperienza di James Robinson (ai testi su Starman, Batman, Wildcat nonché all’adattamento cinematografico de La lega degli uomini straordinari) ha fatto la parte del leone: le battute sono infarcite di quel cinismo tipico della disillusione, la storia procede spedita senza alcuno intoppo e i colpi di scena sono serviti con la maestria dell’autore navigato.
I disegni, però, non sono affatto da meno: nonostante Hinkle sia un autore praticamente esordiente (prima di Airboy si è cimentato solo con un’altra storia, The Rattler) riesce a tenere il passo con le idee dello sceneggiatore. L’uso della tavola, attraverso il sapiente dosaggio di splash page e vignette distorte che accompagnano i momenti più allucinati della storia, permette una notevole immedesimazione. Anche i colori, toni di blu, verde e rosso per la realtà vera e colori reali per il viaggio a ritroso nel mondo di Airboy, riescono ad assecondare e sottolineare le avventure, oniriche o meno, dei due protagonisti.
Verdetto
In poche parole, Airboy è un piccolo capolavoro cinico, un divertissement tossico che riesce a strappare ben più di una risata. Da avere anche solo per andare a recuperare i fumetti che vengono citati all’interno e capire se ci si trova d’accordo con il punto di vista scettico di Robinson o con quello ancora speranzoso di Hinkle. Una piccola gemma che brilla per originalità e innovazione, umorismo e sapienza narrativa, per testi e disegni, per la quale non possiamo che essere contenti, oltre che piacevolissimamente sorpresi.