L’arrivo di Alan Wake Remastered è l’occasione per tornare a riflettere sulla storia e sulle interpretazioni dell’opera di Remedy Entertainment
La Remastered di Alan Wake è la scusa ideale per tornare a vagare fra gli alberi dell’universo narrativo e della storia creati da Remedy. Rispetto alla pubblicazione originaria del 2010, le differenze non sono molte, ma risuona forte una certezza: vale sempre la pena intraprendere un’immersione fra gli abissi sconfinati di chi ama raccontare. Un errare che ci rammenda, ogni giorno, di come tutte le espressione artistiche, se ci accordiamo al presente, sono sottese a un intimo bisogno comunicativo: restituire una forma, nelle più disparate maniere, all’informe pensiero; per imitazione e/o per pura invenzione, hanno l’esigenza di diffondere un messaggio capace di stabilire delle connessioni relazionali con gli altri al di fuori del nostro io individuale.
D’altra parte, inventare una storia è, in qualche modo, sempre un costruire. Un aggiungere porzioni di materia a una realtà che già di per sé si muove seguendo infinite linee narrative che ci precedono e che noi stessi contribuiamo (apparentemente) a fare e disfare senza soluzione di continuità.
Un’introduzione ad Alan Wake
La storia di Alan Wake inizia con un sogno. Un sogno-tutorial che introduce il giocatore alle dinamiche ludiche con cui avrà a che fare per tutta la durata del titolo e pone le basi della dicotomia narrativa fondata sull’opposizione fra oscurità e luce, verità e finzione. In questo frammento onirico, Wake investe per caso un autostoppista mentre cerca di raggiungere con la propria auto un faro nel cuore della notte. Ancora spaventato dall’incidente, rimane scioccato quando l’autostoppista, grazie all’intervento di una forza oscura (chiamata non a caso Presenza oscura), si rianima e gli rivela, dopo averlo schernito e insultato, di essere un personaggio di uno dei suoi romanzi. Al che una luce interviene in aiuto di Wake.
Grazie a essa entriamo in possesso di una torcia e di una pistola, strumenti ludico-narrativi necessari per sconfiggere le persone (e non solo) possedute da questa Presenza oscura; che scopriamo essere interessata a noi e che sembra avere l’intenzione di venire a cercarci sotto le sembianza di una donna di nome Barbara. Frastornato, Wake raggiunge l’interno del faro ma qualcosa piomba su di lui sibilando sinistramente: “È qui!”
Dal sogno alla realtà: Alan Wake si risveglia e lo troviamo seduto in macchina accanto alla moglie Alice. A bordo di un traghetto, si stanno dirigendo verso Bright Falls, una tranquilla cittadina fra i boschi per trascorrere una vacanza rilassante e ristoratrice. Wake, infatti, vive un periodo di forte crisi creativa e sono ormai due anni, ovvero dalla pubblicazione del suo ultimo libro, che non riesce a scrivere. I due devono incontrare Carl Stucky in una tavola calda per prendere le chiavi della casa che hanno preso in affitto per il soggiorno: parliamo di uno stupendo cottage in legno, che sorge su una piccola isola a ridosso del Cauldron Lake. Giunti alla tavola calda, non c’è traccia del signor Stucky, ma “fortunatamente” Wake viene avvicinato da una misteriosa donna vestita di nero che gli consegna le chiavi del cottage. Raggiunta la destinazione, Wake scopre che Alice si è messa in contatto con il dottor Emil Hartman, che proprio a Bright Falls possiede una clinica deputata ad aiutare gli artisti nei loro momento di difficoltà, per forzare il compagno a fare i conti con i propri problemi.
Furioso, Wake litiga con Alice e si allontana dalla casa per sbollire la rabbia. Ma qualcosa di strano sta accadendo: Alice urla in lontananza e per qualche motivo si è gettata nelle profondità del lago. Disperato, Wake torna di corsa al cottage e si tuffa sott’acqua per salvarla.
Nuovo risveglio: Ritroviamo Wake ferito all’interno della propria vettura, ormai distrutta a seguito di quello che sembrerebbe essere un incidente. Poco distante da lì, un manoscritto: intitolato Departure, è il nuovo romanzo di Wake, scritto senza che lui (e noi) ne abbia il ricordo e che racconta, come scopriremo pagina dopo pagina e nei minimi particolari, tutti gli eventi a cui andremo incontro. In pratica, è come se avessimo di fronte la cronaca del passato giunta a noi dal futuro. Da qui si principia il viaggio di Alan Wake, un percorso tortuoso, in cui lo spazio tempo si disallinea e in cui il presente è confuso e minacciato da pericoli inimmaginabili. L’oscurità lo vuole per qualche motivo e farà di tutto per riuscire nel proprio intento. Fortunatamente, la luce, le si oppone. Fasci abbaglianti che ci permetteranno (?) di far chiarezza sul suo cammino e di sciogliere l’enigmatica trama imbastita da Remedy.
I luoghi e i personaggi più importanti
Come scopriremo ben presto, aiutati anche dall’amico-agente di Wake di nome Barry, il lago Cauldron non è un semplice ammasso di acqua. Ma un posto molto speciale. Viene definito, infatti, come un “luogo di potere“. Ovvero uno spazio fisico “intelligente” in grado di reagire alle creazioni immaginative concepite al suo interno. Più nello specifico: al suo essere in grado di rendere reali le fantasie generate da persone in possesso di una spiccata capacità creativa. Tuttavia, il lago si manifesta come mezzo fantastico manovrato da una volontà antica e malvagia che vive nelle sue profondità: è la Presenza oscura, la quale nel corso degli anni ha sfruttato e ingannato diversi individui con lo scopo di liberarsi e di diventare sempre più potente.
Scopriamo, allora, che fra la sparizione di Alice e il risveglio di Wake è trascorsa una settimana. Sette giorni nei quali, Wake è stato circuito e ingannato dalla Presenza oscura incarnata in Barbara, con lo scopo di scrivere il romanzo Departure. Una storia che, grazie alle sovrannaturali doti del lago e alla spiccata sensibilità artistica di Alan Wake, avrebbe dovuto riportare in vita Alice, ma che non era altro che un mezzo attraverso cui la Presenza oscura voleva raggiungere i propri, funesti, scopi.
Un piano apparentemente perfetto che, tuttavia, viene sabotato dallo stesso Wake. Lo scrittore, infatti, in un attimo di disperata lucidità, riesce a inserire un aiutante all’interno della storia. Un personaggio, che possiede un grado di conoscenza superiore alla nostra, in grado di aiutarci nella lotta con l’oscurità.
Questo personaggio è il palombaro, o la voce della luce, che abbiamo conosciuto nelle prime fasi di gioco. Una figura che veste il ruolo di maestro che ci introduce al mondo di gioco, ci aiuta a capirne le regole e ci instrada verso l’arduo cammino che ogni eroe, per definirsi tale, deve compiere. Grazie all’intervento di un altro personaggio, parliamo di Cynthia Weaver, una signora terrorizzata dal buio che vive in una centrale elettrica, scopriamo che Thomas Zane, questo il nome dell’uomo “dentro la tuta” da palombaro, ha utilizzato prima di noi i poteri del lago per riportare in vita la donna che amava. Ma qualcosa è andato storto: nel riscrivere la storia, Zane, si è dimostrato sciatto e raffazzonato. La resurrezione descritta, senza una adeguata coerenza narrativa, si è dimostrata un escamotage finzionale eccessivamente debole e precario. La credibilità, insomma, è venuta meno e la storia si è sfaldata davanti ai suoi occhi nel momento in cui il lago ha riportato in vita una copia di Barbara. Quindi non la “sua” Barbara originale, ma un simulacro al cui interno dimorava la Presenza oscura. Parliamo della stessa Barbara di cui abbiamo sentito parlare per la prima volta nel sogno e che ci consegna le chiavi del cottage nella tavola calda.
Cynthia Wear, infine, ci consegna un regalo per noi da parte di Zane: una scatola al cui interno è posto un piccolo interruttore chiamato Clicker. Un ricordo d’infanzia di Wake piombato nel presente grazie all’intercessione di Zane: anche lui, di fatti, come Wake, è riuscito a mantenere quel barlume di lucidità che gli ha permesso di inserire, in una piega nascosta della storia da lui scritta, quello strumento del potere in grado di opporsi alle tenebre e di rimediare ai propri errori. Sicché Wake si rivela essere, come una sorta di figura speculare, l’ancora di salvezza di Zane. Così come Zane, nel suo ruolo di mentore-aiutante, lo è per Wake. Siamo di fronte a una serie di rimandi meta-testuali, che, come una mise en abyme circolare, legano saldamente i due racconti come in presenza di un principio di autoconsistenza per il quale l’uno (la storia, o meglio, il romanzo di Zane) è tale poiché esiste il secondo (il romanzo, o meglio la storia, di Alan Wake), e viceversa, senza nessuna apparente contraddizione di forma e sostanza. Ma una pacifica accettazione che l’aderenza alla verosimiglianza, in un mondo alternativo, concede più margini di quanti si possano concepire.
Dritti verso il finale, Wake capisce che l’unico modo per poter salvare Alice e volgere la storia verso un esito positivo, è rimettere mano al romanzo Departure donandogli un finale differente. Narrativamente credibile e perciò luminoso nella sua armonia interna. La Presenza oscura, interviene facendo precipitare Wake nelle profondità del lago e ponendolo di fronte a una versione “negativa” di se stesso chiamata Mr. Graffio. Calato in questa dimensione, Wake riesce a raggiungere Zane e a sbloccare un nuovo, dirimente, ricordo: siamo nel passato, quando Zane è riuscito a riportare in vita la sua amata ma si accorge che qualcosa è andato storto e, colmo di rabbia, la accoltella al petto per poi infilarsi la tuta da palombaro e scomparire nel lago. Aggiungendo un nuovo finale al suo romanzo nel quale un’improvvisa eruzione vulcanica è responsabile della distruzione dell’intero isolotto posto sul lago Cauldron. Una chiosa che, secondo lui, sarebbe stata in grado di fermare, almeno momentaneamente, l’entità oscura lì presente.
Concluso il ricordo, Wake si trova faccia a faccia con Barbara, che vediamo avere un buco al centro del petto al posto del cuore. Dopo una colluttazione, Wake colloca il clicker nel buco e preme l’interruttore facendola esplodere letteralmente di luce. Ormai solo, ha tempo per rimettere mano al manoscritto e scrivere un nuovo e più giusto finale: una conclusione in cui la salvezza di Alice deve essere controbilanciata da un sacrificio: il suo. Per questo motivo vediamo Alice viva, che emerge dal lago e Wake rimanere intrappolato nella dimensione oscura posta da qualche parte di quello strano lago, intento a scrivere senza sosta.
Una dichiarazione chiude la storia originale di Alan Wake: “Non è un lago… È un oceano”.
La pubblicazione di due episodi extra (ricordiamo che il titolo originale è suddiviso in 6 episodi strutturati e divisi fra di loro come fossero puntate di una serie tv) ci permette di aggiungere contenuti al nostro bagaglio informativo e utili strumenti per interpretare il tutto. In essi, infatti, ampliamo la conoscenza di Mr. Graffio, il nostro alter-ego meschino e folle, che sembra tenerci in trappola e aver preso il nostro posto nella dimensione reale. Anche se, a dirla tutta, essendo calati in un contesto allucinatorio è difficile discernere che cosa sia la realtà da che cosa sia la fantasia. Che cosa sia reale, da che cosa sia menzognero. Anche la mente di Wake è provata da questa situazione, tanto da cominciare a sfaldarsi e cedere alla follia.
Per fortuna, anche qui, interviene Zane a nostro sostegno permettendoci di resistere e di fronteggiare, fino ad avere la meglio, Mr. Graffio. Ripreso possesso del proprio corpo, Wake si ritrova nel cottage con la sua macchina da scrivere che lo aspetta. Arrivati a quel punto l’ultima pagina di Departure si è conclusa. Con un gesto oltremodo simbolico, Wake toglie quest’ultima pagina e ne inserisce una nuova intento a iniziare il suo nuovo romanzo, questa volta intitolato Return.
La storia di Alan Wake Remastered è lo scheletro di un manuale di scrittura (videoludica)?
Interpretare la storia di Alan Wake non è semplice. Il suo finale, in special modo prima dei DLC, lascia basiti e con diverse perplessità. Più di un elemento non sembra quadrare all’interno di una trama che forza alcuni incastri e presuppone l’accettazione di eventi tali perché altrimenti sarebbe difficile giungere a spiegazioni che possano esaurirne i significati.
Alcune di esse, ruotano intorno alla figura di Thomas Zane. Zane è personaggio complesso, ambiguo e misterioso. Lo incontriamo sotto molteplici vesti (anche come autore di poesie i cui libri sono presenti nel cottage) e ci assomiglia più di quanto osiamo ammettere. Anzi, le nostre storie, sono praticamente la seconda il remake (o remastered) della prima; con dei cambiamenti evidenti e necessari, ma la stessa, a prima vista, ineluttabile e intrinseca ripetizione dell’uguale. Anche lui, infatti, è uno scrittore, anche lui ha soggiornato nello stesso cottage sul lago e anche lui aveva instaurato un rapporto triangolare con una terza persona: per Wake, parliamo di Barry, amico-agente -consigliere, e Alice, sua amata e sua collaboratrice; e per Zane, di Barbara, amata e collaboratrice e e del futuro dottor Emil Hartman, amico e aiutante.
Per taluni, questa figura rappresenta il padre del protagonista, sia in senso figurativo che non: Wake è cresciuto senza di lui e tutt’ora dimostra di soffrire profondamente per questa assenza; un vuoto traumatico che ha cercato, terapeuticamente, di colmare attraverso la scrittura, rendendolo fin da subito uno degli elementi ricorrenti delle sue storie horror. Questo legame potrebbe spiegare il ruolo di Zane, schivo e lontano, così com’è schermato e isolato nella sua tuta da palombaro, ma altresì presente nel momento del bisogno più estremo e quindi vicino come non mai. Potrebbe trattarsi dell’espressione, conscia o inconscia, del necessitare di un legame con lui: creare un ponte emotivo attraverso una richiesta di aiuto in una situazione di costante pericolo; o inverare, al contrario, un atteggiamento quasi narcisistico, in cui è Wake ad assumere il ruolo di agente salvifico ed è il padre ad aver bisogno di lui. Questo giustificherebbe, secondo ulteriori livelli di lettura, la presenza del Clicker nel racconto di Zane, come strumento di pentimento e accesso a un percorso di espiazione.
Altri, per far quadrare i conti, fanno di Wake un prodotto letterario dell’inchiostro battuto a macchina da Zane. Wake, allora non sarebbe altro che uno scrittore fittizio reso reale dalla potenza del lago per arrivare un giorno a Bright Falss e distruggere la presenza oscura. La creazione del Wake-personaggio si sarebbe resa necessaria per via di una debolezza insita in Zane: troppo debole per sconfiggere il male, avrebbe ideato un eroe simile a lui ma dotato di maggiori capacità (artistiche ovviamente), di maggiore conoscenza grazie a tutti gli escamotage narrativi messi in atto (la presenza dello Zano-personaggio come aiutante-mentore) e di armi straordinarie, su tutte l’iconico Clicker. In questo modo, come scrive Simone Alvaro Segatori sulle pagine di Tom’s Hardware, si “innesca una sorta di loop in cui lo scrittore (Zane) crea un’opera (Alan) convinta di essere uno scrittore che crea un’opera (Zane). Una specie di Uroboro reso possibile dal lago Cauldron che annulla le differenze tra realtà e finzione”.
Entrambe sono interpretazioni interessanti. Se non che, si scontrano con quanto raccontato (se possiamo accettare come vero quanto accade su schermo) dalla fine del secondo DLC e da quanto presente in Control (ma anche nel precedente Quantum Break). Questo perché l’ultima opera di Remedy, che vede narra le vicende di Jasse Faden e dell’agenzia del Federal Bureau of Control, un organo governativo secretato che indaga sugli Altered World Event e sugli oggetti del potere. Dai documenti presenti all’interno di Control, scopriamo che Bright Falls è un luogo attenzionato al FBC poiché sede di numerosi AWE e che le pagine del manoscritto di Wake sarebbero un oggetto del potere. Oltretutto, lo stesso Wake, un individuo che possiamo definire fuori dalla norma, è stato preso in considerazione dall’ente in questione come possibile candidato a nuovo direttore, date le sue manifeste capacità. Così come accaduto per Jasse Faden e suo fratello.
Insomma, che Wake possa essere frutto dell’immaginazione, al netto di quanto detto, appare un po’ strano o quantomeno in contraddizione. È vero che potrebbe far parte di un piano del reale differente rispetto al nostro, o di difficile comprensione, ma quello che sappiamo ci porta su un’altra strada. Ovvero in un evento alterato di complessa definizione e discernimento, i cui fatti possono essere descritti e interpretati ma difficilmente compresi entro un senso logico e razionale.
Quando la lineare pretesa della successione temporale di causalità viene meno, ecco che si sfilacciano i rapporti fra le parti e i significati vengono meno. Presi come sono, nel cono d’ombra delle infinite possibilità, continuamente ascrivibili a una verità che non è mai uguale a se stessa e mai definitiva.
Allora cosa vuole dirci Alan Wake?
Probabilmente niente, almeno non secondo una definizione classica interna al testo come intreccio e trama. Se vogliamo osservarla con altri occhiali interpretativi, invece, ecco che si aprono dei livelli di lettura meta-testuali e meta-narrativi in cui, Alan Wake, ci parla sia del processo creativo dietro alla realizzazione di una storia, quindi le peripezie intellettuali necessarie da mettere in atto per superare gli ostacoli e produrre un prodotto di valore e di qualità. Ma emerge, prepotentemente, anche la volontà da parte degli sviluppatori di mettere il giocatore di fronte a una percorso che ricalca la struttura del mito e del viaggio dell’eroe, come agilmente spiegato in questo video; e di esporgli quello che assume i connotati di un manuale anatomico di uno script letterario. Una sorta di decostruzione, attraverso una costruzione in atto e già passata, di una storia che andiamo a vivere ma della quale conosciamo già tutto. Perché è questo che succede in Alan Wake: noi come giocatori veniamo privati del piacere della scoperta, sostituita dall’attesa ansiogena per la realizzazione di un qualcosa che sappiamo che si avvererà.
Un meccanismo che mette a nudo, a modo suo, un sadico processo decisionale con cui ci troviamo ogni volta, a diversi gradi, a fare i conti: ogni narrazione a cui prendiamo parte è, infatti, già decisa, noi non siamo altro che interpreti passivi illusi di possedere un controllo effettivo sul mondo di gioco. Da ciò, la consapevolezza che la prima e più esplicativa forma di interazione è l’avvio: scintilla di un primitivo motore immobile di uno spazio altro in cui non esiste né passato, né futuro, ma solo un presente che si invera di continuo. A salvarci? L’imprevisto e il racconto; perché è nelle maglie di questa superficie sconfinata che risiede la chiave che dona la via di fuga.
Il glitch e i bug sono, non a caso, molto più forti del Clicker, solo che nessuno glielo ha ancora detto alla storia del povero Alan Wake.