Altan: quando il fumetto non ha bisogno di un mandante
Per capire il fumetto di Altan e le storie narrate in una lunga carriera, non c’è niente di meglio che ricordare una delle sue citazioni più note. “Mi piacerebbe sapere chi è il mandante di tutte le cazzate che faccio“. A oltre vent’anni da quella frase, divenuta tra le più iconiche del fumetto satirico italiano, forse abbiamo finalmente una risposta.
Il mandante non è mai esistito. Perché strappare una risata, specie una di quelle amare, che dopo il moto di ilarità ti permette anche di provare una sana ira, o che al contrario quell’ira riesce a stemperarla, non può avere mandanti. Nasce dentro le persone, cresce grazie ai nostri migliori sentimenti e si nutre dei peggiori, divorandoli e tenendoli a bada. Qualcosa di legato in maniera indissolubile alla condizione umana.
In fondo la satira serve proprio a questo. A farci ridere di noi stessi, di qualcosa che abbiamo creato con le nostre azioni. A dirci che se dobbiamo andare all’inferno tanto vale farlo con una risata. Quella che ci strappa Cipputi, il metalmeccanico veterocomunista, intento a commentare il presente sospeso tra un passato che non tornerà mai e un futuro in cui il “sol dell’avvenire” proprio non vuole saperne di sorgere.
Ma una risata è anche quella della Pimpa, la gioiosa cagnolina che prima di andare a dormire nel suo lettone beve un bicchierone di latte e saluta l’Armando e tutti gli oggetti della sua stanza. In fondo anche quei sentimenti si trovano dentro l’animo umano. Qualcosa di semplice, che non ha necessità di essere ricercato o esagerato.
Perché Altan, come è stato ricordato in tempi non sospetti da Stefano Benni, possiede un pregio raro. Specie per chi si dedica alla satira. Per strappare la risata la scelta facile è quella di esagerare, di rendere tutto enorme, roboante. Portare all’eccesso i peggiori difetti delle persone, ingigantire e porre tutto sotto una lente d’ingrandimento che, troppo spesso, finisce per distrarre i lettori.
Nelle vignette di Altan questo non succede. L’autore nativo di Treviso sceglie di ridurre tutto all’osso, di mostrare la piccolezza delle persone nel bene e nel male. E uno dei modi migliori di farlo è mettere in scena la propria versione delle grandi storie di alcuni esponenti della razza umana.
Colombo, San Francesco, Casanova sono solo alcuni di quei personaggi che il genio di Altan riesce a trasformare e porre sotto una luce nuova. Quella di esseri umani guidati non da grandi ideali, ma solo da piccole meschinità, a malapena consapevoli di dove li porterà la strada che hanno intrapreso. C’è chi cerca se stesso come Colombo, che in realtà non vuole saperne di trovarsi, ma pur di non ammettere la propria vacuità sacrifica uomini e mezzi in una ricerca che non dovrebbe portare a nulla. Se solo non ci si fosse messo in mezzo quel fastidioso continente.
O ancora chi intraprende la via della santità come Franz, desideroso in realtà solo di prendersi una rivincita sul padre. Quando nasci nel Secolo XII non hai molti modi di farla pagare a un genitore, così la via della povertà diventa un modo come un altro per ottenere il tuo scopo, il migliore se si considera che l’uomo che ti ha cresciuto è un ricco e avido mercante. E pur di portare a termine questa vendetta si è in grado di sopportare qualsiasi cosa, persino il canto di quelle fastidiose tortorelle. Così, per pura ripicca.
Personaggi umani, troppo umani, di cui Altan racconta le storie facendoli scendere dal piedistallo su cui la storia e le persone venute dopo di loro li hanno posti. A modo suo il messaggio di questi racconti parodistici sembra essere consolatorio per la razza umana, quasi a dir “Ci sono riusciti loro, figuriamoci noi“.
Un concetto che sembra essere caro al fumetto di Altan, sin dagli inizi. Come Trino, una delle sue primissime creazioni sulle pagine di Linus, un giovane Dio ancora incapace di creare il proprio mondo. A modo suo è quasi la nascita dell’autore, prima che Francesco Tullio Altan diventasse solo Altan. Un fumettista è un creativo, qualcuno che concepisce storie e mondi ex-nihilo. E i mondi, per essere creati a dovere, hanno bisogno di tempo. Anni interi, altro che sei giorni.
I mondi creati da Altan, quelli in cui si muovono i personaggi storici da lui evocati, sono mondi dominati dal caos, quasi un contraltare di ciò che governa la mente dei suoi protagonisti. Sono mondi brutti, sporchi e cattivi, ma sono anche mondi che per la loro accuratezza riescono a diventare qualcosa di meraviglioso. Il bello nell’orrido, potrebbe dire qualcuno.
Mondi in cui Dio non interviene. Non c’è un deus ex machina che aiuti Colombo a trovare la giusta rotta, che favorisca Casanova nella sua vita mondana o che guidi l’ascesa di Franz alla santità. I personaggi di Altan sono abbandonati a se stessi, in balia degli eventi che loro hanno scatenato. Eppure questo non vuol dire che l’autore, il “Dio del fumetto”, non si faccia sentire. Altan affida le sue impressioni e guida il lettore nell’immersione in questi mondi grazie ai commenti che lui stesso inserisce tra una vignetta e l’altra.
In un mondo bianco e nero, dove le tavole scandiscono il ritmo della narrazione in maniera uniforme, l’unico elemento di “disturbo” sono quel commenti salaci che si trovano tra gli spazi bianchi, sospesi in un vuoto che diventa l’unica vera guida per il lettore. Quasi un’infrazione della quarta parete, un modo per permettere ad autore e lettore di comunicare, di far sentire la presenza del primo al secondo.
Perché il lettore è sempre presente nei pensieri di Altan. Il lettore, esponente di quella razza umana, così fragile nelle sue meschinità e che nonostante tutto sa essere così bella. Per Altan rappresenta non solo il destinatario, ma anche il mittente e il mezzo con cui l’autore sceglie di mandare il suo messaggio. Essere imperfetti non è un peccato. Lo sono stati tanti grandi nel passato, lo siamo nel presente. L’importante è non smettere di guardare al futuro.
Poco importa che esso venga rappresentato da un operaio che non recede dai suoi ideali, o incarnato da chi è materialmente il futuro della razza umana, i più piccoli. Proprio a loro si è rivolta parte della produzione di Altan. L’autore trevigiano, nella sua eccezionale versatilità, è riuscito a farsi conoscere anche dai bambini creando personaggi iconici come La Pimpa o Kamillo Kromo.
Anche questo rende Altan un fumettista per tutte le stagioni. La sua capacità di saper parlare a grandi e piccoli lo rende un autore unico nel suo genere. Qualcuno capace di ricordare come non stia nella grandezza, nell’infinito lo scopo ultimo dell’arte.
Ma sia nelle piccole realtà di tutti i giorni, con le loro fragilità, le loro debolezze e persino quelle meschinità che ci rendono così umani. Raccontare il poco, allo scopo di raggiungere molti.