Al coniglietto nero nun glie devi cacà er cazzo…
C’è qualcosa di follemente geniale nel concept di Anarcute, motivo fondamentale della nostra decisione di giocarlo (quasi senza riserve). Prendete degli animaletti pucciosi, morbidi e con occhioni languidi e piazzateli in strada nel bel mezzo di una rivolta sociale. Armateli di fumogeni, mattoni e cartelli e schierateli contro gli sbirri per un’autentica e sovversiva sommossa contro lo strapotere statale. Ecco, questo è Anarcute, un titolo che nelle sue meccaniche non proprio alla moda (avete giocato a Wonderful 101? Ecco, siamo lì) si propone comunque come una fresca novità nel panorama Steam, specie grazie ad un prezzo molto intrigante. Verrebbe da dire che con simili premesse il resto può solo accompagnare, ma non è così e vediamo insieme il perché.
A.C.A.B.
Non si può dire che Anarcute brilli per profondità o coinvolgimento della trama: molto semplicemente una mega-corporazione-gran-figli-di-putt&%@ ha conquistato il mondo e, partendo da Tokyo, i nostri animaletti cercheranno di dare alla kasta il ben servito a colpi di sommosse e guerriglia urbana. La storia si dipana brevemente per i capitoli del gioco attraverso simpatici filmati in grafica bidimensionale, che scimmiottando quasi uno stile in stop motion cutout raccontano della rovinosa caduta del regime militare. È un mondo, quello di Anarcute, che trasuda violenta pucciosità, ed in cui la brutalità animata non è mai eccessiva, esplicita o esagerata. Sono sommosse e botte, sì, ma da cartoni animati, con tanto di nuvolette di polvere a sottolineare le risse, ed una campionatura di rumori che sembra presa di peso dal mito dei Looney Tunes.
Immaginate un episodio di Happy Tree Friends ma senza squartamenti e decapitazioni ed avrete più o meno inteso lo stile. Ma il succo qui è altro, ed è tutto a base di gameplay. Un gameplay che talvolta ha il gusto di un legnoso beat ‘em up, altre volte vorrebbe fare il verso a una certa fetta di puzzle game in salsa ambientale. Non un platform o un titolo esplorativo in effetti, ma un gioco dallo scheletro più asciutto ed il cui corrispettivo va ricercato (seppur non con la stessa brillantezza) nel già citato Wonderful 101 o nel più vetusto Katamary Damacy.
E dunque ogni livello ci metterà al controllo non di un singolo ed anarchico animaletto, ma di una piccola folla che progressivamente potrà crescere grazie all’arruolamento o alla liberazione di altri fidi compagni rivoltosi. Con alle spalle il vostro esercito di coccolosi animaletti, dovrete quindi farvi strada nelle varie mappe cittadine, nulla più che la versione locale di alcuni dei memorabili luoghi di determinate città (come Tokyo o Parigi). Gli obiettivi, tutti apparentemente semplici, prevedranno la liberazione di ostaggi, la sconfitta delle forze militari locali o la conquista di punti nevralgici, facendo ben attenzione a fare meno vittime possibile tra le vostre fila. I livelli, sempre più intricati e inespugnabili col progredire dell’avventura, ci metteranno infatti di fronte a nemici sempre più numerosi e con armamenti sempre più competitivi. D’altro canto, se all’inizio la vostra folla potrà contare sugli scontri corpo a corpo o sul lancio di praticamente buona parte degli oggetti presenti negli scenari, con la progressione (e grazie ad un apposito sistema di power up a mezzo di monete spendibili a fine livello) comincerete pian piano ad essere sempre più facinorosi e distruttivi.
Tali abilità di rivolta andranno di pari passo con la crescita del vostro esercito le cui dimensioni, come immaginerete, sono anche la chiave per venire a capo delle situazioni più caotiche e violente. Il punto è che quasi mai converrà caricare a testa bassa, bensì, proprio come in un piccolo simulatore di guerriglia, sarà meglio cercare di infliggere il maggior numero di danni subendo il minor numero di perdite. Ogni livello, infatti, conta su di un numero di reclute predefinito, alla cui morte non vi sarà alcun respawn. Ne viene da sé che caricare a testa bassa causando la morte della maggior parte dei vostri compagni è una tattica che a lungo andare non premia, costringendo il giocatore, complici le possibilità offerte dal level design, a giocare d’astuzia. Specie perché la folla, con la sua crescita progressiva, diventerà man mano più lenta e difficile da manovrare, impedendo (volutamente) quello stesso controllo preciso che si era potuto sperimentare quando il gruppo era più piccolo e contenuto. Si tratta insomma di un gioco di delicati equilibri e di scelte tattiche, in cui per fortuna avremo il supporto di un sistema di controllo sempre degno sia del nostro team di facinorosi (specie perché il gioco è progettato palesemente per essere giocato con il pad) sia della telecamera libera che, salvo qualche incertezza nelle inquadrature più ravvicinate, ci lascerà gestire il tutto con un’efficace ripresa a volo d’uccello.
Il problema è che Anarcute, per quanto abbia alle spalle un’idea semplice ma brillante (ed anche simpaticamente indovinata) finisce per finire un po’ vittima della sua ripetitività. Una dinamica in cui la presenza di nemici vari e diversificati o il progressivo aumento di difficoltà non riesce sempre a tenere l’attenzione del giocatore altissima. I livelli, infatti, finiranno pian piano per assomigliarsi tutti e, salvo per le divertenti boss fight (una per città), molte situazioni si susseguiranno con dinamiche sin troppo simili e ripetute.
Questo perché, come molti altri giochi del genere, le meccaniche tendono a restare sempre troppo ancorate ad un concept basilare in cui power up e varie non sono uno strumento sufficiente alla diversificazione. Una diversificazione che ci sarebbe potuta essere se il gioco, forse coraggiosamente, avesse puntato di più sul suo aspetto tattico e su quello gestionale, qui del tutto inesistente. Certo la sfida non manca, ma incedendo nella rivolta e ci si rende conto che si sta giocando più per abitudine che per puro divertimento, portando forse alcuni giocatori ad archiviare la pratica ben prima del roseo finale del gioco.