Animali fantastici torna nei cinema con un terzo capitolo che fa tabula rasa
’ultima edizione della cerimonia degli Oscar ce ne ha consegnato un esempio plastico: a Hollywood, nell’arco di una serata sciagurata, puoi passare dalle stelle alle stalle. La querelle legata a Will Smith, tutta in divenire, ci mostra insomma ancora una volta come nella città degli angeli basti un minimo turbamento nell’ordine costituito delle cose per farsi la nomea d’appestato. E di conseguenza rischiare di dover andare per anni in ritiro sabbatico. Nessuno vuole più lavorare con te, più in seno a ragioni di pura ottica imprenditoriale che guardano al danno-beneficio che a crociate di carattere morale su ciò che è giusto o sbagliato. Anche qua, la standing ovation riservata all’attore per la consegna dell’Oscar nemmeno dopo dieci minuti lo sberlone tirato a Chris Rock ci viene incontro per capire lo stato della faccenda.
A questo proposito per discutere di Animali fantastici: I segreti di Silente non si può prescindere dal tirare in ballo la vicenda legata a Johnny Depp e al personaggio di Gellert Grindelwald. Quando venne annunciato il cambio di rotta ufficiale da parte della Warner Bros., con l’ingaggio di Mads Mikkelsen per andare a rimpiazzare Depp nei panni del mago criminale, se ne parlò per mesi. E il film continua a trascinarsi dietro, inevitabilmente, questo spettro che aleggia così come fa il malumore dei fan dell’attore e dei fan di Harry Potter che nel Wizarding World proposto nella saga di Animali fantastici non hanno mai ritrovato davvero quei sentimenti coltivati per anni tra le mura di Hogwarts.
La questione Johnny Depp, legata ai turbolenti affari personali che lo vedono coinvolto in una burrascosa lotta legale con Amber Heard dai tempi del loro breve matrimonio, ci aiuta a fare in realtà luce sulle traiettorie di una saga che pare come una nave salpata da un porto sicuro e ora in piena esplorazione in un mare di nebbia. Mascherato nell’ottica del preservare in maniera discutibile l’investimento, l’allontanamento di Depp dal personaggio di Grindelwald rivela una crepa nella struttura progettuale di una saga che già a partire da I crimini di Grindelwald mostrava tutta la confusione e difficoltà nel convogliare il materiale di solido universo precostituito all’interno di una narrazione allo stesso tempo originale e di senso compiuto. C’era un contesto, ma sembrava non esserci una storia definibile tale. Si girava a vuoto attorno a dei frammenti del passato.
La potentissima e spesso discussa J.K. Rowling, che firma le prime due sceneggiature in solitaria e quella de I segreti di Silente assieme al fidato Steve Kloves già in writing room degli adattamenti di Harry Potter, decide di lavorare quindi nelle zone d’ombra del macrocosmo da lei creato. Sfrutta le suggestioni e le speculazioni coltivate per anni anche dai fan, arrivando a portare su schermo l’ascesa di un male organizzato e populista ma senza afferrare mai per davvero motivazioni o conseguenze. Se I crimini di Grindelwald pareva aver già fatto toccare il fondo, con il secondo film, a una saga che in programma ha di arrivare a cinque pellicole in totale, qualcosa con I segreti di Silente sembra riuscire a puntellarsi, a mettere alcuni paletti che delimitino un minimo quel Wizarding World calato in uno dei suoi periodi più oscuri (dentro e fuori dal brand).
Spostato “Animali fantastici” in un angolino di un titolo dove a giganteggiare è il nome del sempiterno, sempre rassicurante, sempre imbattibile (e pure troppo) Silente, è anche la scelta di come è riconfigurato il pantheon di protagonisti a segnalare le evidenti difficoltà della ricerca di un equilibrio drammaturgico. L’oramai ogni volta più macchiettistico Newt Scamander di Eddie Redmayne assume quasi le fattezze di una spalla comica, di intermezzo da rilascio della tensione da appoggiare qui e lì assieme alle strane creature alle quali si interfaccia, quelle sì sempre spettacolari ma ora come mai elemento accessorio di una storia che vuole darsi tono e quindi allargarsi ancora di più.
Pensiamo anche alla Tina Goldstein di Katherine Waterston, completamente eclissata dal racconto e resa un cameo, una comparsata il cui taglio drastico di minutaggio non trova nessun riscontro effettivo se non in rumor poco attendibili. Più probabile un ripensamento da zero del suo personaggio, poco amato, poco considerato e quindi accantonato senza troppi problemi con un’operazione che definire insolita per franchise di questo tipo è poco. Sorte simile quella di Credence (Ezra Miller), certo presente ma il cui ruolo è inspiegabilmente ripiegato su se stesso, compresso in un angolo di una storia che lo voleva vedere come chiave essenziale nei piani di Grindelwald e ora annotato sullo script come se fosse l’ultimo degli sgherri – e quanti ce ne sono in questo I segreti di Silente.
Come già preventivato dal precedente capitolo, a salire in cattedra è il Silente di Jude Law, con uno spostamento coatto degli interessi dello spettatore che sono convogliati nella relazione che lega assieme il preside di Hogwarts (e non c’è nulla da fare, ci si sente a casa solo tra le mura della scuola) e il temibile Grindelwald. Ed eccoci tornare al passaggio di testimone, al cambio di rotta che è il cuore di senso di una saga sciagurata. Mikkelsen è un attore sublime, lo sappiamo, e si cala nelle vesti del mago calzandole come se fossero sempre state le sue, donando una vertiginosa compostezza alla lucida follia dietro i piani di epurazione etnica e di supremazia della razza. È senza ombra di dubbio una scelta centrata anche quando letta dal punto di vista del rapporto che lo contrappone a Silente, forse la cosa migliore di questo terzo film. Resta comunque una linea non priva di scelte discutibili come quella di rendere il confronto diretto tra i due, attesissimo passaggio, un elefante nella stanza da risolvere in un paio di minuti gettati lì all’inizio.
Dopo due ore e dieci de I segreti di Silente diviene quasi impossibile immaginarsi un Grindelwald differente. Ma è questo stesso fare tabula rasa, peraltro nemmeno lontanamente giustificato nella diegesi, a rendersi indice di uno stravolgimento che fa scacco alla fragilità, a scoprire le gambe fragili sulle quali si erge il tutto. Nell’istante in cui si fatica a pensare l’eccentrico e anarchico Grindelwald di Depp (che gran lavoro fece sul personaggio) intrecciato sentimentalmente a Silente, si svelano le carte taroccate di un inganno nell’inganno, di un prodotto artistico che continua ad annaspare alla ricerca di appigli e disposto a cambiarsi le fattezze pur di salvarsi la faccia. Ironico forse, desolante di certo la maniera in cui un franchise rinnega goffamente se stesso e la propria visione in corsa così come sta facendo Animali fantastici. Con risultati, poi, che saranno tutti da vedere.
D’altronde da una saga che ha da tempo imboccato la strada delle rivelazioni e controrivelazioni a ogni costo come unico motore narrativo non sappiamo più se e cosa aspettarci per davvero. L’unica reale attesa, sentita, è quella di ritrovare questo fantomatico Wizarding World dalle parti di un altro medium, di un altro prodotto come Hogwarts Legacy che ci auguriamo tutti abbia le idee ben più chiare.