PlayStation 2 compie vent’anni? Di già?! Come passa il tempo quando ci si diverte…
In quest’epoca postmoderna, raccontare i fasti di PlayStation 2 equivale a cantare le gesta di mitologici eroi, alla maniera dei Rapsòdi nei tempi antichi. Oggi si celebra appena il ventesimo anniversario del monolito nero di Sony; in termini assoluti, non parliamo di un’epoca remota, ma nel mondo della tecnologia è sufficiente per cambiare tutto, o quasi. Figuriamoci in quello dei videogiochi.
Erano gli anni dei tubi catodici, dei rudimentali cavi SCART, delle costosissime Memory Card, delle molestissime bande nere (vi ricordate dell’inguardabile versione PAL di Final Fantasy X? NdR), dell’aliasing smodato. Gli anni del Multi-tap per giocare in quattro. Del modem venduto a parte. Eppure, c’era un entusiasmo “magico” (consumistico, diranno i più maliziosi) attorno a tutto ciò che ruotava attorno alla macchina delle meraviglie di Sony. I numeri parlano chiaro: PlayStation 2 è la console più venduta della storia, con oltre 155 milioni di unità distribuite, prodotte nell’arco di ben tredici anni! Sì, perché ebbe un ciclo vitale lunghissimo, nel corso del quale sono stati rilasciati quasi quattromila giochi. Tenete conto che Xbox, GameCube e Dreamcast, assieme, hanno venduto ben meno di sessanta milioni di unità: l’era dei 128-bit, di fatto, si risolse in un monopolio.
Il grande successo di Sony non si spiega certo su un piano tecnologico, in quanto, nel complesso, PlayStation 2 era la peggior macchina della generazione. La sua potenza di calcolo era inferiore a quella di GameCube e di Xbox, e probabilmente non molto superiore a quella di Dreamcast – alcuni ritengono che se la macchina di Sega fosse giunta al termine del suo ciclo vitale, avremmo visto una qualità paragonabile a quella dei migliori titoli PS2 – che però era stato lanciato nel 1998: di fatto, proprio quel marzo del 2000 fu l’unico mese di compresenza sul mercato (giapponese) delle due console. Sul piano hardware, inoltre, presentava solo due alloggiamenti per i controller, mentre tutte le altre macchine ne avevano quattro; non aveva un hard disk interno (ma in alcune regioni si poteva acquistare), diversamente da Xbox; necessitava di un Network Adapter (incluso nella console solo con i modelli Slim) per giocare – malamente – online, quando non solo Xbox ma anche il più antico Dreamcast erano pronti a internet sin da subito. Pure sul piano import, PlayStation 2 non era così amichevole: niente FreeLoader come su GameCube, ma un decisamente più seccante swap disc che richiedeva uno spiacevole smanettamento sul carrello…
Tutte queste cose che vi dico adesso all’epoca erano del tutto irrilevanti per la stragrande maggioranza della platea videoludica. Noi, giovani e tutt’altro che smaliziati gamer, eravamo veramente in fibrillazione negli ultimi mesi del 1999, quando abbiamo visto le prime immagini della presentazione al Tokyo Game Show. Le abbiamo viste in novembre, chiaramente, coi tempi della carta stampata, visto che la connessione internet in Italia era ancora un lusso. Fatto sta che quelle immagini rimasero indelebili nelle nostre menti per un anno, quando PlayStation 2 arrivò in Europa, al non proprio abbordabile prezzo di lancio di ₤ 899000. Perché dentro ci avevamo visto il futuro, un futuro in cui tutto era molto simile al passato (Tekken, Gran Turismo, cose così), solo che molto più fico. Probabilmente pensavamo che anche l’adolescenza e l’età adulta sarebbero state così, ma non divaghiamo.
Inutile dirvi che quasi nessuno si era accorto che l’anno prima era uscito Dreamcast, che il futuro era già passato. Nell’immaginario collettivo PlayStation incarnava in modo quasi assoluto il videoludo: erano gli anni in cui con il termine “PlayStation” venivano indicate tutte le postazioni da gioco (inclusi i PC), gli anni in cui qualcuno ti chiedeva perché i Pokémon, che erano così famosi, non si potessero giocare “sulla pleistescion”.
E poi arrivò. Considerato il prezzo proibitivo, inizialmente chi ce l’aveva si sentiva un po’ una celebrità; d’altro canto, bastava mettere su il disco demo per stregare frotte di ragazzini. La diffusione cominciò a essere capillare dal 2002, quando il prezzo era sui trecento euro. E lì iniziò l’età dell’oro, costellata di giochi incredibili e successi planetari.
In quegli anni la console war era molto sentita, ma era un discorso quasi esclusivamente teorico, come abbiamo visto parlando dei dati di vendita. Come dicevano i più saggi nei forum (che nostalgia…, NdR), l’unica cosa che conta sono i giochi. Ed è proprio per questo che PlayStation 2 massacrò la concorrenza. Il parco titoli di Dreamcast era notevolissimo, ma già nel 2000 era finito tutto; la line-up di GameCube prevedeva quasi esclusivamente giochi di Nintendo e qualche third party dei più ovvi (FIFA, SoulCalibur II, Burnout 2, SSX 3, ecc.); quella di Microsoft aveva qualcosa in più in ambito third party (inclusi port da PC come Doom 3 e Knights of the Old Republic), ma l’offerta first party era ancora acerba; PS2 aveva TUTTO. Innanzitutto, la produzione di Sony, tra first e second party, era molto eterogenea: si spaziava da Ape Escape a Gran Turismo, da Jak and Daxter e Ratchet & Clank a God of War, da PaRappa a Twisted Metal, da Dark Cloud a Syphon Filter.
Ma la vera meraviglia stava in tutte quelle che io ho sempre chiamato “esclusive naturali”: si trattava di terze parti – come Capcom, Square e poi Square Enix, Namco, Konami e molte altre – che sviluppavano in esclusiva per PlayStation 2 non sulla base di accordi di esclusività o intime partnership con Sony, ma solo perché era l’unica cosa sensata; d’altro canto, Dreamcast era morto e GameCube e Xbox (che comunque sono arrivati sul mercato con un paio d’anni di ritardo) erano rispettivamente poco diffuso e pressoché inesistente in Giappone. Già in epoca PlayStation 3, considerata la rilevanza di Xbox 360, Sony aveva perso quasi tutte queste esclusive per modo di dire, ma nella generazione a 128-bit c’era roba davvero clamorosa, che non posso far altro che elencare, visto che, dedicando anche solo una frase a ciascun gioco, il lavoro sarebbe immane.
Capcom si rivelò una fucina inesauribile, con le serie di Devil May Cry e Onimusha (ma il primo uscì anche su Xbox) e perle come God Hand e Okami; addirittura, portò su PS2 tre dei famigerati Capcom Five (che comunque poi si rivelarono essere Four) che avrebbero dovuto uscire solo su GameCube, Resident Evil 4, Viewtiful Joe e Killer7. Konami visse uno dei suoi periodi migliori, regalando a PlayStation 2 ben due Metal Gear Solid (ok, il 2 uscì in versione Substance pure su Xbox, a una certa), i due Zone of the Enders, Contra: Shattered Soldier e svariati episodi di Suikoden (fra cui vale la pena di ricordare il III, inedito in Europa) e Silent Hill. Namco proseguì con la somministrazione periodica delle sue serie di punta, fra cui Ace Combat, Ridge Racer (solo V in esclusiva), Klonoa, SoulCalibur (il III fu esclusiva), Tales (ma nessuno arrivò in Europa, purtroppo), Xenosaga (solo il II giunse nelle regioni PAL), Time Crisis e, soprattutto, Tekken, che in quegli anni vendeva come il pane; a una certa se ne uscì con una cosa tutta strana che rispondeva al nome di Katamari Damacy.
E poi ovviamente Square/Square Enix, con giochi fondamentali come Final Fantasy X – che vendette “appena” otto milioni di copie – e XII e Dragon Quest VIII (come avrete capito, in quegli anni alcuni generi erano appannaggio di PlayStation 2, quelli più spiccatamente giapponesi in primis, come i JRPG). Persino Sega, nella sua incomprensibile “diaspora” che la portò a dividere la sua line-up su tre macchine diverse, destinò alcune delle sue serie a PlayStation 2, come Virtua Fighter (con un quarto capitolo clamoroso), Sakura Taisen, Shinobi, oltre ai port di Rez, Ecco the Dolphin, Crazy Taxi, Virtua Cop 2, Virtua Tennis 2 e Space Channel 5 Part 2. E se ne uscì pure con una nuova IP che tuttora appassiona l’utenza Sony: Ryu Ga Gotoku, conosciuta in Occidente con il nome di Yakuza.
A tutto questo ben di Dio si aggiungevano, poi, tutti i titoli puramente multipiattaforma (anche se comunque molti avevano rinunciato all’uscita su GameCube), che però su PlayStation 2 divennero iconici. I primi che mi vengono in mente, così su due piedi, sono i tre Grand Theft Auto, che uscivano sempre prima su PlayStation 2 e poi su PC e Xbox. Se guardiamo alla storia di PS2 in chiave occidentale (cioè esattamente il contrario di come ho fatto fino a questo punto, NdR), la serie di Rockstar è stata senz’altro la più importante grazie all’appeal che aveva guadagnato con il passaggio dalle due alle tre dimensioni, che coincise con il passaggio da PlayStation a PlayStation 2. Nella classifica dei giochi più venduti sulla macchina di Sony i tre GTA occupano la prima (San Andreas, con oltre 17 milioni di copie) , la quarta (Vice City, che si fermò a dieci) e la sesta posizione (III, con “solo” otto milioni); in pratica, a tener testa a Rockstar c’è stato solo Gran Turismo, altra serie fondamentale in quegli anni in Occidente. Anche solo per mostrare la forza bruta dell’Emotion Engine (La CPU di PS2 si chiamava così: direi che ha mantenuto le promesse, Ndr) ancora oggi mi pare incredibile che nel 2001 Gran Turismo 3: A-Spec potesse anche solo esistere.
In quest’epoca postmoderna, forse non è facile comprendere quale cornucopia si rivelò PlayStation 2: ora ci sono console con store digitali stipati di giochi, del costo di una manciata di euro, provenienti da svariate software house e da altrettanto svariate epoche; ora esiste Steam che ha già archiviato quasi due decadi di gaming; ora esistono i remaster, che originano proprio da un gioco PS2 (God of War). Ma all’epoca, chi voleva avere tutto a portata di mano e non aveva soldi e spazio per comprare tutte le console, aveva solo un’opzione: PlayStation 2. Che, personalmente, resterà per sempre il simbolo di un futuro radioso. Seguì la stagione dei dubbi, della crisi e delle false promesse, ma per fortuna manca ancora abbastanza tempo al ventennale di PlayStation 3…