Un nuovo interessante horror su Netflix!
Pochi generi cinematografici ci parlano dei tempi che corrono in maniera viscerale come gli horror. Adattare questo linguaggio alle paure e alle inquietudini della contemporaneità non è solo il dovere di ogni buon autore ma l’unico modo per ri-trovare a ogni nuovo progetto quelle sensazioni primordiali che il pubblico non smette mai di cercare. Da questo punto di vista, Apostolo (Apostle) – proposto dal 12 ottobre dal catalogo Netflix come produzione originale – è un esempio assolutamente calzante di come il genere continui a rinnovarsi stagione dopo stagione.
Come dichiara lo stesso regista e sceneggiatore Gareth Evans, Apostolo è la dimostrazione che per fare paura un film non ha bisogno di fantasmi, mostri o presenze soprannaturali: basta l’essere umano. Certo, un elemento fantastico persiste anche in questa storia, ma non è realmente da là che l’orrore nasce e si sviluppa.
Thomas Richardson (Dan Stevens) è apparentemente un outcast, la cui missione consiste nel salvare la sorella rapita e portata di forza su un’isola dove – presto capiremo – si pratica un culto misterioso, oscuro. Governata dalla figura emblematica del Profeta Malcom (Michael Sheen), l’isola si regge sull’adorazione di una divinità del raccolto alla quale i suoi adepti riservano tutta la loro dedizione, in un regime di apparente accoglienza e tolleranza, dove chi nel “mondo civile” è stato bistrattato e umiliato, potrà trovare pace e benessere. Naturalmente ogni beneficio comporta un sacrificio, così la dea esige un tributo in sangue che il suo profeta e i più stretti discepoli non mancano mai di procurarle, con ogni mezzo.
Thomas si confronta così con una società integralista, totalmente schiacciata sulla pratica religiosa, arrivando presto ai ferri corti a causa del suo carattere burbero e – soprattutto – del forte desiderio di trovare e portare a casa l’amata sorella Jennifer (Elen Rhys).
I personaggi che gravitano attorno al protagonista e alla sua tragedia personale hanno tutti, a loro modo, un rapporto differente con questa entità e questa religione, dividendosi tra vittime e carnefici, tra chi si adatta alla follia generale per puro spirito di sopravvivenza e ferventi sostenitori della fede. Risulta presto chiaro che coloro che si spacciano per illuminati, su tutti Malcom e il suo compare Quinn (Mark Lewis Jones), sono in realtà individui pericolosi e senza scrupoli, pronti a tutto pur di affermare il loro potere.
Questo è il tema centrale dell’intero film, che punta i riflettori (e le riflessioni) sul pericolo in cui si mette l’uomo che abbandona la razionalità per affidarsi totalmente a venerazioni retrograde e violente. La fine della ragione, direbbe qualcuno, un ritorno all’età buia dell’umanità, il rifugiarsi in convinzioni retrive e primitive: ecco cosa ci fa paura.
Apostolo è un rifiuto di ogni credenza, qui esasperato nel confronto con una devozione evidentemente malefica. Lo stesso protagonista si scoprirà – a un certo punto – essere stato un ex missionario, torturato appunto durante una delle sue spedizioni predicatorie. Il personaggio dichiarerà, in un dialogo emblematico con la controparte femminile Andrea (Lucy Boynton) l’illusione totale di ogni tipo di divinità, l’abbandono dell’uomo da parte del suo creatore. Un’affermazione che non lascia molto spazio a interpretazioni e che si risolve in un altrettanto simbolico rogo purificatore, al termine del quale i personaggi (o alcuni di loro) troveranno la salvezza.
Pur essendo impegnativo nelle sue due ore e passa di durata, Apostolo è un’altra scommessa vinta da Netflix che piazza in scuderia un prodotto di grande interesse e di altissima qualità. La trama gode di una certa linearità, dove i colpi di scena (pochi, e non tutti necessari) lasciano spazio a un approfondimento progressivo dei temi e della storia. Sin dalle prime battute, infatti, sappiamo che Thomas si sta andando ad avventurare in una situazione tutt’altro che semplice e ogni avvenimento, ogni incontro non fanno che confermare l’inquietudine iniziale. Non ci aspettiamo nulla di diverso, se non di vedere un dettaglio in più, dare un volto alla divinità di cui tutti parlano e scoprire – ovviamente – che fine farà la povera sorella del protagonista. Insomma, il desiderio dello spettatore si immedesima direttamente con quello di Thomas, straniero – come noi – di un mondo ignoto e spia solitaria e silenziosa delle sue oscure regole.
Il ritmo – è meglio saperlo – incalza dopo la prima ora, in si cui prepara il terreno per la seconda parte, dove assistiamo a una sequenza di scene molto soddisfacenti sia da un punto di vista narrativo, sia – ancora di più – da un punto di vista estetico. La violenza e le (minime, suvvia) componenti splatter sono sempre giustificate da una coerenza narrativa, così come l’impatto visivo che riservano i due “mostri” della storia. L’attenzione registica, la preparazione degli attori e una sceneggiatura che – salvo nella sequenza finale – non si sbilancia mai in dialoghi sopra le righe completano il tutto, confezionando un prodotto di enorme efficacia.
P.S.: La visione sul piccolo schermo ci fa rimpiangere un po’ la distribuzione tradizionale. La qualità estetica dell’immagine, le panoramiche a picco sul mare e sulla natura incontaminata, ma anche le scene buie in cui emergono presenze sinistre e letali sarebbero state davvero di grande effetto in sala. Ma tant’è: le gioie e i dolori di Netflix.
Verdetto
Apostolo si inserisce in un filone anche troppo rarefatto di horror d’autore, in cui la componente violenta e macabra si accompagna a una qualità tecnica e artistica a cui la definizione di “cinema di genere” sta decisamente stretta. Il regista Gareth Evans è perfettamente padrone di ogni aspetto del film e mantiene il controllo dall’inizio alla fine. Anche quando non convince del tutto, capiamo che le sue sono scelte indirizzate alla trasmissione di un messaggio e non dirette al puro fine di inorridire lo spettatore. Attenzione, però, il fatto che sia un horror intelligente, per così dire, non significa che si risparmia in sangue e torture.
Se vi interessa Apostolo…
Allora apprezzerete anche altri horror atipici, che toccano in maniera analoga (o anche no) lo stesso tema. Guardatevi Martyrs nella sua versione originale del 2008 diretta da Pascal Laugier o – se proprio ci tenete – nel suo remake americano firmato da Kevin and Michael Goetz. Consigliato è anche The Witch del 2015, una coproduzione tra Canada e USA che riscrive in maniera pulita e raffinata il classico tema horror della stregoneria.