In quel di ARF!, Stay Nerd ha avuto il piacere e l’onore di fare quattro chiacchiere con Michele Foschini, Direttore Editoriale di BAO Publishing, casa editrice italiana ammiraglia del fumetto e della sua sempre maggiore presenza nelle librerie. Ecco com’è andata nel resoconto della nostra intervista.
Siamo qui con Michele Foschini di BAO Publishing, un nome che ormai non ha più bisogno di presentazioni. Dopo aver saggiato l’opinione di molti autori, vorremmo sapere anche quello degli editori: cosa ne pensi di questa edizione di ARF! 2017?
È molto bello. Il tipo di contatto che c’è con i lettori, con gli altri autori… È una manifestazione che sta crescendo molto bene e auspico che riesca a crescere ulteriormente, di pari passo con l’aumento di visitatori. Fare in modo che questo “caos gioioso” resti gioioso e non diventi mai problematico. Per noi è il secondo anno su tre edizioni. Rivedo le stesse facce e persone che ci raccontano come hanno vissuto i nostri titoli nell’anno passato. Oltre ad essere un bel momento per gli autori è anche un’occasione in cui impariamo molto dai nostri lettori. Per noi è diventato un momento imprescindibile.
Continuando il parallelo con gli autori: presentaci il progetto BAO. Come nasce, quali erano i suoi obiettivi, e quali di questi ha raggiunto oggi.
BAO nasce otto anni fa da un’idea di Caterina Marietti e mia. Il nostro scopo era offrire al pubblico quei libri che noi, da lettori, non trovavamo sul mercato italiano. E in questo il nostro progetto non è cambiato, solo che noi all’inizio pensavamo di pubblicare pochissimi libri all’anno. Presto però abbiamo trovato terreno fertile o per importare cose che non c’erano o non erano state fatte nel nostro paese in modo omogeneo. Penso a Bone, per esempio. Piano piano abbiamo iniziato a espandere la nostra attenzione anche verso gli autori italiani e ora la cosa bella è che alcuni libri di autori nostrani (e non parlo solo di Zerocalcare) hanno fatto aumentare le nostre vendite così tanto che sono più importanti di alcune nostre importazioni francesi o americane. In questo tra gli obiettivi raggiunti c’è il fatto che esiste una fiducia nei confronti del nostro marchio, del nostro gusto. Tra gli obiettivi da raggiungere vogliamo che più lettori inizino a considerare l’ipotesi di leggere fumetti e comincino a farlo.
Hai parlato del marchio. BAO è editrice di grande varietà: è difficile mantenere una propria identità nonostante la varietà delle pubblicazioni, in virtù di tanti prodotti diversi?
Non è così difficile. Noi abbiamo tre linee guida che cerchiamo di mantenere in equilibrio. Una è cosa si aspetta da noi il nostro lettore, dato che in parte lo vogliamo gratificare con cose che si aspetta. Un’altra è cosa il nostro gusto ci suggerisce di fare. La terza è come possiamo far progredire il gusto dei nostri lettori su cose più complesse. Alcune delle nostre pubblicazioni rimangono più sperimentali, ma non ci scoraggiamo se restano tali. La cosa bella però è che alcune volte certi titoli sperimentali diventano un successo. Quindi ci insegnano che la cosa che il pubblico si aspetta da noi non è statica, ma evolve nel tempo. Seguendo queste tre linee in parallelo riusciamo a restare coerenti con noi stessi e innovare allo stesso tempo.
Quindi se ti chiedessi tre parole per definire BAO a una persona che oggi venisse scongelata dal ghiaccio dopo anni?
Con tre parole non ce la faccio! Ma in maniera semplice: la massima varietà di storie a fumetti con un focus fortissimo sulla qualità formale e le emozioni interiori.
Tantissimi, infatti, si ritrovano ad approcciare i prodotti BAO per tanti motivi diversi: magari ci si avvicina a un fumetto per la storia intrigante, ad un altro perché ha una presentazione accattivante.
Noi purtroppo sappiamo che il fumetto è una cipolla: viene guardato dalla superficie. Noi vogliamo che la “buccia” sia attraente, però è importante che la polpa sia sostanziosa e convinca i lettori a tornare.
Viriamo un pochino sul gossip: com’è gestire una pletora così vasta di autori diversi? Hai qualche aneddoto al riguardo che ci vuoi raccontare?
Beh, è un rapporto quotidiano. Noi ogni anno pubblichiamo almeno venti, venticinque libri di italiani e ne abbiamo in lavorazione almeno trenta o quaranta nello stesso momento. Quindi ci sentiamo con i nostri autori molto spesso, con maggior frequenza man mano che l’uscita del libro si avvicina. E poi la vita del libro per noi non termina quando lo facciamo uscire, ma prosegue con fiere e tour promozionali. Ovviamente devi sapere mille cose sui tuoi autori: con Zerocalcare devi prenotare alberghi dov’è facile aprire l’acqua calda, altrimenti poi Bevilacqua pubblica le foto delle loro conversazioni su questo argomento. Abbiamo autori di tutti i tipi: alcuni non vogliono apparire in pubblico, alcuni non amano certi contesti, alcuni che hanno bisogno di un feedback continuo e alcuni che hanno bisogno che tu parli con loro fino alla fine della fase del lavoro perché non voglio essere distratti.
Una giostra!
Assolutamente, è una giostra! Non c’è un procedimento univoco se non quello che all’inizio io e Caterina parliamo tra noi per decidere se ci piace una storia. In caso il parere sia positivo passiamo a Leonardo, il caporedattore. Poi decidiamo quale degli editor seguirà il libro e da lì inizia una filiera che si adatterà alla psicologia di ciascuno.
Un parere sulla situazione editoriale attuale? Del fumetto e non, italiana e straniera.
Globalmente, tranne nei paesi come il Giappone dove già era accettato in tutti gli strati della società, il fumetto sta vivendo un momento d’oro: è entrato nella conversazione culturale e nessuno si deve più vergognare di essere fare fumetti o di leggerne. Un passo avanti enorme che quando abbiamo iniziato otto anni fa era percepibile, ma solo all’inizio. A livello italiano credo si debbano differenziare le case editrici tra quelle che stanno cercando di tenersi un pubblico che esisteva già, classico, e quelle che ne stanno cercando uno nuovo. E devo dire che tutti, anche gli editori del primo tipo, hanno un debito verso quelli del secondo. Se ci stessimo preoccupando solo di un pubblico già fidelizzato staremmo ormai rubando lettori, de facto, ad altre case editrici. Per noi invece è importante portare al fumetto nuovi lettori, anche a rischio che arrivino a questo medium conoscendo BAO e poi si affezionino ad altri editori. Ma sarebbe normale, è un settore ancora così in crescita che chiunque ci entri, anche non leggesse cose nostre, farebbe bene anche a noi, aumentando l’attenzione su questo medium che nonostante sia in crescita è ancora abbastanza negletto.
Riguardo alla crescita che hai citato: si è parlato anche di crisi del fumetto.
È vero, se consideri che il fumetto si esprime sui tre mercati dell’edicola, della libreria e della fumetteria, e che l’edicola, il mercato più grande, sta lentamente chiudendo, restringendosi non solo per il fumetto ma per tutto quel che vende. Da questo punto di vista è chiaro che i numeri sono in calo. Gli altri due settori vivono invece momenti diversi. Abbastanza statico, ma non negativo, per le fumetterie, in ascesa per le librerie. Un boom che parte comunque da zero, perciò la libreria vale ancora un 10% del valore totale del mercato dei fumetti in Italia. Io sono convinto che un giorno sarà il futuro, come in Francia dove costituisce l’80% del mercato. Fumetti che escono una volta l’anno, classici come Lucky Luke, vantano una tiratura paragonabile a quella mensile di Tex, ma con un prezzo di copertina decisamente maggiore. Il futuro del mercato sembrano essere prodotti con una veste tale da poter essere venduti accanto ai romanzi in prosa.
Quest’anno ad ARF! hai tenuto una Masterclass, quindi volevamo chiederti: cosa può insegnare l’editoria alla nuova generazione di autori di fumetto?
Credo l’etica. E la dedizione. Fare fumetti richiede grandissimo sforzo interiore e la rinuncia a molte ore libere, molti piccoli piaceri, per dedicarcisi. Noi stessi siamo partiti con mezzi inferiori a quelli attuali. Non era scontato che avremmo avuto successo. Abbiamo perseverato fino a che non sono arrivate cose buone. Non sapevamo sarebbe arrivato uno Zerocalcare, abbiamo semplicemente continuato facendo il nostro lavoro nel miglior modo possibile, con onestà e dedizione finché qualcosa non è andato per il verso giusto. Chi ha molta fretta di essere gratificato spesso rinuncerà prima di sapere se il proprio destino sarà luminoso.
È uno sporco lavoro.
È uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo. Quando il mondo ti urla che non vali niente in coro, forse per quel campo è anche vero. Però bisogna domandarsi prima se non sia anche il modo di porsi, perché tutti quelli che hanno un briciolo di talento li ho visti splendere a un certo punto. Io quest’anno ho compiuto vent’anni di carriera nel fumetto e posso dire di aver visto, alla fine, sempre succedere cose belle a chi insiste.
Perfetto, grazie mille ancora per questa intervista da parte di tutta Stay Nerd!
Grazie a voi!