Siamo oltremodo fieri di presentarvi Francesco Guarnaccia, ventitreenne pisano vincitore della seconda edizione del Premio Lorenzo Bartoli, alla migliore promessa del fumetto. Il Premio, sponsorizzato sin dalla sua istituzione e con grandissimo orgoglio da Stay Nerd, consiste di una somma in denaro e dell’opportunità, all’edizione successiva di ARF!, di esporre i propri lavori in una mostra. Quest’anno, infatti, la vincitrice della precedente edizione, Bianca Bagnarelli, ha esposto le proprie opere in “compagnia” della mostra dedicata al maestro Milo Manara! Ma ora torniamo a Guarnaccia, e vediamo com’è andata la nostra chiacchierata…
Ciao Francesco! Subito una domanda a bruciapelo: cosa significa per te vincere questo premio? È un punto d’arrivo o uno stimolo a fare ancora meglio?
Il Premio Lorenzo Bartoli per me è sia un punto di arrivo che uno stimolo, perché è un momento importantissimo in cui mi vengono riconosciute tante cose. È un punto di partenza per cominciare a soddisfare le aspettative di tutti, anche se non cambia il mio percorso nell’immediato futuro, dato che ho in ballo un paio di progetti che voglio finire al più presto. Si tratta dei nuovi capitoli del Cavaliere Inservente con Mammaiuto e di un libro che sto realizzando per Bao Publishing. Dopodiché ho in mente di dedicarmi a un paio di cosine che vorrei fare, ma vedrò più avanti.
Visto che l’hai menzionato, parlaci dell’opera con cui hai vinto: il Cavaliere Inservente.
Il Cavaliere Inservente è una storia fantasy che non è un fantasy. Essendo una storia di genere, con tutti i riferimenti tipici e diversi richiami a serie più moderne come Adventure Time. Si parte dalla basi: c’è un regno, c’è un re, c’è una regina. Na principessa, e un cattivo che la rapisce. La situazione peggiora drasticamente quando questo villain dà un ultimatum di 30 giorni e allora viene chiamato a rivolvere la situazione un eroe, che è di fatto l’ultima speranza. Però l’eroe non è veramente un eroe. È un personaggio bizzarro che, per cose che non gli competono direttamente, ha una fama fuori scala, le storie che circolano su di lui l’hanno fatto diventare un’autentica leggenda.
Quindi, inizi da un topos tipico per poi raccontare qualcosa di diverso…
Esattamente. Lui, l’eroe, viene incaricato dal re in persona di salvare la principessa. Lui vorrebbe rifiutare, ma non se la sente perché è il sovrano stesso a chiederglielo, anche se sa di non essere capace. Allora, sfruttando fino all’inverosimile l’ultimatum dei 30 giorni, procrastina il più possibile la sua missione, continuando a rimandare. In realtà è una storia che parla di questo: di procrastinazione e di persone, tra le quali io mi inserisco, che hanno la tendenza di rimandare all’infinito le proprie responsabilità. Di solito, inizio sempre le mie storie da topos carattestirici per poi raccontare altro che c’entra quasi poco o nulla, aggiungendo elementi molto personali. Mi diverso a mascherarli all’interno di storie di genere. Anche il libro per Bao avrà gli stessi presupposti, solo che stavolta il riferimento sarà quello della fantascienza.
Come ti è venuta in mente questa idea per il Cavaliere Inservente?
Guarda, mi ricordo perfino il momento preciso in cui mi è venuta: all’edizione scorsa di Angouleme, quindi stiamo parlando di gennaio 2016. Stavo facendo degli sketch e a un certo punto mi sono trovato a disegnare questo cavaliere che procrastinava. Mi piaceva l’intuizione e avevo voglia di fare una storia di quel tipo, così ho cominciato a realizzarla perché mi sembrava che potesse funzionare.
A quanto pare, ha fatto molto di più che funzionare…
Direi di sì, visto che ne sono già usciti due capitoli che hanno avuto successo, anche se in verità si sta solo iniziando a intravedere la storia.
Quanti capitoli hai in mente di portare a termine?
Circa sette, di cui il quarto e il quinto saranno molto inframezzati, praticamente stralci di giornate dove lui lascia scorrere il tempo. Adesso sto finendo il terzo, in cui finalmente viene spiegata la vera natura di questo eroe, e qui innescherà il suo meccanismo di rimandi, procrastinamenti a raffica e scuse assurde.
Sei assolutamente sicuro che il settimo sarà l’ultimo o hai già in mente qualche pretesto per continuare?
Di solito, a me piace scrivere tutta la storia prima di iniziare coi disegni, così da avere bene in mente tutto il percorso, dal punto di partenza all’arrivo. Mi piace inserire degli elementi iniziali che poi si riflettono sul finale. Quindi, la storia col settimo sicuramente finirà, sarà una storia chiusa. Avrei una mezza idea, qualcosina per andare avanti, ma è veramente presto e vedremo più avanti se si concretizzerà.
Il premio ti dà diverse possibilità, visto che c’è una parte in denaro utile per sviluppare nuove idee. Hai già in mente come sfruttarlo? Quali sono i tuoi progetti futuri?
La gente di solito prende, apre Amazon e si fa il carello dove aggiunge la roba che vorrebbe prendere ma che poi non compra. Io faccio la stessa cosa su Service Online. Vado, faccio i preventivi e magari il volume non è ancora pronto, quindi mi tocca aspettare… Mi piacerebbe investire parte di questo premio sull’autoproduzione, pensare a qualche prodotto da poter realizzare. Sarebbe meraviglioso. Ovviamente, io faccio parte del collettivo Mammaiuto, quindi tendo un po’ ad appoggiarmi a loro, e se volessi iniziare un progetto di autoproduzione partirebbe con loro. Sono il punto di partenza perfetto per questo genere di lavori. Per fare una cosa in totale autonomia dovrei un attimino allontarmi per esplorare tutte le varie opportunità, pensare un po’ a come fare.
Parlaci del progetto con Bao che hai menzionato prima.
Come ti ho detto, è una storia di fantascienza che non parla di fantascienza.
Ti piace “non parlare” delle cose, eh?
Precisamente. È una storia di genere che non vedevo l’ora di fare, perché mi piace tantissimo la fantascienza. Ma in realtà parla di una cosa che mi riguarda moltissimo, quindi ha un taglio decisamente più autobiografico degli altri lavori. Forse non esattamente autobiografico, ma ci sono diverse spunti che mi riguardano. In sostanza, parla della sindrome dell’impostore, ovvero di persone che hanno dei successi ma non sentono di meritarli fino in fondo e non li accettano, magari perché spesso derivano da individui talentuosi che non hanno dovuto faticare come gli altri meno dotati. La mancanza di questo momento ti porta quasi a pensare di non meritarlo. Nel dettaglio, la storia parla di una stazione spaziale che orbita intorno ad un pianeta su cui è impossibile atterrare, perché le apparecchiature elettroniche non funzionano. Alcune persone, sia per intrattenimento che per ricerca, si avvicinano sempre di più al pianeta per scattare delle foto e scoprono che… Mi fermo qui, non mi sbilancio troppo.
Ci lasci un po’ di mistero! Allora passiamo alla domanda finale: secondo te, che clima c’è intorno agli esordienti e ai giovani autori?
Decisamente positivo, favorevole all’inserimento delle promesse. Questo aiuta tanto a sviluppare al meglio le tue doti. L’universo del fumetto italiano ha le sue baruffe, le sue problematiche, ma a livello intellettuale è estramamente stimolante e offre delle soluzioni di grande levatura. Senza contare che è molto aperto alle autoproduzioni, possibilità straordinarie per i giovani che vogliono affermarsi. Se c’è buona volontà, tanta voglia e passione, l’autoproduzione può aiutarti tantissimo. È un’esperienza fondamentale, accogliente, che ti mette in contatto con tante persone, è incoraggiante. Poi, in generale, il mondo del fumetto sta cominciando ad accettare delle nuove cose che prima non sarebbero state neanche considerate, meno tradizionali. Ad esempio, banalmente, non è più necessario saper disegnare bene per fare dei buoni fumetti. Anche dei fumetti brutti, ma brutti “con orgoglio”, fatti per essere tali, possono sfondare. Perché il fumetto è narrazione, quindi quando i disegni, belli o “brutti” che siano, riescono a raccontare una bella storia, hanno fatto centro e possono trovare ricezione presso il pubblico. Poi la presenza di tanti disegnatori apre le porte a chi si vuole cimentare con la sceneggiatura. Il mio consiglio, comunque, è di cominciare sempre dall’autoproduzione e di non trattarla come una gavetta, o qualcosa di temporaneo. L’autoproduzione è molto utile ed è una zona precisa, e nel momento in cui si diventa professionisti non va abbandonata ma bisogna continuare a coltivarla in parallelo. È un’area dove si ha sempre la certezza di poter fare quello che ci piace senza le imposizioni di qualcuno. Poi ovviamente quando hai un contratto hai ritmi diversi, ma è importante, secondo me, cercare di portare avanti le due strade insieme.